Giuseppe Sanmartino (1720-1793) è stato uno scultore napoletano, noto soprattutto per essere l’autore del Cristo velato, una delle opere più ammirate e misteriose della storia dell’arte. Questa scultura, realizzata nel 1753 per la cappella Sansevero di Napoli, commissionata dal principe Raimondo di Sangro, rappresenta il corpo di Gesù morto, coperto da un velo trasparente che lascia intravedere le sue ferite e i suoi lineamenti. L’effetto di realismo e di morbidezza del marmo è tale da suscitare stupore e ammirazione in chi la guarda, tanto da far nascere leggende e ipotesi sulla sua esecuzione
La cappella Sansevero è un luogo carico di fascino e di mistero, frutto della volontà e della personalità del principe Raimondo di Sangro, settimo principe di San Severo (1710-1771), nobile illuminato, erudito, alchimista, massone, inventore e mecenate. Il principe volle trasformare la cappella gentilizia della sua famiglia in un mausoleo degno della sua grandezza e della sua sapienza, arricchendola di opere d’arte di altissimo livello e di significati esoterici.
Per realizzare il suo progetto, si avvalse della collaborazione di artisti rinomati, tra cui i veneziani Antonio Corradini e Francesco Queirolo e il napoletano Giuseppe Sanmartino. Questi ultimi furono incaricati di scolpire tre statue allegoriche dedicate alle virtù cristiane: la Pudicizia (di Corradini), il Disinganno (di Queirolo), opere collocate ai lati dell’altare maggiore, dove si trova anche la tomba del principe.
Il Cristo velato (di Sanmartino) è l’opera più celebre e suggestiva della cappella. Si tratta di una scultura in marmo di Carrara a grandezza naturale, che raffigura il corpo esanime di Gesù dopo la deposizione dalla croce. Il corpo è disteso su un materasso decorato con motivi floreali e geometrici, ed è coperto da un velo che ne segue fedelmente le forme. Il velo lascia trasparire i dettagli anatomici: il volto sofferente ma sereno, le mani incrociate sul petto, le gambe piegate, le piaghe dei chiodi e della lancia. Il velo crea anche dei giochi di luce e di ombra che accentuano il senso di tridimensionalità e di movimento dell’opera.
L’opera di Sanmartino ha una forte valenza simbolica, legata al contesto religioso e culturale in cui fu realizzata, regalandoci diverse chiavi di lettura. Il Cristo velato rappresenta infatti la morte come passaggio verso la resurrezione e la vita eterna, secondo la fede cristiana. Il velo è un elemento che richiama sia il sudario che avvolse il corpo di Gesù nel sepolcro, sia il velario del tempio che si squarciò al momento della sua morte, segno della fine dell’antica alleanza tra Yahweh e il popolo ebraico e dell’inizio della nuova alleanza tra L’Eterno e l’umanità. Il velo è anche un simbolo dell’invisibilità e dell’inaccessibilità di Dio, che si manifesta solo attraverso la sua incarnazione in Gesù. Il velo è infine un segno di rispetto e di devozione verso il corpo sacro del Cristo, che viene coperto per non essere esposto alla vista profana.
Il Cristo velato ha anche una valenza esoterica, legata alla personalità e agli interessi del principe Raimondo di Sangro. Il nobile era infatti un appassionato di alchimia, di scienze occulte, di massoneria, di simbologia. Il sudario scolpito può essere interpretato come un riferimento al concetto alchemico di “velo di Iside”, ovvero il segreto della natura che si cela dietro le apparenze e che solo i sapienti possono svelare. Il tessuto può essere anche visto come un simbolo massonico, che rappresenta l’ignoranza da cui bisogna liberarsi per accedere alla verità e alla luce. Il velo può essere infine inteso come un invito a trascendere la realtà materiale e a elevarsi verso la realtà spirituale, secondo una visione neoplatonica dell’arte e della vita.
Capolavoro di tecnica e di stile, che dimostra la maestria e il virtuosismo del Sanmartino, il marmo è lavorato con una precisione e una delicatezza incredibili, che rendono il velo trasparente, morbido, fluido, quasi vivo. Il corpo del Cristo è modellato con una fedeltà e una naturalezza impressionanti, che ne esaltano la bellezza e la sofferenza. L’opera è caratterizzata da un forte realismo, che si avvicina al naturalismo caravaggesco, ma anche da una sottile idealizzazione, che la rende più sublime ed elevata. L’opera si inserisce nella tradizione artistica del Settecento napoletano, che vide fiorire la scultura in marmo come forma privilegiata di espressione. Sanmartino fu influenzato dai suoi maestri Antonio Corradini e Francesco Queirolo, ma anche da altri scultori come Giuseppe Sanmartino (omonimo ma non parente), Lorenzo Vaccaro, Matteo Bottiglieri.
L’artista napoletano, che aveva iniziato la carriera modellando pastori presepiali, fu anche attento alle novità provenienti da altre Scuole italiane ed europee, come quella Romana (Camillo Rusconi), quella Veneziana (Giovanni Maria Morlaiter), quella Francese (Étienne Maurice Falconet). Sanmartino si inserisce nella scultura del Settecento come uno dei maggiori virtuosi e innovatori del suo tempo pur rimanendo fedele alla tradizione barocca e rococò napoletana, esprimendo un forte realismo, una sottile idealizzazione e una ricca fantasia, ne è d’esempio la sua maestria nel lavorare la pietra marmorea, rendendola trasparente, morbida, fluida, quasi viva. Il Maestro napoletano fu infine un artista versatile, che si cimentò in diversi generi e temi: statue allegoriche, religiose, funerarie, ritratti, presepi, arredi sacri, progetti architettonici.
Il Cristo velato ha avuto una grande fortuna critica e popolare, sia nel passato che nel presente. Il capolavoro fu ammirato da molti viaggiatori stranieri che visitarono Napoli nel corso del Grand Tour, tra cui il filosofo tedesco Johann Gottfried Herder, che ne scrisse: “Non ho mai visto nulla di più bello in tutta la mia vita”. Il “divin marquis” de Sade elogiò «il drappeggio, la finezza del velo […] la bellezza, la regolarità delle proporzioni dell’insieme». L’opera fu anche oggetto di studi e di ricerche da parte di storici dell’arte e di scienziati, che ne analizzarono le tecniche e i significati.
La fama di alchimista e audace sperimentatore di Raimondo di Sangro ha fatto fiorire sul suo conto numerose leggende. Una di queste riguarda proprio il velo del Cristo di Sanmartino: da oltre duecentocinquant’anni, infatti, viaggiatori, turisti e perfino alcuni studiosi, increduli dinanzi alla trasparenza del sudario, lo hanno erroneamente ritenuto frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe di Sansevero. L’opera fu infine fonte di ispirazione per molti artisti e scrittori contemporanei, tra cui lo scultore Jago, il fotografo Mimmo Jodice, lo scrittore Roberto Saviano. Opera d’arte straordinaria, che merita di essere conosciuta e apprezzata per la sua bellezza, per il suo messaggio, per la sua storia. Esprime il desiderio dell’artista di creare una forma perfetta e armoniosa, capace di rappresentare il mistero della morte e della vita. Statua di dura pietra che stimola il desiderio del pubblico di contemplare una visione sublime e commovente, capace di trasmettere emozioni e riflessioni. Si tratta infine di un’opera che testimonia il desiderio del committente di lasciare una traccia indelebile della sua grandezza e della sua sapienza.