I doppi sensi nella canzone napoletana (III)

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I primi decenni del Novecento concludono il ciclo dei doppi sensi ancora sottili e aprono il campo ad invenzioni pur sempre ironiche ma più esplicite. Armando Gill in “Beatrice” ci racconta del suo fidanzato che, quando può incontrarla, “resta sempre in presentat’armi” perché la sua innamorata “tiene un petto, tiene un petto la mia Beatrice che, parlando con rispetto, fa la nutrice”. Il seno prosperoso ricomparirà all’inizio degli anni ’50 in “Acquaiola ‘e Margellina” in cui l’avvenente tenutaria della “banca ‘e ll’acqua” attrae i clienti (assetati e non) grazie alle sue “ddoje mmummere gelate” che rinviano, temperatura a parte, alle grazie con le quali Sophia Loren avrebbe poi irretito gli amanti delle pizze fritte, ed anche chi le detestava, ne “L’oro di Napoli”, uscito nelle sale cinematografiche solo qualche anno dopo.
Negli anni Trenta irrompe nella musica napoletana un’accoppiata che produrrà in quasi trent’anni centinaia di macchiette, brani per il varietà e per l’avanspettacolo allegri, irriverenti e spensierati: Pisano e Cioffi. Le loro metafore e le allusioni sono spesso esplicite ma i testi che si accompagnano costantemente a una musica appropriata e sempre orecchiabile sono segnate da un’arguzia non comune. In uno dei loro capolavori, “Agata” (1937), una donna tradisce il suo uomo fino a ridurlo uno straccio. La storia si conclude con l’inevitabile cacciata della fedifraga ma il povero diavolo rimpiangerà le serate in cui la coppia giocava a scopa mentre ora è costretto a farsi un solitario pensando a lei.
“Fravula fra”, meno nota, è invece un elogio alla bellezza della donna desiderata che il protagonista paragona a quanto di meglio offre l’arte pasticciera, scioù, zuppetta, cassata ed altro ancora. Gli effetti di queste decantate delizie avrebbero provocato anche la celebre affermazione di Galilei, “E pur si muove”, che l’autore del testo riferisce certamente non al pendolo.
L’anno successivo vede la nascita di un altro grande successo, “M’aggia curà” Il soggetto è sempre quello del tradimento che conduce questa volta il protagonista alla pazzia. Per strada la gente che guarda la sua espressione folle e ascolta gli eccessi da lui subiti nella sua relazione sentimentale ne resta vivamente sorpresa e non può che esclamare: “‘A faccia do pazzo!”
Ma, come già detto, la produzione di Pisano e Cioffi è pressoché sconfinata e, salvo rare banalità, contiene, oltre a quelli già citati, numerosi brani tuttora popolari, come “Ciccio Formaggio”, “I due gemelli” e tanti altri successi. Qui ci limitiamo a ricordarne solo alcuni, meno famosi, ma non meno sapidi e maliziosi di quelli più noti. Segnaliamo quindi “Il tramviere”, “Aristide Bacchetti” e “Oj lloco oj”. Quest’ultimo brano ci mostra uno dei meccanismi umoristici che attraversano molte delle loro composizioni ed anche quelle di autori precedenti: consiste nell’avviare una frase verso una rima scurrile per poi sostituirla all’ultimo momento con una parola, sempre in rima, ma del tutto logica e lecita. La vena creativa del sodalizio andò avanti fino agli anni ‘50 del secolo scorso. Il loro ultimo successo fu “La pansé” del 1951 puntualmente fondata sull’assonanza tra il fiore e la “panza”.
Con Carosone, dominatore della canzone napoletana colorita e disimpegnata, i doppi sensi e le allusioni diventano rarissimi. Resta qualche metafora, come quella che paragona in “T’è piaciuta” la delusione matrimoniale al “mellone asciuto janco”, peraltro anticipata qualche anno prima in “Pienzece buono Ciccillo mio” in cui la medesima delusione giunge ad una conclusione drammatica ma rassegnata: “’o mellone cchiù ‘nfracetato m’è capitato e me ll’aggia tené!”
Questa breve rassegna non pretende di esaurire il panorama plurisecolare dell’argomento. Molte canzoni, anche famose, saranno sfuggite alla selezione e chissà quante altre, ormai dimenticate, avranno ottenuto ai tempi largo successo. In ogni caso negli anni 70 gli Squallor decretarono la morte definitiva delle metafore, dei doppi sensi e di qualunque forma di allusione: vi subentrò il trionfo della volgarità, una sfrontatezza degna comunque di considerazione per la sua carica dichiaratamente sovversiva ed iconoclasta.

N.B. Per rintracciare i brani segnalati su YouTube si suggeriscono i seguenti percorsi: Roberto Murolo per “Beatrice”, “Agata”, “Fravula fra”, “I due gemelli”, “M’aggia curà”, “La pansè”. “Pienzece buono Ciccillo mio”, (ma “Agata” va benissimo anche con Nino Taranto come del resto “M’aggia curà”, “Ciccio formaggio”, “I due gemelli”). Per “Acquaiola ‘e Margellina” si suggerisce Angela Luce mentre Vittorio Marsiglia è senza dubbio il migliore interprete di “Il tramviere”, “”Oj lloco oj” e “Aristide Bacchetti”, quest’ultima, molto audace, in concorrenza con Nino Taranto.

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