Palombari cercasi

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Meritato o meno, in un Paese che si allunga dalle Alpi fino al centro del Mediterraneo, superando nelle sue punte estreme del Sud la costa nord occidentale dell’Africa, l’estate è il tempo del riposo. Non per tutti ovviamente, visto che tanti altri proprio in estate lavorano, attivano le loro imprese e assumono, in modo più o meno regolare, migliaia di persone nelle campagne, dove si continua a morire per le terribili condizioni di lavoro, nell’industria turistica e, fino alla pausa di ferragosto, nelle imprese edilizie.

Per chi si riposa dovrebbe essere anche il tempo di godersi la possibilità di leggere un libro, leggere i giornali e non solo sfogliarli, guardare qualche film “vero” e non solo la televisione spazzatura buona solo per tener compagnia a bambini in fasce o anziani distratti, oltre che a conciliare il sonno dopo una giornata di fatica. I più sono invece presi dalla incontenibile e faticosa voglia di divertirsi, legittimati da politici e sistemi di comunicazione che, anche in questi mesi di pandemia, si sono battuti per la riapertura di bar, ristoranti e discoteche come se queste attività fossero le uniche veramente produttive alle quali nessuno poteva e voleva rinunciare. Che poi nelle fabbriche, nei servizi pubblici e privati si è continuato e si continua a lavorare non interessa molto. Risultato scontato di tutto ciò è che i cieli delle nostre città ricominciano ad essere divorati dal frastuono di aerei che trasportano turisti, le strade sono invase dai tavolini dei ristoratori che, non avendo il permesso di ospitare all’interno dei propri locali gli avventori abituali o occasionali, sfruttano la liberalizzazione nell’uso degli spazi pubblici determinando, indirettamente, nuovi e forse più pericolosi assembramenti sulle strade dove diventa difficile anche solo passeggiare. Ciò è particolarmente evidente in una città sregolata, nel senso letterale di senza regole del vivere comune, quale è Napoli, ma purtroppo pare che il fenomeno non sia più così circoscritto. Riappare lo spettro di nuovi provvedimenti di chiusura per settembre, così come accaduto l’anno scorso, mentre si continua ad accumulare consumo e divertimento nelle gobbe, come cammelli assetati. E intanto la barca va.

Il Governo continua a racimolare miliardi, ricomincia a emanare provvedimenti che, alla faccia di tutte le buone intenzioni proclamate, reintroducono con forza le regole del “mercato”, consentendo alle aziende di licenziare, alle imprese multinazionali di stabilire liberamente dove localizzare i propri impianti produttivi; si ricomincia a parlare di riforma della riforma della legge sulle pensioni perché il sistema previdenziale non reggerebbe a nuove ondate di pensionamenti visto che le persone, pensionati o lavoratori in servizio morti per la pandemia, poi non sono stati abbastanza per diminuire la pressione economica sul sistema previdenziale; nelle pubbliche amministrazioni le assunzioni vanno a rilento e il sistema rischia di collassare.

La più eccitante discussione politica c’è stata all’interno del gruppo dei Cinque Stelle con la farsa dello scontro/riconciliazione tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Per il resto la storia si ripete. I ministri di Lega e PD nel Governo Draghi, Giorgetti, ministro dello sviluppo economico, e Orlando, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sembrano parlare la stessa lingua almeno quando si tratta di liberalizzazione dei licenziamenti, riforma del reddito di cittadinanza, di pensione e altro ancora. Franceschini, ministro della Cultura, continua a scavalcare l’assetto tecnico amministrativo del Ministero che occupa da sette anni, crea strutture centrali per meglio controllare i flussi di finanziamenti, rinuncia a ogni forma di tutela territoriale e si preoccupa che i turisti son pochi, almeno quelli che vanno nei grandi Musei, attrattori turistici per eccellenza. Certo le grandi navi da crociera non potranno più attraversare la laguna di Venezia, ma le compagnie saranno lautamente ricompensate e, sempre Franceschini, ne rivendica il risultato anche se questo provvedimento arriva molto in ritardo.

Il sistema sanitario nazionale è tutt’altro che riformato con i Presidenti di Regione che compiono indisturbati le proprie scelte e azioni, impegnati come sono a cercare il modo di accaparrarsi quante più risorse possibili del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), lasciando però immutati l’organizzazione e il sistema di potere costruito intorno alla sanità pubblica e privata sotto la loro giurisdizione. Che fine abbiano fatto gli uomini, i progetti e ministeri definiti innovativi, Vittorio Colao alla guida del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Roberto Cingolani a capo del Ministero per l’ambiente, tutela del territorio e del mare, non è dato sapere se non scorgendo nel programma generale e nelle misure proposte e attivate dagli altri ministeri qualche accenno per lo più nominale.

In politica domina ormai il siamo tutti sulla stessa barca, ma nessuno si accorge delle tante e profonde falle disseminate sullo scafo, che continua ad imbarcare acqua con il rischio concreto che ciò porti ad un suo rapido affondamento. La cosa peggiore è che chi avrebbe qualcosa da dire e da fare di profondamente diverso è zittito ed escluso da ogni forma di potere. “Abbonare la nave, si salvi chi può!”, urla qualcuno. Ma la nave è molto grande e, come ci insegnano le tante tragedie del mare, il suo veloce inabissarsi creerebbe un vortice che risucchierebbe tutti, quelli a bordo e quelli che si credevano salvi per essersi tuffati qualche istante prima. L’unica possibilità rimane quella di fare un gran respiro, immagazzinare aria nei polmoni, immergersi e provare a riparare le falle dello scafo.

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