L’Argentina sarà il primo Paese dell’America Latina a produrre il vaccino russo Sputnik. Questa “vacuna” come la chiamano in spagnolo, che porta il nome del satellite russo mandato in orbita intorno alla Terra nel 1957, è ancora tra gli “incerti” per molti Paesi occidentali ed è stato al centro di giochi geopolitici, ma ha trovato terreno fertile proprio nel Paese guidato da Alberto Fernández. Fino ad ora, infatti, sono già arrivate nel Paese sudamericano circa 5 milioni di dosi, utilizzate per immunizzare la popolazione, insieme alle somministrazioni del vaccino cinese Sinovac e dell’anglo-svedese AstraZeneca. Ma, da giugno, l’Argentina inizierà a produrre il vaccino Sputnik all’interno del proprio territorio, per la precisione nel laboratorio Richmond, dopo un accordo con il Russian Direct Investment Fund (RDIF). Il laboratorio argentino, che ha ricevuto un supporto finanziario di 30 milioni di pesos (circa 300.000 dollari americani) da parte del Ministero dello sviluppo produttivo, ha già prodotto un lotto di circa 21.000 dosi, che sarà ora spedito per analisi e controlli in Russia, precisamente al centro Gamaleya, l’Istituto russo di ricerca epidemiologica e microbiologica che ha prodotto il vaccino Sputnik.
Secondo il Presidente argentino, Alberto Fernández, questa è una grande opportunità “per sconfiggere la pandemia non solo in Argentina, ma in tutta l’America Latina”. Anche i vaccini infatti sono diventati uno strumento geopolitico. Abbiamo avuto negli ultimi mesi la prova di quanto, perfino in una situazione così delicata come l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, ci siano interessi ben al di sopra della salute e della ricerca scientifica.
Lo Sputnik, ad esempio, ha risentito di strategie ed interessi politici. In Europa è ancora in attesa di approvazione da parte dell’EMA, ma nel frattempo la Germania ha annunciato di voler iniziare le trattative per acquistarne circa 50 milioni di dosi, che verranno distribuite tra luglio e settembre. L’Italia, dopo un primo momento di riluttanza, sembra disposta, in caso di parere favorevole della European Medical Agency, ad iniziare la produzione del vaccino russo nei laboratori dell’azienda Adienne di Caponago, in Brianza.
Nel frattempo, la notizia che l’Argentina produrrà il farmaco è importante per l’approvvigionamento da parte degli altri Paesi dell’America Latina, che si spera possano essere facilitati da questo processo. Ricordiamo, infatti, che sussistono ancora gravi problemi al riguardo, specialmente per le fasce più vulnerabili di popolazione. Se pensiamo che addirittura in Argentina, Brasile e Messico nelle ultime ore sono iniziate a circolare dosi di vaccino false, vendute nei mercati illegali o rubate ad alcuni centri di salute, ci rendiamo conto di quanto la situazione sia preoccupante.
Senza dubbio, avere un “vicino” nel continente latinoamericano che produca un vaccino sarebbe una garanzia quantomeno nell’approvvigionamento di dosi che, anche a causa delle numerose popolazioni di questi Paesi, scarseggiano. Intanto, il Presidente spagnolo, Pedro Sánchez, ha annunciato che la Spagna, congiuntamente all’Unione Europea, donerà 7,5 milioni di dosi di vaccino ai Paesi dell’America Latina: la portavoce del governo spagnolo, María Jesús Montero, ha infatti dichiarato che “l’accesso ai vaccini dev’essere equo ed universale”.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fino ad ora l’87% dei vaccini sono stati distribuiti nei Paesi ricchi, mentre solo lo 0,2% dei Paesi più poveri ha ricevuto le dosi adeguate per immunizzare le proprie popolazioni. Quindi, una delle prime cose da fare sarebbe garantire il libero accesso ai brevetti: è inconcepibile che, anche di fronte ad una tragedia di tale intensità e ad un’emergenza che ha portato alla luce tutti i vulnus della sanità pubblica in numerosi Stati del mondo, si continui a lucrare sui vaccini e soprattutto non si garantisca l’accesso ad essi se non per qualche raro gesto di solidarietà internazionale. Non c’è bisogno di assistenzialismo in questa situazione. Speriamo che nei prossimi mesi finalmente si potrà lavorare congiuntamente in questo senso. Un summit importante, in cui portare all’attenzione la questione, potrebbe essere proprio il G20, presieduto quest’anno dal nostro Paese, e di cui anche l’Argentina fa parte. La prossima riunione sul tema della salute è fissata per il 21 maggio. Nel frattempo c’è chi, come il Paese sud-americano, si sta preventivamente attrezzando, ma la domanda fondamentale da porci è: noi che ci facciamo portavoce dei diritti umani, della giustizia sociale e della sostenibilità, restiamo indifferenti di fronte al fatto che Paesi privi della possibilità di assicurarsi milioni di dosi e di firmare contratti milionari debbano vedere morire ingiustamente la propria popolazione? Purtroppo, la risposta per ora è: si.