É stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno quello che è arrivato nella notte di venerdì 31 dicembre con una bozza della Commissione Europea in merito all’inserimento del nucleare e del gas naturale tra le fonti green a partire dal 2023.
Immediata è stata la reazione di Austria, Germania e Lussemburgo che si sono schierate apertamente contro questa decisione dell’esecutivo UE. Il ministro dell’Energia del Lussemburgo Claude Turmes ha bollato le precedenti posizioni dell’UE in merito alle fonti rinnovabili come “azioni di mero greenwashing” (termine inglese utilizzato per riferirsi alle politiche di aziende o istituzioni che all’apparenza si presentano come ecosostenibili ma che in realtà generano impatti ambientali negativi) sottolineando anche la scelta di aver presentato la bozza durante la notte, con un timing quantomeno strano, da lui stesso definito “nebuloso”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il portavoce del governo tedesco Hebestreit: l’energia atomica non è sostenibile dal punto di vista ambientale nonché pericolosa mentre il gas dovrebbe solo rappresentare un momento di passaggio per la conversione verde di molte economie ancora fortemente legate al carbone.
La Francia, la cui economia si basa al 70% sull’energia nucleare, si è mostrata invece d’accordo con questa scelta. Ed il nostro Paese? Molti fanno appello al governo Draghi per non cedere su un punto così importante che rischia di rendere vani tutti gli sforzi fatti fino ad ora per cercare di contrastare il cambiamento climatico ed accelerare la transizione energetica. Eppure, le probabilità di un asse franco-italiano non sembra poi così lontana.
A favore della scelta della Commissione Europea, invece, si è schierato il Partito Popolare Europeo che si è detto d’accordo sull’inserimento del gas naturale e del nucleare tra le fonti rinnovabili, seppur per un periodo limitato di tempo e con regole rigorose. Secondo il gruppo, infatti, il gas è una fonte utile per ridurre le emissioni di CO2 in Europa. Sul fronte opposto e con parole molto dure si è espresso invece il partito Europa Verde che ha definito un oltraggio al Green Deal europeo la bozza presentata dalla Commissione.
In Italia intanto si attende con il fiato sospeso la prossima mossa del Presidente Draghi, e molte associazioni ambientaliste, dal WWF a Greenpeace e Legambiente, hanno fatto appello al ministro della transizione energetica Roberto Cingolani, sottolineando il grande passo indietro che questa scelta potrebbe rappresentare non solo per il nostro Paese, ma per il mondo intero. Hanno invitato dunque il Ministro a prendere una posizione netta contro questa proposta, come già fatto da Germania ed Austria.
Tutto questo è senza dubbio in netto contrasto non solo con tutte le politiche che l’Unione Europea sta mettendo in atto negli ultimi anni, ma appare per certi versi anche fortemente anacronistico.
Inoltre, la stessa Commissione nel luglio scorso aveva presentato il piano “Fit for 55%” che anche il nostro Paese è chiamato a rispettare, con il quale si poneva l’obiettivo, entro il 2030, di ridurre le emissioni di anidride carbonica del 55% rispetto al 1990 ed il raggiungimento entro il 2050 della cosiddetta neutralità climatica, ossia il “punto di equilibrio tra le emissioni di gas serra e la capacità della Terra di assorbirle”.
Purtroppo sembra che la Commissione stessa abbia ceduto alle lobby del nucleare e del gas, ma in questa scelta dolorosa, che va nettamente contrastata, desta grande perplessità il cambio di rotta improvviso che un’Europa volta verso la digitalizzazione e l’economia verde non dovrebbe tollerare, facendosi portavoce di istanze non solo nocive per le popolazioni che la abitano ma andando contro qualsiasi tipo di razionale rapporto costi-benefici. Il nucleare infatti sia dal punto di vista di sostenibilità finanziaria che di messa in sicurezza dei reattori appare lontanissimo rispetto al raggiungimento degli obiettivi fissati nel Green Deal.
Prendere posizione in questo scenario appare dunque fondamentale.