La minestra maritata e il cuoco dannato

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Antonio Latini (fonte: wikisource.org)

Il nome minestra evoca, solitamente, un pasto frugale, un pranzo da desco contadino. In realtà per preparare “’a menesta maretata” (la minestra maritata), abbiamo bisogno di ben 35 ingredienti e diverse ore di lavoro ai fornelli. La ricetta trascritta nel 1692 da Antonio Latini nel suo prezioso libro di ricette “Lo scalco alla moderna”, ci presenta un piatto pantagruelico degno della tavola di un re.

Antonio Latini, di umilissime origini, riuscì a divenire capocuoco di papi e regnanti. Concluse il suo cursus honorum a Napoli al servizio del viceré Esteban Carillo Salsedo. Lo stesso viceré che lo insignì del titolo di “Cavaliere dello Sperone d’oro” per la sua grande abilità nel mestiere di cuoco. Potrebbe sembrare una favola se non fosse tutto realmente accaduto.

La storiografia racconta che il Latini, nei vari anni di servizio che svolse presso il cardinale Antonio Barberini a Roma, si appassionò all’alchimia. È ormai noto come la cultura ermetica ed alchemica abbia svolto un ruolo di grande rilievo nei secoli XVI e XVII, per lo studio e lo sviluppo delle scienze naturali. Gli alchimisti, lontani dai cliché, altro non erano che scienziati ante-litteram che la cultura oscurantista ecclesiastica paragonava a stregoni.

La curiosità intellettuale del Latini e la predilezione per gli esperimenti culinari resero possibile la creazione di piatti come gli spaghetti con il pomodoro, l’uso in cucina del peperone e della melanzana, nonché la sostituzione delle spezie con l’uso degli “odori” (prezzemolo, basilico, sedano). Molti lo considerano per questo un progenitore della dieta mediterranea. I riuscitissimi banchetti della corte napoletana paragonati, per fasto e varietà di portate, a quelli che il cuoco francese Vatel imbandiva per il re Sole a Versailles, scatenarono le invidie furibonde dei maestri di cucina partenopei. Gli invidiosi detrattori del “divino menestatore” inventarono la storia che il Latini avesse ceduto l’anima al diavolo per apprendere i più reconditi segreti della cucina. Ad aumentare “la fama luciferina” del cuoco marchigiano, il suo carattere schivo e l’assoluta solitudine durante le sedute di preparazione dei piatti. Sempre secondo i suoi detrattori/accusatori, avrebbe divulgato tutti i suoi segreti in cucina, per rompere il patto fatto con il diavolo. Infatti, pochi anni prima della morte, Latini investì quasi tutte le sue sostanze per stampare la sua opera magna “Lo scalco alla moderna”, ricca di illustrazioni xilografiche e costose incisioni su rame. Chissà se questo bastò a salvarlo dalla dannazione eterna…

Lo scalco alla moderna (Fonte: Wikisource.org)

La minestra maritata o pignato grasso

Sei tipi di verdure: broccoli di rape (baresi), broccoli di foglia (broccoli di Natale), cicorielle (cicoria), torzelle di cavuliciore (cavolo nano), cappucce e scarole. Per le carni: un capone (pollo castrato), vacca (no manzo) e della scrofa uoss’e presutto (osso della gamba), zizzella di cotica o Verrinia (pelle della ghiandola mammaria), lardo, salsiccia ‘e nnoglie (sugna mescolata a salsa di peperoni forti e peperoncino, infilata nel budello e fatta essiccare con semi di finocchietto e scorza d’arancia), mascariello e vuccularo (ritagli di carne del grugno e della gola della scrofa). La minestra viene detta “maretata” (sposata) non solo perché fonde diverse carni e verdure, ma soprattutto perché è preparata in due momenti diversi e poi uniti solo alla fine. Una unione simbolica tra parti maschili e femminili, di opposti che eccezionalmente si incontrano per santificare un evento religioso tanto atteso. Una delizia ultra calorica che in pochi preparano seguendo ancora la ricetta seicentesca ma, sopravvissuta in versione light, è cucinata ancora durante le festività di Natale o Pasqua.

Invece che con un politically correct “Happy Holiday” (come quasi imposto dalla U.E.), ricordando che a tavola non si invecchia, auguro a tutti un napoletanissimo “Cu’ na bona salute ‘e na bona cjorta”.

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