L’accattonaggio c’è sempre stato ma si evolve. Fino a qualche tempo fa l’accattone tipo era un nostro connazionale sfortunato al quale si tentava di dare un sostegno, simbolico nella sua modesta entità, ma abbastanza diffuso da sottrarre il destinatario all’inedia. Non erano tanti e la cosa era indubbiamente gestibile da parte di chi volesse compiere un minuscolo gesto di solidarietà. Con alcuni mendicanti la consuetudine faceva nascere un rapporto di reciproca cortesia e talvolta di vera e propria simpatia.
Ricordo una persona anziana, educatissima, che si appostava tutte le domeniche nello stesso posto (ignoravo dove esercitasse nei giorni feriali) imbracciando una finta chitarra. Tutte le domeniche mi salutava, io ricambiavo e mollavo qualche spicciolo ricevendo in cambio ossequiose parole di gratitudine. Un vero signore, composto e dignitoso. Un sabato mattina, inopinatamente, lo incrociai al solito posto e, benché sorpreso, feci quello che ormai consideravo un dovere. La domenica successiva era di nuovo là. Dopo un breve momento di esitazione risolsi che non potevo (e non volevo) sottrarmi alla consuetudine, ma appena misi mano al portamonete, mentre lo salutavo, lui fece un passo indietro dicendo: “No, signore. Lei lo ha già fatto ieri.” Difronte a tanto scrupolo, superato un istante di profonda ammirazione, fui tentato di chiamarlo da parte per dirgli, col sarcasmo che cominciava in quegli anni a minare la mia sensibilità: “Guardi che se lei si comporta così i soldi non se li farà mai!” Lui dovette cogliere nel mio sguardo un lampo di disapprovazione e quindi mi lasciò fare come volevo senza ulteriori resistenze ma con una profusione di ringraziamenti. Altri tempi.
Oggi l’accattone nostrano è in netta minoranza e il suo giro di benefattori si va restringendo a causa della concorrenza di origine immigratoria. Alcuni di loro hanno messo a punto tecniche innovative. Per lo più ti si avvicinano offrendoti accendini o calzini e, se non mostri interesse per l’acquisto, ti espongono in rapida sintesi la loro disastrosa situazione familiare e reddituale. Ma la tecnica più sorprendente è quella di cui sono stato “vittima” qualche tempo fa. Per strada mi cade sotto gli occhi un giovane non troppo malmesso e sorridente che mi affianca guardandomi con l’aria di chi pensa: “Ma come? Non mi riconosci?” Seriamente incuriosito mi avvicino sforzandomi di capire chi può essere e lui, senza mutare di una piega la sua espressione cordiale e ammiccante, mi chiede i soldi per un caffè. Come si fa a negare un caffè a chi si è guadagnato il tuo plauso con una prestazione attoriale così convincente? Gli dò il necessario protestando garbatamente per l’inganno subìto. Il desiderio di sottrarsi a queste trappole indurrebbe a preferire il versamento di tanto in tanto di un contributo a qualche istituto di beneficenza affidabile, ma ciò non ti solleverebbe dall’imbarazzo di dover negare la tua elemosina a tutti quelli che, ignari della tua contribuzione, te la chiedono.
Oggi però si è aggiunto l’accattonaggio di colore che ha allargato di molto la platea dei questuanti. Fare la carità in maniera casuale cioè, come si dice oggi, “random” non è più possibile e bisogna creare una gerarchia dei beneficiari. Riconosciamo dunque una generica precedenza ai mendicanti di colore rispetto a quelli di razza ariana perché hanno alle spalle l’infernale percorso deserto-campo di detenzione-gommone e meritano quindi tutti, indistintamente, il nostro rispetto per il coraggio che hanno dimostrato nell’intraprenderlo. Dovendo selezionare, è giusto procedere dalle donne di colore con prole, prole di cui, tra l’altro, non sappiamo se sia nata dall’amore o dalla violenza. Seguono poi quelli che presentano evidenti malformazioni o handicap motori. Gli altri potrebbero essere collocati tutti sul medesimo piano ma, attenzione, non è così. Sussistono fattori oggettivamente discriminanti: non tutti questi giovani sono alti, belli ed atletici, non tutti sono cordiali e sorridenti. Queste qualità aprono infatti i donatori ad una maggiore disponibilità, quasi fossero dei meriti, e quindi la “raccolta fondi”, il “crowdfunding”, è per questi soggetti indubbiamente più facile e quindi più consistente. Chi invece non possiede queste qualità fisiche o di carattere riesce a stento a rimediare un panino. Riflettete quindi e tentate di distribuire le vostre risorse, piccole o grandi che siano, in senso perequativo, tentando cioè di soccorrere i questuanti meno attraenti ed evitando loro di sentirsi ancora più respinti ed emarginati, condizione, questa, che può indurli ad avvicinarsi alla criminalità organizzata.