Chissà se nel 1925, quando scrissero ” ‘O paese d’ ‘o sole”, D’Annibale e Bovio avrebbero mai immaginato che il titolo della canzone corrispondesse ad una realtà oggettiva. Infatti la città di Neapolis fu progettata per essere la città del Sole e di Partenope. A stabilirlo, con un lavoro pubblicato sull’autorevole rivista Journal of Historical Geography, sono stati due professori dell’Università di Napoli “Federico II”, appartenenti al DISTAR (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse). I ricercatori Nicola Scafetta e Adriano Mazzarella, attraverso un lavoro archeoastronomico, hanno dimostrato che l’orientamento e le proporzioni della griglia stradale della Neapolis greca, attuale area dei decumani, furono costruite in modo che la polis potesse essere riconosciuta immediatamente come città sacra ad Helios (il dio greco del sole) ed alla mitologica sirena Partenope. I coloni greci, intorno al 470 a.C., progettarono l’antica Neapolis con una pianta stradale rigorosamente ortogonale, anticipando le regole teorizzate dall’architetto Ippodamo da Mileto. Lo studio dimostra che l’abitato fu pensato come un microcosmo ispirato dalla cosmologia di Platone, basato sull’armonia della sezione aurea, mettendo il “Sole divino” al centro di un universo armonico formato da dieci sfere concentriche.
Inoltre, come i greci dividevano il firmamento in dodici costellazioni, così divisero la città in dodici quartieri. Imitando il modello di governo ateniese, ogni quartiere fu affidato alla guida di una fratria (un sodalizio di famiglie che credevano di avere un capostipite mitologico in commune, chiamato Fretore). Un arconte, eletto dalle fratrie, era a capo della polis. Dai reperti litici ritrovati in città e conservati al Museo nazionale, nella sezione epigrafica, possiamo ricavare i nomi delle fratrie e le zone attuali della città dove abitarono.
Gli Eumelidi furono la più importante fratria, veneravano Falero, l’argonauta leggendario fondatore di Palepolis; abitavano l’attuale zona di Largo Donnaregina.
Gli Artemisi veneravano la dea Artemide (Diana) e vivevano nella zona di via Tribunali dove sorgono, oggi, la Cappella del Pontano e la Pietrasanta.
I Cumei erano originari dell’isola greca di Eubea; vivevano nella zona tra l’attuale piazza san Domenico Maggiore e via Mezzocannone, dove sorgeva il tempio di Vesta.
Gli Aristei veneravano il dio Ares (Marte); la sede dell’assemblea della fratria (il fretion) sorgeva presso il porto antico.
Gli Agarrei veneravano il nume delle acque del fiume Sebeto, che scorreva in prossimità delle attuali rampe di san Marcellino, ai confini della città antica.
I Panclidi erano stanziati in prossimità dell’attuale Chiesa di San Pietro in Vinculis ed erano celebri per essere raffinati profumieri.
Gli Jonei furono forse i primi colonizzatori della città ad approdare nel Golfo. La loro sede, in epoca romana, era situata nella regione dell’attuale via Sedile di Porto.
Gli Eumedi abitavano sulla collina di sant’Aniello a Caponapoli; su questo colle sorgeva il sepolcro di Parthenope, che originariamente era collocato sull’isolotto di Megaride.
Gli Antinoidi veneravano Antinoo; la zona dove insisteva questa fratria era quella presso il colle di san Giovanni Maggiore.
Gli Eunostidi veneravano Eunosto, figlio di Ileo, re della Beozia; la fratria degli Eunostidi aveva la sede in una vallata lontano dalla città, posta tra il teatro ed il muro di cinta settentrionale, in prossimità dell’attuale “borgo dei Vergini”.
Della fratria dei Partenopei non v’è traccia di documenti o iscrizioni; si ritiene che tale fratria derivasse dai primi abitanti di Partenope e che la sede, in epoca romana, si trovasse in prossimità dell’attuale piazza Vittoria.
I Mepsopiti prendevano il nome da Mepso, eroe greco che partecipò alla spedizione degli Argonauti; in epoca romana il fretion di questa fratria era presumibilmente collocato nella zona di Chiaia, fra Largo di Castello e piazza S. Caterina da Siena a Chiaia.
È bello pensare alla continuità antropica sul territorio da oltre 26 secoli; forse è qui che nasce quell’osmotico senso di identificazione tra i napoletani e la loro terra, sicuramente sfuggente alle definizioni, ma che ogni cittadino conosce e serba nel suo cuore.