Mentre il mondo sembra esplodere sotto le bombe, i missili e i droni mostrando la faccia più feroce e stupida dell’umanità, può essere utile spezzare la morsa drammatica del momento con qualche simpatica osservazione sulla politica interna.
Partirei dall’accanimento di Salvini contro la giudice Apostolico che, lo si è capito subito, ha offerto alla Meloni e a Nordio un ulteriore impulso alla loro punitiva riforma della giustizia, dedicata alla memoria del più perseguitato uomo politico che abbia mai calpestato la superficie terrestre e anche chi ci camminava sopra andando nella direzione, secondo lui, sbagliata. Cuore della riforma, come è noto, è la separazione delle carriere tra la magistratura inquirente e quella giudicante. Secondo Nordio la separazione non comporterà alcuna riduzione dell’indipendenza dei magistrati inquirenti. Incredibile che non la pensi così l’avv. Franco Coppi, il più noto dei penalisti in circolazione, spesso criticato per aver prestato il suo patrocinio ad imputati eccellenti e “chiacchierati” come Andreotti e Berlusconi.
Ospite alla kermesse organizzata lo scorso settembre da “Il Fatto Quotidiano”, Coppi ha manifestato la propria contrarietà alla separazione delle carriere dei magistrati. L’avvocato ha concluso il suo intervento chiedendo a chi ne sostiene la necessità di spiegarne le ragioni e di illustrarne i vantaggi. Tocca dunque a un principe del foro difendere i magistrati dall’attentato alla loro indipendenza, concepito e sostenuto da un ex magistrato, sia pure per conto del Governo di cui fa parte: c’era dunque anche qualche toga nera? Ce ne sono ancora? Pensiamo alla condanna in primo grado di Mimmo Lucano.
La manifestazione convocata a Roma per lo scorso 7 ottobre dalla CGIL e dalle associazioni del volontariato ha portato in piazza, secondo Landini, duecentomila partecipanti. È tradizione consolidata che la Questura dia numeri molto inferiori. Ma l’attuale Ministro degli interni ama, come abbiamo visto, le misure drastiche: dal conteggio del Questore di Roma, emergerà, siatene certi, che c’erano solo Landini, la Schlein, Bonelli e uno alto, forse Fratoianni.
Maestro assoluto della persuasione televisiva, capace di catalizzare il consenso dell’elettorato di destra più moderato e di indirizzarlo verso la destra più estrema, è Bruno Vespa. Passato, tuttora indenne, dalla Prima alla Seconda Repubblica si avvia baldanzoso verso la Terza (o forse verso il Primo Regime). Resosi subito disponibile ha invitato poco dopo l’insediamento a Palazzo Chigi la Meloni e il suo seguito nella tenuta “Li Reni” di Manduria dove hanno brindato in allegria col vino di sua produzione. Non voglia Iddio dovesse inimicarsi i vertici più nostalgici di Fratelli d’Italia, correrebbe il rischio di resuscitare gravissime minacce: «Spezzeremo “Li Reni” a Bruno Vespa!» Ma, possiamo stare tranquilli, Vespa non si ficcherà mai in una simile situazione.
Molti di noi si aspettavano che, salita al potere, Giorgia Meloni ce ne facesse vedere di tutti i colori. Al momento possiamo tirare un sospiro di sollievo: la Meloni si è sin qui limitata alle sue “mises” ufficiali che vanno dal rosa pesca come la von der Leyen al bianco come Bergoglio (ma anche Gandhi), al bleu tipo bandiera dell’Unione Europea, al giallo rapporti con la Cina, all’azzurro nazionale di calcio, al nero nostalgico e anche al rosso repubblicani USA, come Trump. La Meloni non ha ingaggiato alcuna armocromista, diversamente dalla Schlein, incauta dilapidatrice delle sostanze familiari. Quanto la Meloni stia spendendo per la sarta non è dato sapere. Restano ancora molti colori non ancora indossati, come il marrone, il grigio (forse un “canna di fucile” potrebbe andare), il viola, il fuxia, il “verde verde”, perché potrebbe suonare come un tacito tributo alla Lega dell’ondivago Salvini, mentre altre tonalità del verde troveranno prima o poi il giusto spazio, come il verde petrolio nordafricano e il verde pisello nostrano. Resteranno fuori per sempre il verde sottobosco che può generare sospetti, così come il paonazzo che denota collera improvvisa e incontrollata, stato umorale in cui la Meloni è autosufficiente.
Un ultimo pensiero va a Eugenia Maria Roccella, ministra per le pari opportunità e la famiglia (non solo la sua ma, ahinoi, anche quella di tutti gli italiani). La sua visione delle pari opportunità si concretizza solo nel distinguerle dalle opportunità dispari. Dopo la contestatissima presentazione del suo libro-manifesto la Ministra opera da lungo tempo in silenzio. Voci di corridoi dicono che sta lavorando alla creazione di un documento che consenta per ciascun figlio di coppia omogenitoriale di conoscere l’identità della madre biologica, insomma una specie di “albero ginecologico”.
Caro Elio,
Poiché hai cominciato il tuo articolo menzionando Salvini e il suo accanimento contro la giudice che, invece, non si accanisce contro gli ultimi della terra, vorrei aggiungere a quanto tu scrivi, aggiornandolo ad oggi, l’ultima sua “sparata”. Appreso che il terrorista di Bruxelles, tra l’altro già ucciso dalla polizia, aveva fatto il suo ingresso in Europa nel 2011, ovvero ben dodici anni fa, sbarcando a Lampedusa insieme ad altri migranti, non ha perso l’occasione di accusare i suoi avversari politici, la “sinistra”, dicendo che mentre loro avevano consentito lo sbarco di questo criminale, lui, che difende e protegge l’Italia, rischia quindici anni di carcere! (Qui l’illustre personaggio fa riferimento alla vicenda Open Arms del 2017). Quando troverò le parole adatte per descrivere chi è realmente il “nostro” vicepresidente del Consiglio, te lo farò sapere!
Caro Sergio, ho raccolto il tuo invito a cercare le parole giuste per definire Salvini e alla fine ho trovato quella che mi sembra più esaustiva: sublime! Ecco, Salvini è sublime!