In una grotta del deserto di Giuda, in Israele, una spedizione archeologica, che già operava in quell’area dal 2017, ha portato alla luce una serie di reperti unici: frammenti in pergamena di rotoli biblici, datati circa 2000 anni fa, contenenti porzioni dei libri identificati con il nome di “Profeti Minori”, inclusi Zaccaria e Naum; frammenti di un rotolo, redatto in greco, risalente al periodo di Bar Kokeba, capo della “terza rivolta ebraica” contro l’esercito romano guidato da Adriano nel 132-135 d.C., i cui seguaci furono costretti a rifugiarsi nelle grotte del Deserto della Giudea in seguito alla caduta di Gerusalemme nel 70 d.C.; alcune monete, sempre risalenti allo stesso periodo; uno scheletro mummificato (probabilmente di una bambina) risalente a circa 6000 anni fa; un grande cesto, della capacità di 100 litri, risalente addirittura a 10500 anni fa (periodo neolitico preceramico) che, secondo gli archeologici, potrebbe rappresentare il più antico reperto di questo genere rinvenuto a oggi. Il luogo in cui sono stati ritrovati i rotoli è stato identificato come “Grotta dell’Orrore“, nella riserva di Naval Herver, proprio a causa del ritrovamento della mummia della bambina.
L’area del ritrovamento non è lontana da Qumran, il luogo dove fra il 1947 e il 1956 furono ritrovati gran parte dei celebri Rotoli del Mar Morto, circa 900 documenti tra i quali libri della Bibbia ebraica e testi della comunità locale. I Manoscritti, conservati al Museo d’Israele a Gerusalemme, sono considerati una delle scoperte archeologiche più importanti del ventesimo secolo, in quanto riportano le prime trascrizioni in ebraico conosciute dei testi biblici, risalenti al periodo tra il terzo secolo a.C. e il primo d.C.
La località di Qumran era il luogo in cui si stabilì, probabilmente a partire dalla seconda metà del II secolo a.C., un gruppo di ebrei, appartenente a un movimento settario della Palestina, conosciuto soprattutto grazie agli scritti di Giuseppe Flavio sotto il nome di Esseni. Qui, ristrutturando i resti di vecchi edifici ebraici, venne a crearsi una vera e propria comunità che resisté come gruppo organizzato fino al 68 d.C., nel bel mezzo della prima guerra giudaica.
La comunità di Qumran fu fondata da un personaggio identificato come Maestro di Giustizia, probabilmente appartenente all’aristocrazia sacerdotale di Gerusalemme. Dopo la fondazione, i qumraniti svilupparono una complessa organizzazione interna, regolata da una serie di norme che regolamentavano ogni minuzioso aspetto della vita quotidiana. Inoltre costituirono un gruppo di scribi dediti sia a copiare tutti i manoscritti provenienti dall’esterno che a produrre, ex novo, un intero corpus di testi religiosi esclusivamente pensato per la comunità di Qumran.
Nel 31 a.C. un terremoto costrinse i qumraniti ad abbandonare l’insediamento. Diversi anni dopo, tra il 4 a.C. e l’1 a.C. Qumran fu interamente ricostruita e ripopolata. Nel 68 d.C., nel corso della guerra giudaica (66 d.C.–70 d.C.) i Romani distrussero completamente il sito e vi collocarono un avamposto fino alla fine del I secolo. Nel corso della “terza rivolta ebraica” guidata da Bar Kokeba, l’ultima insurrezione degli ebrei contro Roma, i ribelli si rifugiarono tra le rovine di Qumran. Dopo la repressione della rivolta, la zona di Qumran restò per sempre desolata.
I testi ritrovati tra il 1947 e il 1956 possono essere suddivisi in tre gruppi: il primo gruppo comprende copie dei libri dell’Antico Testamento e rivestono una grande importanza perché sono risultati di 1000-1200 anni più antichi del manoscritto biblico completo più antico fino a quel momento conosciuto, risalente al 1008 d.C. Grazie a questi manoscritti gli studiosi hanno potuto controllare e confermare l’esattezza dei manoscritti conosciuti, di cui erano già in possesso. Il secondo gruppo di documenti è formato da apocrifi dell’Antico Testamento e da altri testi pseudepigrafi, mentre il terzo gruppo comprende scritti originali, propri della comunità di Qumran.
L’entusiasmo iniziale con il quale fu accolta la scoperta dei rotoli di Qumran ha portato, nel tempo, ad una serie di tentativi tesi di identificare un rapporto tra Gesù e la gente di Qumran. Tra gli esempi più significativi abbiamo le teorie enunciate da Barbara Thiering, una studiosa di origine australiana che ha creduto di vedere, ad esempio, in Giovanni Battista, la figura del Maestro di Giustizia che aveva fondato a suo tempo la comunità di Qumran, e in Gesùuno dei suoi sacerdoti.
Robert H. Eisenman, docente presso la State University of California, è giunto alla conclusione che il Maestro di Giustizia altro non sarebbe che Giacomo, il fratello di Gesù e che Paolo di Tarsosarebbe da identificare come l’Uomo di Menzogna citato dal documento 1QpHab 2,2. I suoi libri, pubblicati in Italia da Piemme, sono un evidente esempio di sensazionalismo fin dai titoli: Giacomo il fratello di Gesù. Dai Rotoli di Qumran le rivoluzionarie scoperte sulla Chiesa delle origini e il Gesù storico (2007); Codice Gesù. I manoscritti segreti di Qumran smascherano le manipolazioni e le falsificazioni dei Vangeli (2008); Il Codice del Nuovo Testamento. I Rotoli di Qumran e il Vangelo di Giuda smascherano le falsificazioni sul Gesù storico (2009).
Studiosi del calibro di John P. Meier, professore di Nuovo Testamento alla Catholic University di Washington, D.C. e alla Notre Dame University, Indiana (USA),presidente della Catholic Biblical Association e direttore della rivista Catholic Biblical Quarterly, ritenuto uno dei più eminenti biblisti viventi, considera assolutamente infondato qualsiasi tentativo di identificare riferimenti a Gesù nei manoscritti di Qumran, e considera le teorie di accademici come la Thiering e Eisenman “roba da romanzi scandalistici e da talk-show notturni”. “In realtà”, continua, “è alla chiesa primitiva piuttosto che al Gesù storico che il materiale di Qumran fornisce un gran numero di interessanti paralleli… uno studio dei paralleli tra Qumran e la chiesa appartiene alla storia del cristianesimo primitivo, non alla ricerca sul Gesù storico”.
Il desiderio di presentare presunti fatti storici, presumibilmente tenuti nascosti al pubblico dagli studiosi o dal Vaticano, ha spinto diversi autori a creare letteralmente documentazione falsa. Uno dei falsi più noti fu pubblicato in Francia nel 1894 da un corrispondente di guerra di nome Nicolas Notovitch con il titolo La vita sconosciuta di Gesù Cristo. L’autore avrebbe scoperto tracce del passaggio di Gesù in India, dove sarebbe rimasto per sei anni studiando i libri sacri, i Veda, per poi unirsi a una comunità di buddhisti, dai quali avrebbe imparato il pāli, la lingua del buddhismo Theravāda. Si sarebbe poi diretto in Persia dove avrebbe predicato agli zoroastriani per poi ritornare, all’età di ventinove anni, in Palestina. Del racconto si occupò, tra gli altri, il più grande studioso europeo di cultura indiana, Max Müller, il quale dimostrò in maniera inequivocabile che il racconto della “scoperta” di Notovitch era pieno di insormontabili inverosimiglianze. Questo, però, non ha impedito ad altri autori di attingere a tale fonte per sostenere le proprie teorie. Un estratto dei racconti de La vita sconosciuta di Gesù Cristo è stato, infatti, pubblicato anche in Italia nel 1997 in un libro scritto dal professor Fida M. Hassnain, direttore del Museo delle Antichità dello stato di Jammu e Kashmir (India), dal titolo Sulle tracce di Gesù l’Esseno. Le fonti storiche buddhiste, islamiche, sanscrite e apocrife, di cui posseggo gelosamente una copia.
Naturalmente, come scrive Bart D. Ehrman, James A. Grey Distinguished Professor di Studi religiosi all’Università della North Carolina (Chapel Hill), considerato un’autorità indiscussa sul Nuovo Testamento e sul Cristianesimo primitivo, “oggigiorno non c’è un singolo studioso serio sulla faccia della terra che nutra qualche dubbio in merito: tutta la storia è stata inventata di sana pianta da Notovitch, che da questa bufala ha ricavato un mucchio di soldi e un bel po’ di notorietà”.