Archeologia e Bibbia: Il sacrificio di Isacco

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Caravaggio, Sacrificio di Isacco (Fonte: Wikipedia)

Era stabilito: Isacco sarebbe stato l’erede del patto che Dio aveva stretto con Abramo. Una scelta che poneva Sara in una posizione di predominio e che la faceva sentire autorizzata ad imporre condizioni sempre più stringenti riguardo alla convivenza che era costretta a subire con Agar e Ismaele. Una convivenza che, col passare del tempo, le risultava sempre più insopportabile. Abramo, ormai vecchio e stanco, sempre più pressato dalle richieste della moglie, si convinse nel prendere una decisione drastica e crudele: diede ad Agar del pane e un po’ d’acqua e la scacciò, per la seconda volta, via nel deserto con il piccolo Ismaele. Praticamente, una condanna a morte.

Persa per giorni tra le sabbie del Negev, Agar sentiva che le forze la abbandonavano sempre più, così come al piccolo Ismaele, ridotto ormai praticamente in fin di vita. Ma l’angelo di Dio aveva fatto una promessa, perciò intervenne ancora una volta in suo soccorso, indicando ad Agar un pozzo d’acqua e salvando così la sua vita e quella del piccolo Ismaele. I due, riacquistando forze ed energie, riuscirono a raggiungere l’oasi di Qadesh-Barnea, nella parte nordorientale del Sinai, dove si stabilirono per gli anni a seguire. Ismaele crebbe sano e forte. Divenne un provetto arciere e prese in moglie una donna egizia.

Quello che segue viene tramandato invece dalla tradizione islamica. Ismail (Ismaele), al fine di porre le fondamenta di quelle che poi sarebbero divenute le tribù arabe, si diresse verso sud, nella regione dell’Hejaz. Il viaggio ricorda in pratica il racconto descritto precedentemente nella Genesi, con Ismaele che, a un certo punto, viene ridotto in fin di vita dalla sete ed Agar che, disperata, corre per sette volte tra le colline di Safà e Marwa in cerca di una sorgente di acqua. A questo punto Dio apre miracolosamente la terra facendone scaturire acqua in abbondanza. Il luogo dell’evento viene ricordato come il Pozzo di Zemzem, dove in seguito sorgerà la città della Mecca. È anche il luogo in cui Ismaele eresse un santuario per ringraziamento, il Ka’bah, uno dei monumenti più sacri dell’Islam. Il ricordo di Agar alla ricerca dell’acqua, invece, viene rivissuto ogni anno dai musulmani durante l’hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, attraverso un rituale chiamato sa’y.

La storia di Ismaele e Isacco raccontata dalla Bibbia presenta una serie di interessanti similitudini con quella riportata da un testo ugaritico risalente al XIV secolo a.C., conosciuto come Epopea di Aqhat. Anche qui abbiamo un anziano re, di nome Danel, che non riesce ad avere un erede. Prega dunque il dio Baal affinché sua moglie rimanga incinta. Baal, a sua volta, intercede con El, dio supremo di Canaan, a suo favore. La preghiera viene accolta e la moglie di Danel dà alla luce un figlio al quale viene dato il nome di Aqhat. Il giovane cresce sano e forte e diventa, proprio come Ismaele, un abile arciere.

Intanto, Dio non sembra ancora convinto della fedeltà di Abramo, e decide di metterlo alla prova nella maniera più efferata possibile: dovrà sacrificargli suo figlio Isacco (Genesi 22:2). Abramo è distrutto! Com’è possibile che Dio gli abbia potuto chiedere di compiere questo gesto così assurdo? Ma non ha scelta, con il cuore lacerato dal dolore, induce con un espediente suo figlio a seguirlo sul monte che Dio gli ha indicato. Qui costruisce una pira e lega Isacco per colpirlo a morte. Un istante prima che Abramo vibri il colpo mortale, però, un angelo lo ferma. Dio aveva ottenuto la conferma al proprio dubbio. Felicissimo, Abramo prende un ariete e lo sacrifica al posto di suo figlio. L’Akedát Yitzhák, la “legatura di Isacco” della tradizione ebraica, viene ricordata nella festa musulmana dell’Eid al-Adha, dove però il figlio destinato al sacrificio è Ismaele.

Alcune tracce di questa pratica le ritroviamo in altre pagine della Bibbia, come ad esempio nel secondo libro dei Re, durante il regno di Acaz di Giuda, dove viene raccontato perfino che sarebbe stato proprio il sovrano a sacrificare suo figlio (2 Re 16:3), o nel libro dei Giudici dove ad “offrire in olocausto” a Dio la sua unica figlia è questa volta il giudice Iefte (Giudici 11:30-31).

Isacco cresce e, divenuto adulto, prende in moglie una donna di nome Rebecca. Con lei si stabilisce nella città di Bersabea. Gli archeologi hanno identificato questa città nel sito di Tel es-Sheba, rinvenuto negli anni ’70 nel sud del Negev. Yohanan Aharoni,che diresse gli scavi, scoprì una città israelita risalente all’Età del Ferro (1100 a.C.) in una località probabilmente collegata con le rovine di una fortezza risalente ad un periodo successivo, forse presente durante il regno del re Davide, distrutta dagli egizi intorno al 925 a.C. Nel tempio di Karnak è stato rinvenuto un elenco delle città conquistate dall’Egitto, dove viene riportata, tra le altre, una località chiamata “Campo di Abramo” che potrebbe riferirsi proprio a questa fortezza.

Diversi anni dopo il loro matrimonio, Rebecca mise al mondo due gemelli: Esaù, il primogenito, rossiccio e peloso (ˊĒśāw significa, infatti, “peloso”) e Giacobbe. I due mostrarono un carattere molto diverso. Esaù, forte e irruente, divenne un eccellente cacciatore, Giacobbe, dolce e gentile, preferiva restare a casa e badare alle greggi. Come per Caino e Abele, i racconti della tensione esistente tra i due potrebbero essere un retaggio della rivalità esistente, durante l’Età della Pietra, tra i cacciatori-agricoltori e i pastori.

Dio aveva deciso che l’alleanza avrebbe dovuto seguire la linea della bekorah, la primogenitura, mentre Rebecca avrebbe preferito che la linea di discendenza proseguisse con Giacobbe, il suo figlio prediletto. Per questo motivo cominciò ad escogitare un piano affinché l’eredità seguisse la linea che lei desiderava. L’occasione si presentò quando, un giorno, Giacobbe si apprestava a cucinare una minestra che emanava un delizioso profumo. In quel mentre tornava dalla caccia, stanco e affamato, Esaù, il quale attratto dal profumo chiese al fratello una razione della desiderata pietanza. Giacobbe colse la palla al balzo e propose al fratello di vendergli la primogenitura in cambio della minestra. Esaù, in preda alla fame, accettò, pensando probabilmente che l’accordo fatto in questo modo, non avrebbe avuto poi alcun valore.

In effetti era vero, perché solo il padre poteva trasmettere la guida della tribù al proprio successore attraverso l’imposizione delle mani. A questo punto entrò in gioco Rebecca. Approfittando di un Isacco ormai quasi cieco, gli preparò lo stufato da lui preferito e disse a Giacobbe di portarglielo, fingendosi Esaù. Per rendere la scena più credibile, Rebecca coprì il corpo di Giacobbe con i peli di alcune capre e fece sì che indossasse un vestito di Esaù. Isacco prese il pasto e, in quel momento, benedisse Giacobbe, scambiandolo per Esaù e concedendogli così la primogenitura. Scoperto il trucco, Esaù si infuriò a tal punto che Giacobbe dovette fuggire a Carran.

Il territorio fu a questo punto diviso: Esaù divenne il progenitore di Edom, un territorio che si estendeva a sud del Mar Morto, Giacobbe prese in mano le redini di Israele. Dovettero trascorrere diversi anni prima che i due si riconciliassero. Entrambi intanto erano cresciuti, avevano preso diverse mogli e avevano generato figli, ma, anche se tra loro non c’era più l’astio di una volta, la rivalità fra Edom e Israele era destinata a non attenuarsi nemmeno per i secoli a venire.

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