Fatti personali su cui innestare qualche considerazione interessante non ce ne sono. La vita scorre senza scosse almeno per chi, come me, non vive al centro dell’area flegrea. Gli stimoli capaci di accendere commenti ironici anche se sgradevoli vengono dall’osservazione dei comportamenti di chi ci sta governando. Oddio, non è che prima fossero tutte rose e fiori ma questo Governo non ha confronti. Ben si prestano al sorriso le “boutade” (o forse meglio, con licenza linguistica, le “boutanade”) che gli esponenti del Governo distillano quasi quotidianamente dalla loro essenza più profonda, più autentica.
Qualche giorno fa è toccato alla premier in persona: al termine di un breve periodo di vacanze in Albania, ospite del presidente Edi Rama, ha dato disposizione all’ambasciata italiana di Tirana di saldare il debito contratto da un gruppo di nostri connazionali che non avevano pagato il conto di quanto consumato al ristorante. Sorvolando sul sottile piacere che avranno provato molti sodàli della Meloni al pensiero che finalmente dei patrioti italiani (in missione segreta?) vendicavano i furti perpetrati dagli albanesi in Italia, rimane il fatto che i reati commessi da stranieri ricadono sotto la giurisdizione del Paese che li ospita. Circostanza che la nostra Premier certamente non ignora. Chissà quale spiritello le ha suggerito di mostrarsi generosa anche se con i soldi di chi paga le tasse in Italia, escludendo ancora una volta gli evasori. Poi si è corretta chiarendo che la spesa sarebbe gravata sui fondi della sua dotazione personale (sempre fondi pubblici?).
Si trattava in fin dei conti di soli 80 euro, l’equivalente di una pizza e una birra da Briatore a Milano: si poteva fare. Sarà comunque opportuno che il Governo inserisca nell’agenda degli impegni del prossimo autunno la regolamentazione del problema perché, se si sparge la voce, saranno tanti i turisti italiani nel mondo a confidare nella generosità della Premier.
E a proposito di costi forse ingiustificati per il bilancio dello Stato, non sarebbe il caso di imporre l’obbligo di assicurarsi contro infortuni e incidenti vari a tutti quei nostri simili che, insofferenti ad un’esistenza “al livello del mare”, scalpitano per scalare montagne, esplorare caverne o profondità marine? Chi non resiste al fascino della montagna o al richiamo degli abissi non farebbe forse meglio ad assumere droghe leggere? Potrebbe viaggiare dappertutto senza gravi rischi e senza mobilitare uomini e mezzi altrimenti impiegabili per salvare dai naufragi centinaia di uomini, donne e bambini che sarebbero felici di sopravvivere “al livello del mare” o in collina.
Muoversi da un posto all’altro è peraltro diventato un lusso, dato il costo ormai incontrollabile dei carburanti. Il ministro Urso si è limitato, con l’espressione convinta che accompagna tutte le sue esternazioni, anche le più incredibili, che il prezzo della benzina e del gasolio in Italia sono tra i meno alti in Europa, chiarendo poi che a collocarlo tra i più alti sono le accise. Le stesse accise che la Meloni aveva promesso di sopprimere quando urlava il suo programma elettorale. Poi si è accorta, ma forse già lo sapeva, che, caspita, rinunciare alle accise sarebbe costato al bilancio dello Stato un miliardo di euro al mese e allora, spiacente ma ”nun se po’ fa”: quei soldi servono per finanziare il ponticello sullo stretto, la flat tax, l’autonomia differenziata e le tante, piccole mance che consentono di mantenere il consenso.
Lo strabismo fiscale del Governo Meloni gli impedisce di vedere che le accise agiscono peggio della flat tax perché colpiscono, peraltro senza diritto ad alcuna detrazione, tutti i cittadini costretti ad usare mezzi di trasporto propri: più li usano e più contribuiscono all’erario, che siano poveri o poverissimi, ricchi o ricchissimi. Insieme all’inflazione le accise formano, di fatto, la tassa più iniqua che si possa immaginare perché entrambe incidono sui redditi bassi e sui redditi alti nell’identica misura, cioè falcidiando quelli bassi e facendo il solletico a quelli alti. Quei dodici miliardi cui il Governo non vuole rinunciare (e dobbiamo ritenere che non rinuncerebbe neppure ai sei miliardi realizzabili col dimezzamento dell’aliquota in vigore), potrebbero essere rimpiazzati da imposte diverse. Un tentativo di fare soldi (si parlava in primo momento di 4 miliardi) la Meloni lo ha fatto imponendo alle banche la tassazione degli extra profitti. Ma anche questa misura, discutibile secondo alcuni tecnici e, pare, secondo la BCE, è stata effettivamente messa in discussione da una delle forze di governo. Possibile che a risolvere il problema della povertà nella destra debba pensarci soltanto la striminzita falange della “destra sociale” che si dice militi in FdI? Si dicono tante cose.