Qualche giorno fa il ministro per gli affari regionale e per le autonomie, il leghista Roberto Calderoli, ha annunciato l’istituzione di un comitato (Clep), composto da 61 esperti, che dovrà definire i LEP (livelli essenziali delle prestazioni) in vista dell’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata, da lui presentato lo scorso mese di febbraio. I LEP costituiscono la premessa ineludibile per dare attuazione al federalismo fiscale previsto dall’art. 119 della Costituzione. È utile ricordare che, se questo indice perequativo fosse stato già individuato e applicato, i finanziamenti dello Stato alle Regioni a statuto ordinario sarebbero stati più equamente distribuiti di quanto non lo siano tuttora con un iniquo criterio storico, che conferma anno dopo anno la medesima ripartizione. Dopo aver per decenni nicchiato, insieme a Forza Italia, sull’argomento perché in contrasto con gli interessi delle Regioni da lei governate, la Lega si ricorda solo oggi dei LEP per poter varare un federalismo fiscale ad esse ancora più favorevole.
Com’è noto il disegno di legge Calderoli è considerato dalle opposizioni improponibile (dall’ideatore del “Porcellum” cosa ci si poteva mai attendere?) perché tradisce lo scopo sotteso alla norma costituzionale che è quello di assicurare a tutte le Regioni a statuto ordinario la possibilità di erogare le stesse prestazioni in campo civile e sociale. Aldilà di ogni altra valutazione di merito, lascia infatti libera ciascuna Regione di chiedere quali prestazioni intenda erogare in autonomia. Quindi ci saranno Regioni che chiederanno l’istruzione, altre i trasporti o entrambi o magari nessuno dei due, determinando una confusione di ruoli tra lo Stato e le Regioni, che può causare conflitti di competenza oltre che condurre all’ulteriore frammentazione del Paese. E tutto ciò lasciando da parte la fondamentale questione dei finanziamenti che dovranno sostenere l’autonomia differenziata. Concludendo, è opinione diffusa, non solo tra i partiti di opposizione, che la prospettiva tracciata da Calderoli sia squilibrata, perché penalizza le Regioni più deboli, e pericolosa perché rischia di compromettere l’unità nazionale. Non dimentichiamo poi che tutte le riforme costituzionali attuate o anche solo tentate negli ultimi decenni si sono rivelate contorte e quindi di difficile applicazione, forse a causa di un generale declino della cultura giuridica.
Cultura giuridica che sembrerebbe invece garantita dalla composizione del Comitato messo in campo da Calderoli. Presieduto da Sabino Cassese, Il Clep, organo meramente tecnico e consultivo, è composto tra gli altri da Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale; Franco Gallo, presidente emerito della Corte costituzionale; Annibale Marini, Presidente emerito della Corte costituzionale; Pietro Curzio, presidente emerito della Corte Suprema di Cassazione; Alessandro Pajno, presidente emerito del Consiglio di Stato; Luigi Carbone, presidente di Sezione del Consiglio di Stato; Carlo Chiappinelli, Presidente di Sezione della Corte dei conti; Giovanni Grasso, Consigliere di Stato; Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia; Gian Carlo Blangiardo, professore emerito di demografia presso l’Università degli studi di Milano “Bicocca”; Biagio Mazzotta, Ragioniere Generale dello Stato; Luciano Violante, Presidente emerito della Camera dei Deputati; Franco Bassanini, presidente della Fondazione per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche – Astrid; Anna Finocchiaro, presidente di Italiadecide – Associazione di ricerca per la qualità delle politiche pubbliche; Enrico La Loggia, già professore di contabilità di Stato e di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Palermo; Paola Severino, presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione; Elena D’Orlando, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (Ctfs); Marco Stradiotto, responsabile per i rapporti con i committenti pubblici presso Soluzioni per il Sistema Economico – Sose S.p.A.; Giuseppe de Vergottini, professore emerito di diritto costituzionale presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna; Giuseppe Franco Ferrari, professore emerito di diritto costituzionale presso l’Università commerciale “Luigi Bocconi” di Milano; Carlo Emanuele Gallo, professore emerito di diritto amministrativo presso l’Università degli studi di Torino; Massimo Luciani, professore emerito di diritto costituzionale
presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”; Franco Gaetano Scoca, professore emerito di diritto amministrativo presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”; Guido Trombetti, professore emerito di analisi matematica presso l’Università di Napoli “Federico II”; Felice Ancora, ordinario di diritto amministrativo presso l’Università degli studi di Cagliari. L’elenco può essere integrato dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie con proprio decreto, che è trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri. (fonte: ANSA).
Difficile immaginare che un simile consesso di giuristi e di esperti possa partorire un mostro e quindi la distanza che esiste, oggettivamente, tra la visione certamente nordista di Calderoli e la qualità del Comitato suscita non pochi interrogativi. C’è innanzitutto da chiedersi come mai l’imprevedibile dottor Calderoli abbia deciso di infarcire il suo Comitato di figure prestigiose del diritto: ritiene forse in tal modo di mettere a tacere ogni possibile sospetto ed ogni eventuale accusa di approssimazione e di sprovvedutezza? Se questo è lo scopo recondito di Calderoli, è doveroso immaginare che si servirà del prezioso lavoro del Comitato per imporre poi senza ulteriori intoppi e perdite di tempo la “sua” autonomia differenziata a trazione padana.
Per quanto riguarda gli illustri giuristi che hanno accettato di far parte del Comitato, a partire dall’ottantasettenne Sabino Cassese (ma non scherzano neppure l’ottantaseienne Franco Gallo e l’ottantacinquenne Giuliano Amato), è impensabile che non siano consapevoli del rischio che il loro lavoro, per quanto egregio, possa essere strumentalizzato dal Governo a fini non condivisi. Non si può escludere che in ciascuno di loro ci sia l’inconfessabile speranza di rendere un favore al Paese definendo i LEP in maniera equilibrata tanto da poter essere applicati così come delineati dal Comitato indipendentemente dall’autonomia differenziata, cosa possibile in caso di caduta prematura del governo proponente o nel caso in cui la sua introduzione incontrasse una ferma opposizione in tutte le sedi o sollevasse un’eccezione di incostituzionalità. Attendiamo con ansia l’esito di questo confronto sotterraneo, ammesso che esista realmente.