Orgoglio senza pregiudizio

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La foto di rito dopo il giuramento del Governo Draghi (Fonte: https://www.quirinale.it/elementi/)

È nata la creatura del Presidente Mattarella, missione compiuta. Il nuovo Governo Draghi, di cui non conosciamo neanche un rigo del suo programma, è il risultato di un equilibrismo che mai avremmo immaginato possibile. Dal governo giallo-verde a quello giallo-rosso siamo arrivati ai colori dell’arcobaleno.

Draghi è ampiamente riconosciuto come un grande e sapiente esperto, capace di avviare e influenzare i processi tanto da suscitare diffusa riverenza. Non ci aspettavamo e non ci aspettiamo miracoli perché, come scrive Voltaire, “Più una società perfeziona i suoi mezzi di conoscenza e minore diventa il numero dei prodigi” (Dizionario filosofico). Pensare di avviare un processo di profondo riammodernamento del Paese, guidandolo verso una riconversione green, con una pattuizione vecchio stile che ci lascia costernati, è un’operazione velleitaria che non rende giustizia né alle competenze tecnico-scientifiche né a quelle politiche.

La crisi del Governo Conte 2 ha mostrato che in Parlamento non c’erano forze politiche, gruppi o singoli parlamentari disponibili a trovare una sintesi superiore nell’interesse del Paese. Troppo alta era la posta in gioco. Troppi sono stati i veti incrociati. Giuseppe Conte aveva provato a predisporre una struttura in staff nel suo Governo, con dei tecnici che dovevano lavorare al fianco dei Ministri, supportandoli nelle loro scelte per garantire l’accreditamento e la spendibilità dei finanziamenti europei, senza alterare il ruolo e la funzione delle forze politiche in campo. È stato attaccato, in parte a giusta ragione, per la poca trasparenza dell’operazione; il suo è stato interpretato come un tentativo di fare a meno dei partiti. Ottenuta l’apertura di credito dall’Europa, anche per l’impegno dell’ex ministro Gualtieri, sono aumentati gli appetiti e si è ritenuto che l’operazione non poteva essere portata avanti da quella compagine governativa, ecco il ruolo determinante di Renzi, consapevole che, una volta avviata la crisi, difficile anzi impossibile sarebbe stato ricomporla. Ecco allora la decisone di Mattarella di dare l’incarico a Draghi. Al momento, il patto di non belligeranza è stato siglato ma i partiti non possono sentirsi congelati, verrà il momento i cui saremo chiamati a votare e su cosa si differenzieranno?

La Lega, sotto le mentite spoglie del “moderato” Giorgetti, ritorna al governo e in un ministero chiave. Forza Italia piazza di nuovo Brunetta, portando dentro al governo il peggior nemico di una innovazione vera delle pubbliche amministrazioni, poi la Carfagna al Ministero per il Sud e la coesione territoriale sembra uno scherzo. Franceschini riconfermato ministro, togliendogli la gioia di dilettarsi di turismo e di turisti, e probabilmente la funzione di tutela dei beni culturali e del paesaggio passerà a regioni e prefetture. Senza pudore il PD ha accettato che il nuovo Ministero fosse denominato della Cultura, che non può che ricordarci il drammatico ruolo che un simile ministero svolse nel ventennio fascista.

Forse era questo il compito assegnato a Draghi: perfezionare la subordinazione del sistema politico italiano a tecniche impropriamente definite neutrali, ma che invece esprimono interessi finanziari di grosso calibro. Per farlo ha usato gli stessi meccanismi da Prima Repubblica con l’aumento del numero dei Ministri senza portafoglio, giusto per dare una poltrona a tutti. Si sa poi che questi Ministeri impropri non solo altro che centri di proliferazione normativa, uno dei maggiori mali di cui soffre l’Italia e che in tanti si sono candidati a curare. Il rischio è che questa operazione, da noi considerata poco trasparente, potrebbe non raggiungere gli esiti desiderati e rinfocolare l’antipolitica con tutti i rischi sovversivi che l’accompagnano. Il mandato di Monti era almeno più chiaro: chiudere le casse, smettere di spendere prima di andare in fallimento. Ora invece si spenderà senza chiara ed esplicita decisione politica, con il rischio di aumentare e non diminuire la corruzione.

Il titolo di un programma non fa il testo ma Draghi non ci ha concesso neanche di conoscere questo. Gli interessi sono tanti e le ecomafie sono già da tempo organizzate. È possibile combatterle con questa squadra di governo?

Si sta affermando un’idea aristocratica della Politica che non ci convince. Il Presidente Mattarella ha da sempre mostrato non accondiscendenza verso il Parlamento uscito dal voto del 2018. Ricordiamo che si assunse la responsabilità di bocciare la prima proposta di governo Conte perché nella lista dei ministri c’era il professor Savona, che altro non diceva se non che era necessario invertire la rotta delle politiche europee, cosa oggi avvenuta, mostrando una totale subalternità all’establishment internazionale finanziario non solo europeo. I partiti, i gruppi politici, vecchi e nuovi non si sono mostrati in grado di assolvere al loro mandato e alla sfida che avevano lanciato. L’epopea del Movimento 5 Stelle si è conclusa nel giro di una legislazione e mezza. Il PD è un partito autoreferenziale senza nessun rapporto con ciò che c’è fuori dalle stanze della sua direzione.

La sinistra? Disciolta. I più accorti, ma anche il più semplice elettore, quello che con Draghi o senza Draghi continuerà a guadagnarsi la vita con il proprio lavoro, si sono convinti che in Parlamento non c’è nessuno in grado di rappresentarlo.

Nessuna nostalgia ma bisogna prendere atto della sconfitta e cercare di riprendersi con onore il ruolo e la funzione che compete essenzialmente alla Politica con orgoglio e senza pregiudizio.

1 commento su “Orgoglio senza pregiudizio”

  1. antonio tofani

    Le riflessioni esposte in questo articolo sono tutte giuste, ma si torna sempre alla solita domanda: quale era l’alternativa dopo l’affondo di Renzi? Purtroppo in questa fase non si potevano fare scommesse.

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