Domenica scorsa 757.598 cittadini sardi (su 1.447.753 di aventi diritto al voto) hanno votato per eleggere il nuovo presidente della Sardegna; al momento in cui scrivo il dato è ancora fermo sui voti espressi in 1825 Sezioni scrutinate su un totale di 1844: mancano ancora i dati di 19 Sezioni e nessuno può prevedere quando i risultati saranno definitivi. Comunque, nonostante uno spoglio di una lentezza esasperante, pare che i voti mancanti non saranno sufficienti a inficiare il risultato finale: Alessandra Todde ha superato Paolo Truzzu di oltre 2.600 voti. A quali riflessioni ci inducono questi risultati?
Innanzitutto la percentuale di votanti (52,3%) è stata leggermente inferiore a quella registrata nelle regionali del 2019 (53,74%) e a quelle politiche del 25 settembre 2022 (53,17%), confermando il trend di disaffezione al voto registrato già a livello nazionale.
La premier Meloni ha subito precisato che dalle elezioni sarde non si può dedurre che ci sia un calo di consensi per la maggioranza al governo del Paese perché il 48,8% dei sardi (333.873 votanti) ha scelto le liste di centrodestra, mentre solo il 42,6% (290.720 votanti) si è espresso a favore delle liste che sostenevano la Todde; quindi il successo di quest’ultima è dipeso dal voto disgiunto: diversi elettori di centrodestra non hanno sostenuto Truzzu ma altro concorrente. Al riguardo diversi analisti ritengono che ciò sia avvenuto nel caso di alcuni elettori del Partito sardo d’Azione, di cui era esponente il presidente uscente Solinas (lista alla quale è andato il 5,4% dei voti), e di un manipolo di voti della Lega (la cui lista ha raccolto uno striminzito 3,7% di voti). Quindi, prima di parlare di possibile inversione di tendenza dell’elettorato nazionale, bisognerà aspettare sia le prossime elezioni regionali in Abruzzo sia il voto per le europee.
Lo scivolone elettorale della destra al governo lascia aperti alcuni interrogativi: l’insuccesso in Sardegna peggiorerà i rapporti già tesi nei partiti che compongono la maggioranza governativa? Cosa accadrà se questa sconfitta dovesse ripetersi alle prossime regionali in Abruzzo?
Sul fronte politico opposto, nel Partito democratico (Pd) un primo effetto del risultato elettorale sardo pare essere un deciso cambiamento degli equilibri interni al partito; come evidenziato nelle pagine di questo giornale, il “laboratorio” promosso dalla Schlein si è rivelato un’offerta politica interessante: in Sardegna il centrosinistra ha proposto una coalizione con un progetto accattivante e con la candidata giusta. È evidente che la scelta dei candidati nelle amministrative è un fattore fondamentale per il successo di una coalizione.
Altro effetto del successo elettorale della Todde è stata la disponibilità di Carlo Calenda a discutere di alleanze anche con il Movimento 5 stelle (M5s), ma solo per le elezioni amministrative: comunali e regionali; ciò a causa della distanza che separa le posizioni del M5s da quelle di Azione in materia di politica estera.
Il voto dei sardi ha quindi vivacizzato lo scenario politico nazionale, il che rende meno “segnato” il percorso di avvicinamento alle prossime elezioni europee di giugno.