L’ultima volta che abbiamo scritto su Diego Armando Maradona era il 25 novembre 2020, il giorno della sua morte, una data indimenticabile per tristezza e smarrimento collettivo. Un giorno nefasto che ha segnato un anno altrettanto oscuro a causa della pandemia da covid-19. Ma nelle settimane che sono seguite a quel 25 novembre anche l’argomento coronavirus ha trovato una pausa per lasciare spazio sui principali giornali e tv mondiali al Pibe de oro. Napoli, Buenos Aires e quasi tutto il mondo sportivo l’hanno omaggiato con fiaccolate, momenti di raccoglimento, manifestazioni e tanto altro.
Una celebrazione che tanti grandi della Terra sognano di avere, per le dimensioni di una commozione mondiale che, se guardiamo indietro nella storia, quasi non trova paragoni. Lo stadio “San Paolo” di Napoli, oggi nominato stadio “Diego Armando Maradona”, si trasformò in un cimitero, con pellegrinaggi di persone che ogni giorno si recavano lì per accendere un cero, omaggiarlo con una sciarpa o una camiseta, e un po’ come si fa con i santi le generazioni che lo hanno pianto erano anche quelle che magari non lo avevano neanche visto giocare. Un fenomeno sociale impressionante, che strappa ancora grande commozione. Eppure nonostante sia scomparso Diego, il re degli imperfetti, è riuscito ancora a far goal: venerdì 12 marzo la Suprema Corte ha stabilito che Diego non era un evasore fiscale.
Il verdetto è stato discusso a porte chiuse decretando la vittoria post mortem in Cassazione. Il fisco per anni ha rincorso e asfissiato Maradona sostenendo che il Napoli Calcio avesse pagato a nero una parte dello stipendio di tre giocatori (Maradona, Alemao e Careca) utilizzando fittiziamente alcune società straniere che si occupavano della gestione dei diritti pubblicitari dei calciatori. Come ricorda il Corriere dello sport: “l’Agenzia aveva ritenuto che l’acquisto dei diritti, in realtà, celasse dei pagamenti in nero di parte dei compensi per le prestazioni dei calciatori”. E così negli anni abbiamo assistito a degli agguanti nei confronti di Maradona, tanto da impedirgli di tornare in Italia e nella sua amata Napoli. Quando ha provato a mettere piede qui, a Diego sono stati sottratti orologi e altri oggetti di valore; situazioni descritte sempre con il suo modo popolare e convincente di denunciare le ingiustizie. Nonostante i giudici tributari nel lontano ‘94 si fossero pronunciati per la non colpevolezza degli imputati, il Napoli Calcio decise di aderire al condono fiscale pagando il 10% delle somme contestate. Anche Maradona chiese di aderire al condono, ma nel 2004 la sua richiesta venne respinta a causa della sua “latitanza”. Solo oggi gli ermellini hanno stabilito che: “Se si negasse a Maradona la possibilità di intervenire nel giudizio dinanzi alla Commissione tributaria centrale, per poter beneficiare del condono cui ha aderito la Società, vi sarebbe una palese assenza di tutela ‘effettiva’ del contribuente, che non avrebbe altra possibilità di far valere le proprie ragioni in altra sede, con il verificarsi di una vera e propria ‘denegata ingiustizia’”.
Appresa la notizia dunque tutti si sono affrettati ad esprimere piena soddisfazione per l’esito della vicenda, da Ferlaino a Renica che in una intervista rilasciata al Corriere dello Sport ha affermato: “Chi ha parlato male di Maradona ora si dovrebbe tappare la bocca”. Ma non è l’unico caso questo che continua a far parlare del più grande calciatore di tutti i tempi. Sono settimane che in Argentina i tifosi di calcio protestano per avere maggiori delucidazioni sulla morte di Diego. L’opinione collettiva pare essersi formata un punto di vista ben chiaro: No se muriò, lo mataron (non è morto, l’hanno ucciso). Questa frase, che compare continuamente sui social, ha dato vita ad una vera e propria manifestazione oceanica, evento organizzato sui social e sfociato nelle strade della capitale Buenos Aires. Alla manifestazione hanno partecipato anche le figlie di Diego, Dalma, Gianinna e l’ex moglie Claudia Villafañe. L’accusa principale viene mossa all’ultimo avvocato di Maradona, Matias Morla, colpevole di essere a conoscenza delle condizioni in cui versava Diego nelle ultime settimane di vita, con uno staff sanitario completamente indifferente alle condizioni di salute del campione. Non è un caso che in Argentina la fiscalía general de San Isidro indaga per capire se sia morto per abbandono di persona o omicidio volontario. Lo staff medico designato dall’avvocato avrebbe imbottito Diego di tranquillanti, permettendogli di bere alcol a qualsiasi ora del giorno e della notte. Intanto nuovi elementi emergono in quanto i giornalisti argentini hanno reso pubblici audio WhatsApp degli accusati, mostrando al Paese con che disprezzo parlavano dell’ex calciatore.
Insomma passano i mesi ma Maradona riesce a smuovere persone in ogni angolo del Pianeta continuando a far parlare di sé. Intanto per la vittoria del fisco a noi piace immaginarlo, sbruffone come sempre, con il suo sigaro in mano e con quel sorriso da scugnizzo napoletano. “Tanto vi faccio gol comunque”.