Sommersi dalle notizie catastrofiche provenienti dall’Afghanistan e da Haiti abbiamo trascorso un Ferragosto non proprio sereno, oltre che torrido. Poi, sgomberata la mente dalle immagini drammatiche che abbiamo più volte rivisto in TV, ci siamo dedicati alle “quisquilie e pinzillacchere”, espressioni con cui Totò definiva le bazzecole, della politica nostrana.
Le notiziole che hanno alleggerito il nostro Ferragosto dal peso delle sciagure di cui sopra si concentrano su tre figure emblematiche dello stato di degrado in cui versa il Paese. La prima è quella del sottosegretario Durigon che vuole scippare a Falcone e Borsellino il Parco di Latina per restituirlo nientemeno che al fratello del Duce, Arnaldo Mussolini, altrettanto fascista e, forse proprio per questo, già titolare di un busto in quel di Paderno di Mercato Saraceno, comune emiliano. Ma Durigon non è nuovo ai comportamenti “a rischio”: è lui che ha concepito “Quota 100” e può essere quindi considerato seriale oltre che poco serio.
Segue a ruota certo Andrea Santucci che, da modesto consigliere comunale di Colleferro, la spara ancora più grossa. Tanto per cominciare, non gli basta un parco o una piazza del suo paese. Lui mira più in alto e vuole sottrarre alla sua funzione di memoria storica il “Piazzale dei Partigiani” della capitale. Ma non basta, vuole fare le cose in grande: non si accontenta di intestarlo al fratello o, che so, ad un cugino di Hitler ma al Furher in persona. Una provocazione?
Ma il personaggio più pateticamente sorprendente è, senza ombra di dubbio, Luca Bernardo, pediatra milanese, prescelto, non ci crederete, dopo una lunga e defatigante trattativa tra i partiti di centro destra, come candidato alla carica di sindaco di Milano. La sua ultima uscita è un miracolo di equilibrismo elettorale. Ha dichiarato: “Non faccio distinzione tra fascisti e antifascisti”. Affermazione di una gravità estrema perché denota, oltre alla palese ignoranza di fatti storici e di doveri costituzionali (qualità che condivide certamente con Durigon e Santucci) anche una discreta dose di autolesionismo perché in una città come Milano, medaglia d‘oro alla Resistenza, certe cose per fortuna non passano inosservate. D’altronde non dimentichiamo che, appena qualche settimana fa, il candidato Bernardo ha candidamente confessato di possedere regolarmente una pistola e di portarsela spesso dietro, talvolta anche nel suo reparto ospedaliero, ma non in corsia (e ci mancherebbe: i bambini fino ai dodici anni, per giunta non in buona salute, sono innocui per definizione), perché, come altri medici, era stato minacciato. Possibile che nella rosa di aspiranti alla candidatura fosse lui il più equilibrato? Gli altri distinguevano forse un fascista da uno sporco antifascista? O andavano girando con un bazooka regolarmente dichiarato? Non si può non andare col pensiero all’assessore alla sicurezza (alla sua sicurezza!) del comune di Voghera, Adriatici, dalla cui arma è partito casualmente un colpo per legittima difesa (quando si dice il caso o, meglio ancora, la telepatia: io voglio difendermi da un aggressore e la mia volontà, non la mia mano, basta per far partire il proiettile dalla mia pistola) che ha stroncato la vita di un povero disgraziato di nazionalità marocchina. Auguriamoci dunque che il pistolero in erba Bernardo, eletto o meno che sia, non si trovi mai nelle stesse condizioni di Adriatici che almeno distingueva un connazionale da un marocchino: Bernardo non distingue neppure un fascista da un antifascista.
Il fattore comune a tutti questi eventi di cronaca è la Lega, presente in ciascuno di essi in misura esclusiva o preponderante: si è forse aperta, per motivi elettorali, una gara tra Lega e Fratelli d’Italia a chi può esibire il tasso più elevato di simpatie fasciste? Il risultato di questa miserevole competizione non ci appassiona, ma ci avvilisce la constatazione che in un Paese fondato su una Costituzione dichiaratamente antifascista si debba assistere alle scorribande, impunite, di personaggi che fatichiamo a definire “folcloristici” come, riduttivamente, vorrebbe la stampa di destra.
Speriamo che Draghi a settembre venga fuori dal guscio: il semestre bianco è iniziato e sarebbe forse il caso di cominciare a circoscrivere la maggioranza di governo ai soli partiti antifascisti e alla parte antifascista dei partiti fascisti, se esiste.