L’alba del 20 dicembre ha avuto un altro colore, un colore diverso. Domenica 19 si sono tenute le elezioni presidenziali in Cile, Paese che da anni tiene con il fiato sospeso per le sue vicissitudini politiche e sociali.
Gli ultimi infatti sono stati anni difficili per il Paese di Pablo Neruda: anni di scontri, di lotte, di ragazzi accecati dai proiettili di gomma, di morti. Ma in un popolo come quello cileno la speranza, il sogno di Allende, il pensiero di un nuovo Cile, la riscrittura della Costituzione di Pinochet non potevano restare lì, come istanze inascoltate, senza un risultato concreto. Risultato che è arrivato. Gabriel Boric, 35 anni, leader delle lotte studentesche del 2011, della coalizione Apruebo Dignidad e parte del Frente Amplio è il nuovo Presidente del Cile.
Mentre nel primo turno di votazioni lo scorso 21 novembre il testa a testa tra i due candidati era stato molto combattuto, domenica 19 dicembre la vittoria è stata schiacciante: Boric ha ottenuto il 55,85% dei voti contro il 44,15% di Josè Antonio Kast, candidato di estrema destra, del Partito Frente Social Cristiano, da molti osservatori paragonato ad un Bolsonaro cileno, per le sue posizioni ultraconservatrici. Un sospiro di sollievo dunque per molti cileni, dopo un voto polarizzato che con un flashback sembrava far ritornare il Paese ad un passato doloroso.
Gabriel Boric, che entrerà in carica il 22 marzo, è il più giovane Presidente della storia cilena e nella sua agenda propone maggiore attenzione ai diritti dei popoli indigeni, riforma dell’educazione e del mercato del lavoro. Promette inoltre di porre fine al sistema pensionistico privato, eredità della dittatura, e di rafforzare il ruolo sociale dello Stato.
Proprio nel giorno delle votazioni, cruciali per il futuro del Paese, ci sono stati gravi disservizi nel trasporto pubblico, nonostante fossero state garantite decine di autobus come in un giorno lavorativo per far sì che i cittadini, soprattutto dai quartieri periferici, potessero recarsi alle urne. Questa mancanza è stata così forte, costringendo centinaia di persone ad aspettare anche per due, tre ore gli autobus, che è nata una campagna social #CompartoMiAuto (Condivido la mia auto), dove si è chiesto di mettere a disposizione dei vicini del quartiere le proprie auto per far arrivare quante più persone possibile ai seggi per le votazioni. Proprio la bassa affluenza infatti è ciò che si voleva evitare, poiché a novembre scorso era stata uno dei fattori decisivi nei risultati delle elezioni, con solo il 46% degli aventi diritto che si era recato ai seggi.
“Ogni voto in meno è un voto tolto alla democrazia”, si leggeva nei commenti social dei sostenitori di Gabriel Boric, attribuendo al governo e agli imprenditori delle ditte di trasporto la volontà precisa di rendere il voto più difficile facendo diminuire così l’affluenza alle urne. Ed è stata proprio la maggiore affluenza (superiore al 50%) a far sì che Boric vincesse.
Riguardo le votazioni dei cileni residenti all’estero, c’è stata una netta vittoria di Gabriel Boric in quasi tutti i Paesi, tranne Israele, Cina e Singapore mentre in Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda ed Italia è stato Boric a vincere nelle votazioni.
Poco dopo la vittoria, nel discorso che ha iniziato nella lingua indigena dei Mapuche, il nuovo Presidente ha parlato del futuro e del suo mandato, che sicuramente all’inizio non sarà facile: “dovremo affrontare le conseguenze sociali, economiche e sanitarie della pandemia, andremo avanti a passi brevi ma decisi”.
Non solo i giovani e i ceti meno abbienti, ma anche la classe media, intellettuali, sinistra moderata e centro democratico hanno dato il proprio appoggio al leader di Apruebo Dignidad. Questa nuova Presidenza, insieme alla riscrittura della nuova Costituzione, rende il 2022 un anno molto impegnativo per il Paese andino, che si troverà in un passaggio decisivo della propria storia. Una nuova luce però investe il Cile, un Paese ferito, lacerato da un passato ancora vicino, con il sogno del Presidente Allende rimasto a metà, ma che è riuscito con dignità e costanza a lottare per i propri diritti, ad arginare la destra estrema e a dar vita ad un nuovo capitolo della propria storia democratica. Non facile, ma caratterizzato da quella parola trionfale che è stata proiettata in piena notte su un edificio nel centro di Santiago poco dopo i risultati delle elezioni, illuminata di azzurro ed enorme: ESPERANZA.