La dipartita di colui che assemblò la destra italiana e, soprattutto, la pompa che ne ha accompagnato il commiato sembrano aver impresso all’azione del governo Meloni una sensibile accelerazione. La cosa non riguarda, come prevedibile, né il PNRR né, su scala minore, la nomina del commissario per la ricostruzione in Emilia Romagna, che sarebbero le vere urgenze, ma piuttosto la maternità surrogata e la riforma della giustizia, presentata dal ministro Carlo Nordio come un doveroso omaggio (ancora un altro?) a Silvio Berlusconi. Ed in effetti non si può dare torto all’ex magistrato oggi in quiescenza (magari lo fosse concretamente!) perché la riforma da lui proposta rappresenta la realizzazione di tutti i sogni garantisti della buonanima: abolizione del reato di abuso d’ufficio, stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, revisione del processo per autorizzare o negare gli arresti preventivi nel corso delle indagini preliminari, depotenziamento del reato di traffico di influenze, divieto per le procure di fare ricorso in appello contro le assoluzioni in primo grado per reati con pene fino a 4 anni. Tutte misure che faranno felici amministratori in conflitto di interessi, corrotti, corruttori, criminali organizzati e non. Della separazione delle carriere si parlerà in autunno e saranno così accontentati i politici di destra che la desiderano da almeno trent’anni.
In questo disegno, vagamente eversivo perché sconvolge numerosi equilibri, la destra di governo godrà dell’appoggio di Renzi e di Calenda. Come possano arrivare a tanto gli esponenti di un centro abitualmente rispettoso della Costituzione non deve sorprendere: accanto alla Costituzione scritta ce n’è una materiale che ha accolto in passato e continuerà ad accogliere in futuro forzature anche più o meno indigeste.
Il disegno di legge ha, come previsto, suscitato le critiche dell’Associazione Nazionale Magistrati, critiche però sdegnosamente respinte da Nordio: confermando la sua visione ristretta delle relazioni istituzionali, il Ministro ha sostenuto che né il sindacato dei magistrati né tantomeno i singoli magistrati hanno titolo a criticare le decisioni in materia giudiziaria del Governo e del Parlamento i quali ne rispondono invece unicamente al Consiglio Superiore della Magistratura e, aggiungiamo noi, al “popolo sovrano”: affermazione molto grave perché sottolinea l’ormai cronica chiusura della maggioranza di governo nei confronti di tutti i corpi intermedi ma, come se non bastasse, contesta addirittura ai magistrati il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.
Le opposizioni che hanno annunciato battaglia in Parlamento farebbero bene a mettere in conto anche l’arroganza che ha accompagnato più volte le esternazioni del ministro Nordio. Questi, a sua volta, dovrebbe ben sapere che l’impianto del disegno di legge da lui sottoscritto, frutto, secondo molti commentatori, del lavoro di due onorevoli avvocati, il forzista Francesco Paolo Sisto e la leghista Giulia Bongiorno, presenta profili di incostituzionalità, uno per tutti l’esclusione del ricorso in appello da parte della procura in caso di assoluzione nel giudizio di primo grado.
Non contento delle sue infelici sortite in campo giudiziario, Nordio ha ultimamente invaso anche la sfera fiscale dichiarando categoricamente quanto segue: «Se l’imprenditore onesto decidesse di assoldare un esercito di commercialisti, dicendo loro “io pago fino all’ultimo centesimo di imposte e pago voi e voi mi dovete far dormire sonni tranquilli”, non ci riuscirebbe perché comunque qualche violazione verrebbe trovata.» Come siano potuti sfuggire sin qui alla benevola attenzione di Nordio gli evasori fiscali, quelli che si sottraggono meritoriamente al “pizzo di Stato”, rimane un mistero.
Aldilà delle prese di posizione ingiuriose del signor Ministro, la prospettiva dell’approvazione di questa riforma pare che non preoccupi più di tanto buona parte dell’opposizione. Molti sindaci del PD hanno anzi espresso entusiasmo per la soppressione dell’abuso di ufficio, strafregandosene di tutte le altre insidie che si celano, si fa per dire, nella riforma. Difronte a questo atteggiamento complessivamente tiepido, come non pensare alle imponenti manifestazioni popolari che qualche mese fa hanno scongiurato in Israele l’approvazione di una analoga riforma proposta da Netanyahu, presidente di destra tuttora, guarda caso, sotto processo per corruzione, frode e abuso di fiducia. Evidentemente non basta una sanguinosa guerra civile per radicare in un popolo l’avversione a governi corrotti e illiberali ma è necessario sfiorare il genocidio.
L’effetto Berlusconi non ha colpito il solo Nordio. È il caso di citare l’atteggiamento del Presidente del Senato che, affiancato per strada da un giornalista di Report, non ha risposto ad alcuna delle domande che gli vanivano rivolte invitandolo in malo modo a farsi da parte con le parole “Levati! E levati!”. Non dimentichiamo che La Russa è stato sempre “recalcitrante”: molti ricorderanno le scalciate “col tacco” che anni addietro dette agli intervistatori che lo circondavano. Aggiungiamo, per onestà intellettuale, che gli intervistatori che ti inseguono per strada sono spesso asfissianti e insopportabili ma sono stati inventati dalla TV berlusconiana, “Iene” e simili.
Ben più gravi sono apparse le prese di posizione sulla ricostruzione dell’Emilia Romagna. Il ministro Musumeci ha ritenuto di dover chiarire in proposito che il Governo non è un bancomat, espressione forbita per dire che la quantificazione dei danni rilevati non può essere accettata così com’è. Forse perché adesso, diversamente dai governi irresponsabili che hanno affrontato precedenti catastrofi, c’è un governo attento a non sprecare risorse pubbliche? La risposta non può essere che negativa, come dimostrano le regalie postelettorali elargite a destra e… ancora a destra.
Molto più attendibile l’ipotesi formulata da Galeazzo Bignami, viceministro alle infrastrutture che amava vestirsi da nazista alle feste di compleanno. Lo scanzonato commissario straordinario in pectore per la ricostruzione nei territori alluvionati ha postato su facebook quanto segue: “La Regione ha chiesto 2,3 miliardi, sulla fiducia. Voi vi fidereste di Schlein e compagni?” L’affermazione, ovviamente del tutto gratuita e offensiva, fa il paio con quella altrettanto miserabile pronunciata in Parlamento dal deputato Donzelli a seguito della visita di quattro deputati del PD ad alcuni detenuti al 41bis.
Eppure lo scenario a tinte fosche che si è andato delineando negli otto mesi di vita del governo Meloni non sembra, agli occhi di molti, abbastanza minaccioso da indurre le opposizioni a stringere i tempi, se non per un’alleanza almeno per un’azione convergente sui temi condivisibili. E ce ne sono già un bel po’, a partire dalla riforma della giustizia ed allo scandaloso ritardo della nomina di Bonaccini (e di chi altri se no, del suddetto Galeazzo?) a commissario per la ricostruzione delle zone alluvionate. Ed altri se ne aggiungono, giorno dopo giorno, come il caso Santanchè rivelato da Report o come lo scontro interno al Governo sulla ratifica del MES.
Quando parliamo di un’azione convergente non possiamo però limitarla al solo àmbito parlamentare, che oggi ha ben poca risonanza mediatica, ma dobbiamo necessariamente allargarla alla platea degli elettori effettivi e potenziali che devono sentirsi mobilitati sia individualmente che come appartenenti ad una comunità che vedono, se lo vedono, quel poco di democrazia che ancora circola, quasi clandestinamente, nelle aree più civili e responsabili del Paese. Il cammino sarà lungo ma bisogna cominciare da subito, inserendosi nelle crepe che quotidianamente si aprono nell’azione e nella propaganda del Governo, senza attendere la “pesatura” dei singoli partiti che scaturirà dalle elezioni europee.
Il deficit di comunicazione, che il PD accusa da anni, rappresenta un ostacolo da superare al più presto. Le tecniche e le modalità per riattivare la circolazione delle informazioni e delle proposte non sono ignote al mondo, politico e culturale, della sinistra. Si diano da fare, anzi diamoci tutti da fare. Il tempo stringe così come va a stringersi il cerchio che blinderà tra non molto la maggioranza di governo assicurandole una lunga durata: propaganda e disinformazione addomesticate da cinque o sei delle principali emittenti televisive, pubbliche e private, permetteranno di mantenere o addirittura di accrescere i consensi. Incrementi altrettanto cospicui si otterranno con l’affidamento delle opere pubbliche, grandi e piccole, ad imprese vicine agli amministratori nazionali e locali grazie alla riforma degli appalti ed allo smantellamento di gran parte dei controlli (Corte dei Conti inclusa) nonché del silenzio stampa e TV.
Si domandano la Schlein e i capicorrente tuttora in attività nel PD, ma soprattutto si domandano Conte e il risorto Elevato, chi vincerà le prossime elezioni europee se non si cambia registro da subito?
Per una distrazione di cui mi scuso è stata omessa l’espressione “in pericolo” dalla frase contenuta nell’undicesimo capoverso del testo che pertanto diventa “…..come appartenenti ad una comunità che vedono, se lo vedono, “in pericolo” quel poco di democrazia che ancora circola……..”