“La Storia mi assolverà”, diceva Fidel Castro in un discorso nel 1953. E così a volte la Storia assolve, nella sua ciclicità. É ciò che è accaduto all’ex Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, meglio conosciuto come Lula.
Leader del PT, Partido dos Trabalhadores (Partito dei lavoratori), il grande partito brasiliano di sinistra, Lula è stato Presidente del Brasile dal 2003 al 2011, per poi essere incriminato per reati di corruzione all’interno del maxi processo sulle tangenti brasiliane, chiamato Lava Jato, un equivalente estero di Mani Pulite.
L’accusa mossa a Lula era di aver ricevuto tangenti e beni immobili (tra cui un appartamento a Guarujá, sulla costa vicino San Paolo) da alcune imprese di costruzione coinvolte nello scandalo Lava Jato, in cui era implicata anche la compagnia petrolifera statale Petrobras.
Dopo aver scontato 580 giorni di carcere, Lula fu poi scarcerato in attesa del verdetto finale ma perse i diritti politici, tra cui la possibilità di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018, per le quali secondo i sondaggi era il candidato favorito, e che furono poi vinte dall’attuale Presidente Jair Bolsonaro. Oggi, dopo più di tre anni, il giudice della Corte Suprema Edson Fachin ha stabilito l’annullamento della condanna all’ex Presidente Lula, in quanto fu processato dalla giurisdizione del Paranà e dai magistrati di Curitiba, che non avevano la competenza giudiziaria riguardo al processo Lava Jato. Fachin ha dunque stabilito che il caso sarà esaminato dal Tribunale di Brasilia. “Tutte le decisioni pronunciate dal tribunale federale numero 13 di Curitiba sono state dichiarate nulle e i relativi fascicoli sono stati trasmessi alla sezione giudiziaria del distretto federale”, indica il comunicato della Corte Suprema. Non è però da escludere che la procura di Curitiba farà ricorso contro questa decisione.
Così, dopo il Covid-19, la disastrosa gestione sanitaria dell’attuale Presidente in carica e la difficile situazione economica e sociale che il Brasile sta vivendo, il governo Bolsonaro trema, prospettandosi all’orizzonte la candidatura di Lula alle prossime presidenziali del 2022.
Coincidenza o destino, il giudice che condannò Lula, Sergio Moro, è diventato poi Ministro della Giustizia nel governo Bolsonaro, salvo poi lasciare l’incarico ad aprile scorso. Nel 2019, The Intercept rese pubbliche delle conversazioni tra Moro e i procuratori del caso Petrobras, da cui si evinceva la parzialità del giudice e dei procuratori stessi. In queste chat Moro suggerì addirittura i nomi delle persone da condannare nel processo all’ex Presidente Lula. Dal canto suo, quest’ultimo si è sempre dichiarato innocente ed anzi vittima di una persecuzione di stampo politico. Dopo la notizia dell’annullamento della condanna, le reazioni a livello internazionale sono state numerose: ad esprimere vicinanza al Presidente Lula sono stati in particolare il Presidente argentino Fernández, il leader del partito spagnolo Podemos Pablo Iglesias, ed il politico francese progressista Mélenchon. Al contrario, Bolsonaro ha criticato fortemente l’annullamento della condanna a Lula per vicinanza del giudice Fachin al Partito dei Lavoratori.
Ex-sindacalista e fondatore del Partito dei Lavoratori, Lula ha attuato dal punto di vista sociale campagne e programmi a favore della riduzione della povertà e al famoso obiettivo “Fame 0”, presente anche come obiettivo n.2 dell’agenda Onu 2030. In particolare ricordiamo Bolsa Familia, un programma di welfare per le famiglie in stato di povertà che coniugava sussidi per la frequenza scolastica a quelli per approvvigionamento di cibo e di gas per la cucina. Il Programma Bolsa Família, insieme all’allargamento del Sistema unico di salute, ha contribuito a ridurre la povertà del 27,7% solo durante il suo primo mandato presidenziale.
Amato dalla popolazione brasiliana, la notizia della revoca della sua condanna aumenterà probabilmente ancor di più il suo seguito. C’è addirittura chi già paragona il possibile scontro Lula-Bolsonaro nelle elezioni 2022 allo scontro americano Sanders-Trump. In un’intervista rilasciata a The Guardian nel 2020, Lula disse: “Nel 2022 tornerà la sinistra. E voteremo qualcuno che sia a favore dei diritti umani, che protegga le minoranze indigene e dell’Amazzonia, che abbia rispetto per la protezione ambientale. Qualcuno che si interessi ai poveri di questo Paese”. E probabilmente ora, questo qualcuno sarà proprio lui.
Intanto l’hashtag #LulaPresidente2022 inizia già a circolare su Twitter. Certo è che, a prescindere dalla candidatura alle presidenziali, l’annullamento della condanna ha riacceso la luce sul suo caso, e Lula probabilmente tornerà ad essere al centro della politica brasiliana nei prossimi mesi. Vedremo dunque se, davvero, la Storia lo assolverà.