Circolava nel Paese, in trepidante attesa delle prime mosse del Governo Meloni, l’idea che, dati i tempi ristretti, l’attenzione della Premier si dovesse concentrare quasi esclusivamente sui temi di politica economica, in continuità col lavoro svolto dal suo predecessore. Non è andata così. I primi passi del Governo hanno riguardato il gravissimo pericolo dei rave party e la fraudolenta attività svolta dalle Ong per salvare naufraghi conniventi. Entrambe le sortite, omaggio personale del ministro Piantedosi al suo pigmalione Salvini, sono poi miseramente rientrate anche se sulle Ong il discorso rimane ambiguo, come ambiguo rimane l’approccio altalenante del governo all’Unione Europea (UE): “Vogliamo che ci sia meno Europa in Italia e più Italia in Europa”, ha detto recentemente la Meloni pronunciando l’ennesimo slogan ad effetto.
Per quanto riguarda invece la manovra finanziaria oggetto della legge di bilancio per il 2023, fatta salva la quota già individuata dal Governo Draghi per sostenere le famiglie e le imprese colpite dal caro-energia, il resto non è altro che un pacchetto, peraltro cospicuo, di regalie volte a gratificare il gentile elettorato dei tre partiti della coalizione uscita vittoriosa dalle elezioni del 25 settembre scorso: in pratica uno scambio di favori, non perseguibile come reato, con una fetta di elettorato che, a giudicare dalla natura delle gratificazioni, dovrebbe essere costituito, almeno per la parte non trascurata, da partite IVA, evasori fiscali, imprenditori spregiudicati, trafficanti bisognosi di grosse quantità di moneta contante e no-vax, ma anche da soggetti sull’orlo della soglia di povertà ignari di quanto si va consumando alle loro spalle. Il tutto finanziato con risorse che potevano essere destinate a più eque finalità.
Le misure volte specificamente ad incentivare l’uso del contante hanno suscitato riserve da parte della Corte dei Conti, del Cnel, della Ragioneria Generale dello Stato, dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, della Banca d’Italia, dei Sindacati dei lavoratori e finanche della Confindustria. In proposito merita di essere segnalato il commento del braccio destro (che più destro non si può) della Meloni, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Fazzolari, il quale ha sostenuto che: “Se non piacciono a nessuno vuol dire che siamo sulla strada giusta”, ripristinando sotto altra forma il mussoliniano “Molti nemici, molto onore”. La Banca d’Italia è stata invece liquidata con questa affermazione, subito smentita, come è ormai tradizione di questo loquacissimo Governo: “È una banca privata che cura gli interessi delle banche che non vogliono più vedere il contante in circolazione”. Qualcuno dovrà cortesemente spiegare al tranchant Fazzolari che una manovra che non piace a nessuno può anche essere un’autentica schifezza.
Naturalmente tutte le decisioni assunte o prospettate dal Governo sono sostenute con affermazioni spesso inesatte o con la colpevole omissione di dati inconfutabili. E così si nega che il numero dei migranti accolti nei grandi paesi dell’UE è di gran lunga maggiore di quello ospitato, si fa per dire, da noi. Si nasconde che il costo bancario per i pagamenti con carta di credito è modestissimo ed infatti nessuno se n’era sin qui lamentato, né i paganti né i commercianti né le banche: la Meloni si è invece spinta a dichiarare che la provvigione bancaria è incostituzionale. Anche l’eccesso delle intercettazioni telefoniche, da sempre cavalcato dalla destra nostrana e tirata in ballo anche dal nuovo Guardasigilli a sostegno del suo vasto programma di decostruzione della giustizia italiana, su cui avremo occasione di tornare, appare infondato: l’Italia è perfettamente in linea con le altre democrazie europee.
Nel caso del redivivo Salvini spesso l’approssimazione nasce dalla precipitazione con cui si lancia nei social senza approfondire la notizia che intende sfruttare a scopo propagandistico. E così, a proposito del tragico incidente stradale che ha recentemente causato la morte di tre giovani e il ferimento grave di altri quattro, tutti a bordo della stessa autovettura, una Peugeot 807, il nostro cinico dispensatore di saggezza ha sentenziato: “Non si sale in sette su un’automobile”, trascurando il piccolo particolare che la Peugeot 807 è omologata per otto posti.
Nella valanga di errori e iniquità che caratterizzano la manovra finanziaria e l’attività di questo Governo in generale è d’obbligo sottolineare l’unico proposito che appare al momento condivisibile: nel tirare in ballo, con lo scopo iniziale di sopprimerlo pur di racimolare un paio di centinaia di milioni di euro da buttare nel calderone delle prebende postelettorali, il Bonus Cultura di 500 euro, sbandierandone gli abusi e l’inefficacia, la Meloni, costretta a tornare sui suoi passi dalle vive proteste dei giovani e delle opposizioni, ha detto che andrebbe comunque revisionato riducendone anche la platea dei beneficiari, che oggi comprende tutti i giovani al compimento dei 18 anni qualunque sia la condizione economica familiare. Così stabiliva il provvedimento varato da Renzi nella sua prediletta veste interclassista. Insomma la Meloni crede sia giusto negarlo ai nipoti di Berlusconi, tanto per fare un esempio, e non possiamo darle torto. Vedremo cosa ne pensa Renzi che, insieme a Calenda, si accinge a diventare la quarta gamba di questo sgangherato tavolino che vorrebbe governare l’Italia per i prossimi cinque anni: l’avvicinamento di Calenda alla Meloni prefigura, tra l’altro, un asse Parioli-Garbatella che intriga non poco.