Circola in casa di tanto in tanto qualche romanzo poliziesco. Si chiamavano “gialli” da quando nel lontano 1929 Arnoldo Mondadori ne aveva iniziato la pubblicazione periodica editandoli con la copertina di quel colore. Oggi li chiamano “noir” con riferimento alla cinematografia francese di argomento delittuoso affermatasi negli anni ‘50. Ma col colore in realtà sono cambiati anche i contenuti. In famiglia se ne parla puntualmente ogni volta che un romanzo recente viene messo a confronto con un classico.
Sul genere “giallo” classico, a distanza di tanti e tanti anni dalla sua nascita, che possiamo far risalire a E.A. Poe e a A. Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, ci scambiamo alcune riflessioni tutto sommato non banali. La prima riguarda l’ambientazione, non tanto in senso geografico (può essere Londra o New York o Parigi indifferentemente) ma sotto il profilo sociale. Le storie si svolgono sempre in contesti borghesi se non addirittura alto-borghesi o aristocratici. Ciò serve a giustificare le modalità sofisticate dell’assassinio (senza omicidio non c’è giallo classico), il cui autore non è uno stupido qualunque ma un raffinato cultore dell’arte di uccidere. Nei delitti che commette è implicita la sfida rivolta all’investigatore di turno e, per il suo tramite, al lettore attento e perspicace. Raramente l’assassino agisce senza un piano criminale accuratamente premeditato: se ne allontana solo nel caso si veda costretto a eliminare, in tempi rapidi, un testimone o qualcuno che si sta, anche solo occasionalmente, avvicinando alla verità. È escluso ovviamente il “detective”, vero protagonista della vicenda e quindi ineliminabile per definizione. Il solo Sherlock Holmes trovò la morte in quella che doveva essere la sua ultima avventura ma a procurargliela fu lo stesso autore, ormai stanco del personaggio. Le proteste dei lettori costrinsero presto Conan Doyle a resuscitarlo.
La seconda riflessione riguarda proprio la figura del detective che è di regola un esemplare intelligentissimo del sesso maschile: fa eccezione, e che eccezione, solo la Miss Marple creata dalla fantasia di Agatha Christie. La perspicacia e l’acume dell’investigatore sono almeno pari (se no addio risoluzione dell’enigma) a quelle dell’assassino. Capace di individuare gli indizi più nascosti e all’apparenza più insignificanti mettendoli insieme fino a scoprire il perverso disegno criminoso, l’investigatore è una sorta di demiurgo. Giova sottolineare a questo punto, e in famiglia siamo tutti d’accordo, come l’investigatore sia, salvo rarissime eccezioni, un privato cittadino, un professionista al quale si rivolgono per le indagini i facoltosi parenti della vittima e, talvolta, la stessa autorità di polizia. C’è dunque nel romanzo giallo classico l’esaltazione del genio, del superuomo che agisce, quasi sempre dietro lauto compenso, per tutelare narcisisticamente la sua immagine eroica e per affermare, al tempo stesso, la giustizia scavalcando regolarmente la polizia locale e addirittura ingannandola quando si dimostra ottusa. Sì, perché nel romanzo giallo classico, benché “poliziesco”, la polizia non fa una bella figura: siano gli agenti di Scotland Yard o della polizia distrettuale di New York o della Suretè di Parigi, tutti usciranno alla fine della vicenda con la coda tra le gambe ma pronti a ripetere la figuraccia alla prossima puntata.
Aldilà del dileggio vagamente anarcoide della pubblica autorità, il giallo classico, benché giustamente considerato lettura d’evasione, è però ricco di spunti moralmente apprezzabili. C’è in primo luogo l’elogio dell’intelligenza e della ricerca della conoscenza ma c’è soprattutto il trionfo del bene sul male, dal quale nasce l’immagine rassicurante di una società che riesce a liberarsi di chi delinque.
Nel “noir” tutto questo impianto vacilla perché entrano in gioco l’irrazionale, la follia, l’incubo, la tensione spasmodica del “thriller” (che un tempo chiamavamo “suspence”). Gli omicidi sono spesso occasionali, talvolta feroci e gli investigatori, quando ci sono, lavorano più di intuizioni e di sensazioni che non di deduzioni logiche. Nel romanzo poliziesco, che domina oggi le vendite, confluiscono il giallo classico, l’“hard boiled” (il giallo di azione di matrice americana) ed il “noir”. I messaggi non sempre sono positivi. Quel che è certo è che qui da noi si è realizzato un prepotente riscatto delle forze dell’ordine, come testimoniano le figure di Montalbano, del commissario Ricciardi e dei bastardi di Pizzofalcone.