Ancora una volta la terra trema, esplode, si spacca, crolla, frana, si assesta. Non sarà mai possibile avere il conteggio sicuro di quante vite umane sono state stroncate nell’ultimo terremoto nel Mediterraneo, certo è che il numero delle vittime sarà superiore ad ogni stima ufficiale. La zona interessata dall’ultimo sisma è particolarmente estesa e attraversa due paesi: la Turchia e la Siria, unite e divise da un conflitto armato che dura da anni. Ma la geografia naturale non conosce le fittizie divisioni tutte umane, politiche e culturali. La Terra tenta sempre di scrollarsi di dosso ciò che c’è alla sua superfice ma alla fine tutto rimane dov’era ma con una nuova geometria.
Gli edifici si sfarinano, collassano, si rovesciano su di un fianco o perdono dei pezzi, si trasformano in macerie ma là restano. Travolgono chi c’è dentro, chi li attraversa o chi ci passa vicino. Quante volte abbiamo avuto la possibilità di vedere quanto il costruire umano sia fragile e vulnerabile al liberarsi dell’energia racchiusa negli elementi che costituiscono il Pianeta: aria, acqua, terra, fuoco.
Sempre dalle immagini, dalla conta dei morti, dalla valutazione dei danni, emerge quanto le nostre società siano inique. La vita sulla terra è iniqua. La foto di un palazzo che nella sua interezza ha cambiato l’asse del suo dispiegarsi, da eretto a disteso, da verticale ad orizzontale. Sullo sfondo tanti altri edifici rimasti integri. Distese di misere abitazioni collassate, spianate. Urla, pianti, silenzi immensi, qualche lacrima di gioia quando si riesce a tirar su qualcuno ancora vivo dalle macerie. Sirene, gru, mezzi di soccorso e soccorritori.
È la povera gente, la gente povera, che soffre, sempre. Sono loro che muoiono, si disperano e che si disperderanno. Quando scorrono le immagini sul video è però necessario soffermarsi sui particolari, magari dare uno sguardo al calendario e all’orologio. Sono immagini di un terremoto non di una guerra. Eppure la desolazione è la stessa come la disperazione. Si organizzano aiuti, spostamenti di truppe di soccorritori e volontari, si raccolgono fondi, si stornano dai bilanci pubblici fondi per l’emergenza sanitaria e umanitaria. Si inviano convogli con medicine, approvvigionamenti alimentari, tende, coperte, vestiti. Parte una gara di solidarietà per l’accoglienza delle vittime innocenti.
Solo pochi giorni prima del sisma abbiamo assistito alle discussioni, alle polemiche e alla stipula di accordi perché si inviassero altri tipi di aiuti, carrarmati, armi e munizioni, addestratori non per salvare ma per annientare, uccidere altri essere umani, per portare distruzione, non per porvi rimedio in una zona del mondo non molto lontana, in Ucraina. Abbiamo ascoltato le forti urla minacciose degli esponenti del governo di Putin che porta da un anno la guerra, che bombarda, demolisce città e uccide, uccide, uccide. In una follia collettiva che ci intrappola e ci guida, ci salviamo e ci condanniamo in un circolo infinito. Ci comportiamo tutti come i carcerieri nel braccio della morte: ci prendiamo cura dei prigionieri, ci premuriamo che siano in piena salute prima di eseguire la loro sentenza di morte. Non siamo più credibili quando mostriamo pietà per la disperazione dei più sfortunati dei nostri simili. Non lo siamo come umanità, non lo siamo come civiltà, non lo siamo come sistemi politici nazionali ed internazionali. Siamo ormai incapaci di regolare e regolarci, di porre limiti alla nostra furia distruttiva. Distruggiamo quando spariamo, bombardiamo, inquiniamo ma distruggiamo anche quando edifichiamo, costruiamo città, strade, ponti, industrie.
In ogni caso ci camuffiamo. Quando si decide di finanziare la spesa militare, di fornire armi ad amici in guerra, ne discutiamo come se stessimo parlando di giocattoli, di tecnologie, di macchinine telecomandate. I droni sono bombe ma anche giocattoli che regaliamo ai bambini. Facciamo finta di ignorare che ogni arma serve per uccidere, che parlare di territori conquistati, persi, o riconquistati significa che delle vite sono state soppresse per sempre e che non sarà possibile ricostruirle. Costruiamo case, palazzi, strade e ponti, ferrovie e metropolitane pensando al beneficio degli imprenditori, dei loro profitti, dei vantaggi che arriveranno a chi li autorizzati, ai posti di lavoro che si creeranno, all’accrescimento del valore economico dei territori edificati. Se poi sarà necessario risparmiare costruendo male e su terreni non adatti, sarà un problema di chi ci morirà quando tutto crollerà o un vantaggio per chi dovrà demolire e ricostruire. Abbiamo perso il senso della nostra civiltà, del nostro vivere in comune e ogni prospettiva di cambiamento, ogni spiraglio di luce anche solo intravisto in lontananza sembra essere destinato ad essere offuscato da una barriera di scogli monolitici, da gruppi di potere ottusi e arroganti. Ma l’umanità è costituita da sette miliardi di individui, tutti diversi, mentre i gruppi al potere sono formazioni provvisorie se pur consolidate. Bisogna cercare le crepe nelle barriere, intrufolarsi e indebolirle fino a farle crollare. Per farlo è necessario ricominciare ad utilizzare al meglio le nostre intelligenze, anche usando l’immaginazione, per renderci consapevoli che questo nostro non è il migliore dei mondi possibili ma potrebbe diventare l’ultimo dei mondi in cui esiste la specie umana.
Bello bello bello
Bello come sempre
“I terremoti nei palazzi continuano. I terremoti fisici nei molti villaggi e nelle piccole città di Mezzogiorno e nella metropoli di Napoli hanno provocato numerose vite, che dobbiamo sempre ricordare se vogliamo ottenere un cambiamento radicale attraverso i nostri sforzi di ricostruzione; allo stesso tempo, questi tremori si riflettono negli indescrivibili, continui crolli strutturali nei palazzi capitalisti privati occidentali e nei palazzi capitalisti statali orientali. Pericolo di crollo! [Pericolo di collasso!] Questi palazzi non forniranno mai aiuto alle persone, tutto ciò che faranno è estendere la zona di morte nella natura stessa ” . (Joseph Beuys 16 aprile 1981) Terremoto in Palazzo mostrava un mondo che era “sopravvissuto a se stesso”; rifletteva il fallimento delle strutture sociali nella città di Napoli scossa dalla crisi, dove i ricchi e i potenti vedevano anche un evento devastante come il terremoto come un’opportunità di guadagno personale. L’artista considerava i politici nel loro palazzo come non in grado né disposti a migliorare le condizioni sociali e politiche prevalenti e indifendibili nell’Italia meridionale. Come sostenuto da Beuys nel suo articolo “Alcune richieste e domande sul palazzo dentro la testa umana”, la gente non poteva aspettarsi né un passaggio verso una maggiore sicurezza o libertà, né la tutela dei diritti umani fondamentali, né la promozione di un’economia orientato alla promozione del bene comune. Ha quindi chiesto il decentramento dello stato e l’amministrazione autonoma delle singole regioni, nonché il disimpegno dal governo centrale di Roma, dalla NATO e dal controllo politico della Comunità economica europea. Succederà ancora ! Pericolo di Crollo !!! Pericolo di Collasso.!!! Per Beuys, il presupposto cruciale per la creazione di una società umana sarebbe un terremoto rivoluzionario nelle menti della gente: “[quel] palazzo dovremo prima conquistare e poi abitarlo in modo degno.
l’hai detto nell ‘articolo ”ricominciare ad utilizzare al meglio le nostre intelligenze” ,in realta oggi si pensa solo al vil denaro calpestando tutto e tutti ,dobbiamo ritornare sopratutto ad essere/i umani
“L’ Amor che move il Sole e altre stelle”…qui sulla nostra Terra lo abbiamo perso da tempo.
È l’avidità e l’odio che ha vinto, l’avidità di chi ha usato sabbia e non cemento nelle costruzioni di edifici, è l’odio di chi invita a non mandare aiuti ai ribelli siriani, colpevoli di essere oppositori di un regime dittatoriale, è l egoismo di chi in un momento così drammatico si reca al parlamento europeo per chiedere denaro e armamenti per continuare a distruggere.
È l’odio verso il diverso, di chi non ha mai osservato le dita delle sue mani, così diverse le une dalle altre ma così importanti nel loro insieme. È l’avidità di chi ha vuole sempre di più a discapito dell’altro.
Io voglio continuare a sperare che quell’ Amor di cui parla Dante possa tornare a svegliarsi e farci comprendere che questa nostra terra è tutto ciò che abbiamo.
Dobbiamo rispettarla e soprattutto rispettare i suoi abitanti sia umani che animali, riuscire a vivere in armonia con la natura e non continuare a deturpare.
La natura non è “ matrigna” .
Non ci sono parole per descrivere quanto è
accaduto con il terribile terremoto in Turchia e in Siria. E’ la natura, la nostra madre Terra. Cose prevedibili o imprevedibili ma dovute all’energia sprigionata dalla terra. È l’orrore e l’errore dell’uomo che mi fa paura, è l’odio che si sprigiona da alcuni esseri a farmi male e a far male alla povera gente che è la solo a pagare. L’Amore che muove il sole e le altre stelle, come ci ricorda Pina, è il solo motore della vita, la mia è una certezza non una speranza.
Amiamo la nostra madre Terra, amiamo i nostri fratelli di qualunque colore e fede essi siano, ma soprattutto impariamo a rispettare ed amare noi stessi, solo così potremo amare tutti.