Le conversazioni in famiglia sono ormai monopolizzate da quanto accaduto in Senato il 13 ottobre scorso. Già nei giorni precedenti si andavano profilando avvenimenti politico-istituzionali infausti. Ormai era certo: la contesa per la presidenza del Senato era definitivamente limitata a La Russa o a Calderoli. L’unica iniziativa per limitare i danni di un’alternativa così seccamente sconfortante è stata quella di cominciare sin da subito a pregare per la salute del povero Mattarella piuttosto che rivolgere un’impietosa invocazione di senso opposto all’indirizzo dei contendenti. Immaginare il Presidente in carica assente dal Quirinale, anche soltanto temporaneamente, e vedere le sue funzioni affidate ad uno dei due pretendenti getta infatti nella massima disperazione. E meno male che almeno Berlusconi non figura tra gli aspiranti. I suoi alleati gli avevano chiesto se volesse assolvere qualche compito istituzionale di primo piano. Con la generosità che tutti gli riconoscono il vetero-senatore neo-eletto ha rifiutato chiarendo che lui preferisce essere assolto piuttosto che assolvere.
Saltando a piè pari la cronaca spicciola della mattinata non si può non segnalare la singolare posizione in cui si è venuta a trovare Liliana Segre. In qualità di senatrice più anziana, data l’assenza di Napolitano, ha dovuto presiedere la seduta inaugurale del Senato. In questa veste ha pronunciato un discorso di alto tenore morale, com’era prevedibile, ma soprattutto di grande verità storica, invitando la nuova Assemblea al rispetto della Costituzione repubblicana ed alle celebrazioni civili che ne discendono, a partire dal 25 aprile e dal 2 giugno.
Purtroppo, non essendo sufficienti le offese e le minacce che non le sono mai mancate sia prima che dopo il suo ingresso nel Senato della Repubblica, il caso le ha riservato l’ultima, si spera, beffarda umiliazione: proclamare Ignazio La Russa presidente del Senato. In cambio ha ricevuto dal neopresidente un mazzo di rose bianche (colore prudentemente neutro) e però ha dovuto sciropparsi, come tutti gli altri senatori e noi telespettatori, un discorso zuccheroso e incredibilmente pacificatore della durata di una buona mezz’ora, improvvisato da La Russa sulla base di una bozza andata (voi non ci crederete, ha precisato Ignazio) smarrita. Vedremo poi quante delle promesse di La Russa saranno mantenute: il soggetto è poco credibile in famiglia, a partire dalla questione della bozza smarrita.
La seduta parlamentare ha però riservato clamorose sorprese. Abbiamo visto, tanto per cominciare, un Berlusconi arrivato in ritardo ma con l’aria di chi si sente atteso, forse sperando che l’ingresso in solitaria avrebbe provocato un applauso, soddisfazione invece negatagli perché il discorso della Segre era già iniziato. Lo abbiamo poi visto distintamente mentre mandava a quel paese, in un breve colloquio tra i banchi di Palazzo Madama, il futuro presidente del Senato. Ed un motivo doveva esserci, tanto è vero che la gran parte dei senatori di Forza Italia ha fatto mancare i suoi voti al candidato di Fratelli d’Italia. Il quale è stato comunque eletto grazie all’ampio soccorso offertogli, non si sa a che prezzo, da senatori dell’opposizione di cui non si conosceranno mai i nomi perché coperti dal segreto dell’urna. Ma i sospetti circolano insistenti e convergono da più parti sui senatori di Azione. Ed in particolare su Matteo Renzi, malgrado la sua immediata smentita con contestuale accusa al PD.
Appare tuttavia difficile, in tutta coscienza, scagionare Renzi e la neo-formazione da lui fondata insieme al candido Calenda dalla gravissima responsabilità di aver evitato un primo clamoroso passo falso dell’alleanza di destra. Ma Renzi lo conosciamo tutti: è un guastatore professionista. Questa sua attitudine si è espressa in numerose circostanze: coprotagonista, secondo la vulgata dominante, nell’affossamento dell’elezione di Prodi alla presidenza della repubblica nel 2013, propiziatore del governo giallo-verde nel 2018 avendo posto il suo veto all’alleanza di governo tra i 5 Stelle e il PD, impallinatore del governo Conte 2, sospettato anche di aver ispirato il passo indietro di Calenda dall’accordo con Letta alle ultime elezioni. L’appoggio decisivo all’elezione di La Russa sorprende e contraddice un po’ il curriculum di Renzi, che si è forse privato del piacere perverso di far cadere il governo Meloni prima ancora che nascesse. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni.
E non dimentichiamoci le coltellate alle spalle inferte prima a Bersani e poi a Letta, ai quali pur aveva raccomandato di stare sereni…professione Killer!