La pandemia da Covid ci ha costretti in casa per un bel po’. Spinti dalla paura di contagiarsi ci siamo poi lasciati sedurre dal poter vivere e respirare senza mascherina. Molti di noi si sono attrezzati psicologicamente e materialmente a sostenere l’assedio del virus trascorrendo gran parte delle giornate tappati in casa.
Una parte dei lavoratori ha potuto sperimentare lo smart working e ad alcuni di loro è piaciuto fino al punto di augurarsi che possa proseguire anche in tempi normali. Passata, sempre che lo sia veramente, la pandemia e smaltito in qualche maniera lo sfogo liberatorio che vi ha fatto seguito, ci resta in eredità un senso di conforto per aver ritrovato il piacere, e i vantaggi, del rimanere in casa. Non che la cosa riguardi tutti. Chi ha una casa poco accogliente o rapporti familiari difficili non vedeva l’ora di poterne venire fuori. Ma nel complesso in molti abbiamo scoperto che sì, si può vivere da reclusi senza grandi sofferenze: la pizza da asporto arriva ancora ragionevolmente calda e le Pay TV hanno ampliato l’offerta diversificandola in modo da accontentare, previo pagamento, tutte le fasce di telespettatori. Tutta l’industria dello svago e del tempo libero si è impegnata nel produrre tutto quanto può rendere più piacevole il soggiorno nel proprio soggiorno. Anche lo sport, e segnatamente il calcio, ha imboccato decisamente la strada del servizio a domicilio. Il tentativo, fin qui fallito, di organizzare un campionato europeo di eccellenza, la Superlega, aveva lo scopo di allargare la platea degli amanti del calcio, mettendola a contatto con le migliori squadre del continente senza doversi alzare dalla poltrona. Ma anche se non tutti i progetti sono andati a segno, possiamo essere certi che gli investimenti volti ad allietare la vita di chi resta in casa non andranno perduti. Le occasioni per essere costretti a vivere in casa infatti non mancheranno per quella parte dell’umanità che ne dispone. Già la stessa pandemia da Covid-19 sembra non finire mai, tra nuove ondate e nuove varianti. Ma quanti altri virus sono in agguato, magari ibernati da milioni di anni nei ghiacci polari? Certo, la scienza sarà sempre più rapida nell’individuare i vaccini, ma il tempo che intercorre tra la comparsa del virus e la conclusione della campagna vaccinale difficilmente scenderà al di sotto di un anno solare, durante il quale ci obbligheranno a indossare la mascherina, ad evitare i contatti e quindi a chiuderci in casa.
Le epidemie prossime venture, specie se assumeranno una dimensione pandemica, non saranno però le sole a tenerci lontano dall’aria aperta. C’è il cambiamento climatico che proprio in questa estate ci sta dando esempi più che probanti della sua ferocia: temperature torride in aree geografiche che non le avevano mai conosciute, alluvioni tragiche in Germania, grandinate ad alta quota che hanno costretto un aereo a rientrare. E l’estate non è ancora finita. Poi ci saranno l’autunno con le sue piogge stagionali e l’inverno con le sue temperature polari. Scatteranno allarmi rossi o di altri colori; molti di loro si riveleranno falsi, ma comunque costringeranno ugualmente la gente a restare prudentemente nelle case almeno fino a quando esondazioni o alluvioni non se le portano via. Per non parlare di quelle delle isole polinesiane e simili che saranno cancellate dall’innalzamento del livello del mare dovuto allo scioglimento dei ghiacciai polari. La stessa sorte toccherà anche alle case costruite altrove se al livello del mare e in zone rivierasche.
Ma questi scenari, disegnati da virus e cataclismi, non si esauriscono in sé. È impensabile che non comportino una serie di conflitti sociali più o meno gravi a partire dalle proteste per gli inevitabili rincari dei combustibili fossili, troppo tardi contrastati, e al conseguente fallimento di tante piccole e medie imprese con la loro impietosa coda di licenziamenti. E soprattutto le correnti migratorie che, gonfiate dalla crescita demografica inarrestabile, saranno arginabili solo con la forza. Insomma, fuori casa sarà un inferno. Usciranno di casa, e malvolentieri, solo gli operatori impiegati nei servizi essenziali e nelle grandi imprese industriali. All’Homo Erectus si sostituirà l’Homo Sedens e, se l’istruzione continuerà a scadere come sembra ormai inevitabile, al già disastroso Homo Sapiens, autore di questo scempio, subentrerà l’Homo Insipiens. Insomma ci attende un futuro non proprio entusiasmante. C’è ancora rimedio? Nel dubbio dobbiamo semplicemente augurarci di poter ritardare gli effetti più catastrofici dell’avidità umana e della nostra irresponsabilità.