La settimana che si è chiusa prima del 25 aprile ha fornito numerosi spunti di riflessione sulle idee che circolano nel maggior partito di governo. Abbiamo appreso con un sospiro di sollievo che il ministro Lollobrigida non è razzista ma semplicemente ignorante in materia di flussi migratori, tanto da credere nel progetto perverso di sostituzione etnica della popolazione europea.
Quando il signor ministro vorrà appropriarsi meglio della materia scoprirà che la sostituzione, se pure fosse programmata, sarebbe comunque utile anche all’Italia. Le prime avvisaglie dei tanti benefici possibili sono già ampiamente dimostrati dalla nostra situazione calcistica: mentre la Nazionale, costituita da cittadini fieramente italiani e già esclusa dagli ultimi mondiali, fatica a qualificarsi per i prossimi campionati europei, ben cinque squadre italiane hanno conquistato l’ingresso alle semifinali delle coppe europee. Questo scarto è dovuto per l’appunto alla sostituzione etnica già avviata da anni nei clubs italiani ma anche nelle selezioni nazionali di quei paesi europei meno chiusi al riconoscimento della cittadinanza agli immigrati di quanto non lo sia ottusamente il nostro.
Riesce a immaginare, il ministro Lollobrigida, quali e quanti passi avanti farà l’Italia quando il processo di sostituzione avrà finalmente toccato anche la nostra classe politica? Certo, per molti nostri connazionali sarà imbarazzante convivere sul patrio suolo a parità di diritti con chi sta dimostrando di avere il coraggio e la forza di affrontare e superare fatica, dolore, lutti, talvolta torture e naufragi pur di raggiungere condizioni di vita accettabili. Insomma, come sostiene da anni Umberto Galimberti, molti vedono nei migranti, e soprattutto in quelli, tempratissimi, di colore, dei concorrenti agguerriti, verso i quali è inevitabile nutrire una sorta di “inferiority complex” come la chiamerebbe Rampelli, se non si costringesse ad assurdi esercizi propagandistici. Sarà bene però che costoro se ne facciano una ragione: la sostituzione etnica è inarrestabile perché le condizioni di vita nei paesi dai quali si fugge peggiorano di giorno in giorno a causa di guerre, fame e disastri naturali.
Ma la settimana ci ha offerto anche il pendolarismo ideologico-lessicale del senatore La Russa. Rinnegata l’affermazione che la Costituzione repubblicana non sia antifascista attraverso un ridicolo espediente lessicale (non lo è perché se la parola antifascismo non figura nel testo vuol dire che i padri costituenti non volevano che lo fosse), Ignazio Benito ha addirittura azzardato che avrebbe degnamente festeggiato il 25 aprile e che anzi avrebbe messo “tutti d’accordo”. Ma tutti chi? Gli italiani fascisti e antifascisti? No, non sia mai! Andrà a Praga dove, commemorando Jan Palach, metterà d’accordo gli antifascisti italiani con gli antisovietici cecoslovacchi. Geniale! Quando lo sapranno anche i cechi e gli slovacchi (oggi separati in due “nazioni” diverse), esulteranno come qui da noi. In realtà il Presidente del Senato continua a fare il gioco delle tre carte, gioco al quale, per la verità, hanno collaborato anche gli esponenti della sinistra tutte le volte che non hanno protestato contro l’equazione che la destra ha ripetutamente proposto tra fascismo e comunismo: equazione consapevolmente ingannevole perché l’Italia ha patito solo la dittatura fascista e non anche quella comunista. Ma La Russa sorvola su queste inezie malgrado le prese di distanza che sono fioccate dai suoi alleati e dallo stesso Gianfranco Fini. Se continua così, prima o poi si troverà ad essere la seconda carica di uno Stato nemico.