Fuori fa caldo

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Conce’ fa freddo fuori? Si, Lucarie’, fa freddo il freddo non l’ho creato io, ma il Padreterno perciò ti devi rassegnare, fa freddo! Fa freddo, fa freddo ahhhhhhhhh!!!!!

Lucariello, nella commedia di Eduardo “Natale in casa Cupiello”, è nel letto, sotto le coperte, con in testa la papalina, il tipico berretto da notte di altri tempi. La casa, per quanto non riscaldata, è un riparo sicuro rispetto al fuori. Nelle più fredde giornate d’inverno anche nelle grandi città d’Europa scatta la solidarietà per i più poveri, per quelle persone senza dimora che si accampano con i loro miseri stracci sotto i portici. Si lasciano aperte le stazioni delle metropolitane. Tante associazioni di volontariato distribuiscono cibi caldi. A Napoli qualcuno ha anche inventato Scorz’, un rifugio temporaneo in cartone, che viene messo a disposizione di chi non sa proprio dove andare. Il freddo è considerato il nemico numero uno.

E quando fa caldo, molto caldo, come in questo luglio 2023?

Dal caldo è più difficile difendersi. Il dentro e il fuori si contendono il primato di quale luogo sia la dimora più infernale. Acqua, tanta acqua da bere e per lavarsi di continuo. Poi ventilatori, climatizzatori sparati al massimo. Il blackout è in agguato per il dispendio improvviso di energia elettrica.

D’inverno la pioggia è purificatrice. Le strade delle città, quando non si allagano, sono lavate dallo scorrere delle acque. La sporcizia è portata via, si riversa nei tombini, nei fiumi e nei mari. D’estate tutto è unto, appiccicoso. Siamo avvolti nei miasmi di un marciume diffuso. È proprio quando fa caldo, molto caldo che desideriamo il pulito. La sporcizia aumenta il nostro disagio e stiamo a lavare e pulire di continuo. Idranti professionali o improvvisati spruzzano acqua dove e quando si può nel tentativo di refrigerare l’aria. Gli umani urbanisti, pianificatori, architetti, ingegneri, tecnocrati, amministratori hanno una visione monocromatica del mondo e delle città, adorano il nero. Il nero del bitume, dell’asfalto da distribuire sulle carreggiate. In una città come Napoli, che da sempre affida il dispianarsi architettonico a uomini e donne di fama internazionale, abbonda la pietra nera, la roccia di piperno, vulcanica, dura e resistente. Tanto che molte cave hanno esaurito il loro filone e, nell’ostinazione di riproporre la monocromaticità, si è fatto ricorso alla pietra di bellona, sempre campana, sempre vulcanica e nera, nera sempre nera. La si è usata per pavimentare l’enorme piazzale adiacente Palazzo Reale, Piazza del Plebiscito, trasformata in una enorme piastra per grigliare carne, pesce e verdure, ma che dovrebbe essere riservata al passaggio pedonale. Pedoni che come fachiri camminano sulle braci ardenti. L’inferno.

Tanti però non hanno rifugio. Continuano a dormire sotto i portici con i loro stracci. Il fetore aumenta quando gli si avvicina. Ogni mattina, o quasi, squadre speciali di pulizia si preoccupano di cacciarli via. Si rimuovono stracci e cartoni e si spruzzano disinfettanti. Quando poi questi poveri disgraziati si rifugiano in prossimità di luoghi o edifici monumentali, gli interventi sono più drastici e hanno una maggiore continuità. Non bisogna deturpare la città, i suoi monumenti. I turisti non devono essere disturbati. Quegli stessi turisti, sempre più numerosi, li si deve inebriare esclusivamente degli odori, meglio sarebbe dire degli effluvi fetidi di olio fritto e rifritto, di sughi di carne e pesce che provengono da ristoranti e pizzerie addossati come persone in fila senza nessuna soluzione di continuità. Turisti che si ingozzano felici a ridosso di cumuli di immondizie, in vicoli fetidi, che si divertono a fotografare ratti giganteschi che escono dai tombini per partecipare ai loro banchetti. Lo scandalo è la presenza dei senza tetto sotto i pochi portici presenti in città. Difficile anche incontrare volontari.

Se si incontra qualcuno stramazzato a terra, magari sotto il sole cocente, lo si scansa come un qualsiasi altro rifiuto. Se, mossi da pietà, si chiama il pronto intervento sanitario o la polizia, si rischia di assistere a scene e discorsi raccapriccianti. “E questo ora dove lo portiamo? In ospedale crea solo casino. La gente sbaglia a chiamare noi, bisogna chiamare il Comune.” Sono alcune delle risposte date da operatori sanitari. Abbiamo cercato il numero nel sito del Comune. Un’avventura che non è andata a buon fine.

Il nostro è un invito a guardarci intorno, a toglierci le lenti scure nonostante il gran sole. Deve essere per tutti inaccettabile l’idea che i senza dimora siano lasciati al loro destino e, quando ci si accorge della loro presenza, siano continuamente trattati come rifiuti che vanno rimossi e portati in discarica. È stupido e insano pensare che queste persone abbiamo bisogno di essere riparate solo dal freddo e si ignorano i rischi e i danni che le temperature alte provocano alla salute, non solo di anziani e bambini ma di tutti, anche degli esseri umani accampati nelle nostre città. Nel sud d’Italia è più probabile morire per il caldo che per il freddo. Il caldo brucia il cervello e rinsecchisce le nostre coscienze. Bisognerebbe inventarsi un “natale estivo”, almeno qualcuno riceverebbe acqua fresca, la possibilità di rinfrescarsi ad una doccia pubblica e mangiare frutta e verdura di stagione. Ma questo non è contemplato in una società che punta all’omologazione a stili di vita dei paesi ricchi che per lo più si trovano nelle zone meno calde del pianeta.

Sì Lucarie’ fuori fa caldo. Non solo per chi può rifugiarsi in stanze climatizzate ma anche per chi non ha un luogo dove rifugiarsi.

Sì la nostra è una opinione che vorremmo fosse condivisa e che determinasse un cambiamento nel sentire collettivo e che obbligasse le istituzioni ad occuparsi, anche d’estate, di chi non ha niente, neanche più coscienza di sé.

2 commenti su “Fuori fa caldo”

  1. Giuliano Pennacchio

    Si l’indifferenza crea mostri e pesa sui più deboli. Poi la turistificazione massiccia acuisce divari e pesa sui i servizi. Su tutto questo sovrasta l’egoismo di massa che è il vero segno del tempo. Le istituzioni non sono in grado di rispondere e anche Napoli siamo sotto il livello di guardia. Per rispondere a Lucarie’ occorrerebbero risposte dal basso e dall’alto : si fuori fa caldo ma c’impegniamo in un modello di sviluppo inclusivo ed equo. La strada è tutta in salita!

  2. Maddalena Marselli

    Una rappresentazione del “turismo di massa” efficacissima! È vero che architetti ed urbanisti non hanno tenuto conto (ora la sensibilità al contesto urbano si stà manifestando sempre più, per fortuna: era ora!) degli effetti dell’uso dei materiali da loro scelti senza pensare che gli alberi e le macchie di verde urbano o l’acqua di fontane e fontanelle possano essere i giusti mitigatori del clima, ma hai preso ad esempio negativo proprio la piazza che è nata già “vuota” perchè da sempre usata come piazza d’armi per le parate militari…ma hai ragione a scrivere che nel progettare gli spazi delle citta bisogna tener conto anche degli effetti sulla popolazione di queste stagioni torride fino a che non ci si accorga che è meglio invertire l’azione umana per correggere gli effetti dell’inquinamento atmosferico

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