Qualche chiarimento in merito alla guerra in Ucraina si rende opportuno per capire come mai amici e conoscenti che stimiamo abbiano opinioni opposte alle nostre. Tentiamo, per cominciare, di mettere un po’ di ordine nello scacchiere politico occidentale nel quale si sovrappongono tre distinte entità: gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea. I sostenitori del diritto di Putin ad invadere l’Ucraina cadono spesso nell’equivoco di confondere le responsabilità di ciascuna di queste componenti.
Le guerre in Vietnam, in Iraq, ma soprattutto i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki sono stati opera degli Stati Uniti e costituiscono il motivo per il quale molti di noi occidentali stentiamo a considerare gli USA una democrazia a pieno titolo: solo il quarto potere, la celebrata libertà di stampa americana, riesce a puntellare una serie di elementi che poco hanno di democratico, a partire dal sistema elettorale e finendo alla dipendenza della magistratura dal potere esecutivo, come avviene in molti Stati dell’Unione, dove i giudici sono eletti dal popolo. Per non parlare dello scandaloso strapotere delle forze di polizia. Quando governati dalla destra, gli USA diventano un paese guerrafondaio (vedi Lyndon Johnson, Nixon, Bush padre e Bush figlio).
Quanto alla NATO si tratta di una struttura militare sovranazionale di carattere difensivo che limita, questo sì, la sovranità di numerosi Stati europei con l’insediamento di basi militari nelle quali sono presenti anche armi e militari statunitensi. D’altra parte non si capisce come la NATO avrebbe mai potuto difendere diversamente gli Stati membri dell’Europa occidentale dalla minaccia sovietica: minaccia sovietica presunta ma ineludibile. Non dimentichiamo che la liberazione dell’Europa dal nazifascismo fu realizzata non solo dalle truppe alleate messe insieme dai Paesi “democratici”, ma anche dall’armata rossa, espressione militare di un regime totalitario. E si dà il caso che i regimi totalitari facciano un po’ paura. O no?
Quanto ad operazioni militari della Nato in Europa a noi risultano nel corso dei settant’anni dalla sua costituzione solo i bombardamenti in Bosnia ed Erzegovina nel 1994 e nel Kossovo nel 1999, entrambi in esecuzioni di delibere del Consiglio di Sicurezza dell’ONU allo scopo di mettere fine a crimini di guerra e genocidi. Non molto diverso fu l’intervento multinazionale, poi ricondotto alla Nato, in Libia dove, ancora una volta era in corso una guerra civile. Ammettiamo che all’intervento non erano comunque estranei gli interessi di alcuni Stati europei per le risorse energetiche libiche. In precedenza la NATO aveva comunque appoggiato gli USA nell’intervento in Afghanistan dove era in corso una guerra civile contro i talebani. Che poi questi interventi abbiano prodotto in alcuni casi più problemi di quanti tentassero di risolverne è questione che non intacca la vocazione difensiva della Nato in contrapposizione all’Unione Sovietica.
Circa l’Unione Europea occorre una fantasia sfrenata per attribuirle azioni intimidatorie nei confronti dell’Unione Sovietica prima e della Russia poi. Altro discorso va fatto per alcuni singoli Stati dell’Unione, colpevoli di aver spalleggiato l’intervento statunitense in Iraq, attuato senza il consenso dell’ONU, come l’Italia di Berlusconi, la Spagna di Aznar (ancora una volta governi di destra) e il Regno Unito di Blair, laburista notoriamente atipico.
Andiamo invece a vedere cosa è successo sull’altro fronte. Al termine del secondo conflitto mondiale l’URSS aveva di fatto allargato la sua influenza oltre che sulla Germania orientale anche su Lituania, Lettonia ed Estonia e sui territori orientali della Bielorussia e dell’Ucraina, nonché, più a sud, sulla Moldova. Alla fine del conflitto mondiale seguì una fase di confronto tra i due blocchi, entrambi interessati a fissare condizioni politiche che garantissero un futuro di pace per l’Europa.
La collaborazione tra i due blocchi si spinse fino al punto che l’URSS chiese di entrare nella NATO, opzione che fu però respinta. I motivi che rendevano difficile un accordo erano due: da un lato l’URSS temeva che una Germania riunificata e rimilitarizzata, come la voleva la Nato, potesse costituire una minaccia costante ai suoi confini mentre, specularmente, l’occidente temeva che una Germania non rimilitarizzata fosse destinata alla sovietizzazione. Sullo sfondo, ovviamente dominava, ed era il secondo motivo di scontro, lo storico contrasto ideologico tra la politica totalitaria dei Soviet, ispirata al comunismo, e l’economia di mercato propugnata dall’occidente democratico.
Le trattative dunque fallirono e nel 1955 l’URSS sottoscrisse a Varsavia, insieme ad Albania, Bulgaria, Ungheria, Germania Est, Polonia, Romania e Cecoslovacchia il “Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca”, noto come Patto di Varsavia. I Paesi membri si impegnavano nella mutua difesa in caso di attacco contro uno Stato membroe le relazioni tra i firmatari del Trattato furono basate sul non-intervento negli affari interni degli Stati membri, sul rispetto della sovranità nazionale e dell’indipendenza politica. Sappiamo che non è andata così perché l’URSS non esitò ad invadere l’Ungheria nel 1957 e a soffocare la primavera di Praga nel 1969.
Quando, dopo la caduta del muro di Berlino, il monolite sovietico si dissolse, molti dei Paesi che avevano sottoscritto il patto di Varsavia recuperarono l’indipendenza e con essa il diritto di scegliere quale posizione assumere sullo scacchiere europeo, la maggioranza ha inequivocabilmente preferito allinearsi all’Occidente democratico entrando nell’UE, altri hanno ritenuto addirittura più utile aderire alla NATO. Hanno certamente concorso a determinare questa tendenza le iniziative putiniane di recupero della passata influenza geopolitica mediante aggressioni più o meno cruente in Cecenia, in Georgia, in Crimea e in Donbass, tuttora terreno di scontro armato.
Queste brevi precisazioni, per alcuni scontate, hanno lo scopo di evidenziare come la Russia di Putin faccia più paura agli Stati confinanti di quanta non ne faccia la NATO alla Russa. Una volta liberati dal sentimento antiamericano sarà difficile riconoscere il diritto della Russia di difendersi dalla minaccia dei Paesi confinanti, minaccia storicamente inesistente e chiaramente inventata per ampliare il potere personale di Putin e della sua corte di oligarchi, in barba al popolo russo totalmente schiavo dell’informazione di regime e tenuto ai margini nella ripartizione della ricchezza nazionale.
Quanto sopra schematicamente richiamato ha lo scopo di promuovere altri contributi utili ad avvicinarsi alla realtà sottesa alla dolorosa aggressione russa dell’Ucraina.