Stranamente sulla bocca di tutti l’isola arrossisce per tante attenzioni: sarà Procida la capitale della cultura italiana per il 2022. Vince lo slogan “la cultura non isola”, a comunicarlo è stato il Presidente della giuria Stefano Baia Curioni, le lacrime del Sindaco fanno il giro del web e, così come forse mai era accaduto in passato, la più silenziosa delle tre isole dell’arcipelago campano si ritrova nell’occhio del ciclone, apprezzata e osannata, ma c’è anche chi diffida di tante lusinghe per la preoccupazione di veder snaturata l’indole selvaggia e pacata di un’isola senza tempo.
C’è ovviamente solo da gioire per la notizia, Procida infatti è stata premiata non per la bellezza (o meglio non esclusivamente per questo) ma per la capacità di progetti da attuare, per la poeticità che trasmette l’isola e per mandare un messaggio chiaro: l’arte, la cultura arrivano ovunque ed è per questo che “la cultura non isola”. Ma per capire meglio l’essenza di questo luogo serve andare oltre l’impatto visivo.
Prima di approdare sull’isoletta i colori delle case sembrano catapultarci sulla tavolozza di un pittore, con quell’architettura tipicamente mediterranea, quei colori in realtà servono o servivano soprattutto ai procidani, naviganti da almeno due secoli, che tornando sulla terraferma vedevano in quei colori la sicurezza di avercela fatta in mare. Per conoscere Procida non è sufficiente leggere L’isola di Arturo di Elsa Morante, tantomeno vedere Il Postino di Troisi, bisogna camminare tra le stradine strette e sgarrupate, perdersi negli occhi degli artigiani locali, in lavori che nelle grandi metropoli quasi non esistono più, spalancare le narici a quei profumi che escono da salumerie chiuse in 3 metri quadrati, o salire in cima sino al Palazzo d’Avalos, perché a Procida anche un ex carcere sa essere poetico e nostalgico. L’identità dell’isola è unica, sarebbe banale elencare le sue bellezze in quanto cadremmo in una spoetizzante lista della spesa. L’anima vera di questo posto è fragile, delicata, sospesa nel tempo e lontana dalle ansie della vita quotidiana. Se l’isola avesse una voce sarebbe indubbiamente quella di Massimo Troisi: ironica, nostalgica, profonda. Ed è forse per questo che chi vive l’isola da sempre, la custodisce gelosamente con la paura di vedersi invasi in un nido privato, dove solo i pensieri ed i ricordi possono entrare. Procida non ha bisogno di grandi costruzioni, nuovi mega supermercati, auto e rumori. A Procida bisogna supportare e finanziare il silenzio, la calma che la contraddistingue dalla grande Ischia e dalla sfarzosa Capri. Aiutare le piccole realtà esistenti, favorire un turismo rispettoso e non quelle ondate di persone rumorose e avide di tempo; prima di mettere piede sulla terraferma sarebbe opportuno conservare gli orologi per godersi la vita lontana dagli appuntamenti e dalle scadenze; è così che continuano a vivere molti procidani ed è in questo che risiede la loro unicità.
Speriamo che questi fondi servano per il restauro di moltissimi edifici d’epoca, per il miglioramento dei trasporti in loco e per agevolare il collegamento con la città di Napoli, per favorire spostamenti ecologici e sostenibili, per supportare l’economia locale, pescatori e artigiani, adattandoci noi a loro e non loro costretti ad inseguire le nostre logiche matte e frenetiche. Lasciamo lontano da Procida i grandi blocchi di cemento, gli alberghi super costosi e i fast food che sicuramente non servono. Sarebbe uno schiaffo ai tanti ristoratori che cucinano come solo i mediterranei, quelli veri, sanno fare. Che resti dunque la Procida della processione dei misteri con gli isolani commossi e i carri allegorici con le rappresentazioni del Vecchio e Nuovo Testamento, l’isola della Chiesa Santa Maria della Pietà e San Giovanni Battista dove, se ci camminiamo alle prime ore del mattino, possiamo sentire il brusio delle anziane signore che pregano con devozione, la Procida dalla sabbia appiccicosa nera e vulcanica. Che sia una vittoria della cultura rispettosa del posto, perché in un mondo che va veloce e senza regole un luogo “sacro” serve a tutti.
Procida è un’isola stupenda, sicuramente ha poco da invidiare alle più gettonate Mykonos o Santorini, ed è l’ideale per quello che dovrà forzatamente essere d’ora in poi il turismo, quanto più possibile di prossimità. La sua gente è riservata e poco incline a buttarsi nelle mani dei Conquistadores, ma ci narra la storia della marineria, dei riti religiosi, della natura incontaminata, dei colori, dei limoni e delle granite inimitabili. Io la amo e spero che rimanga candida come sempre, ma certamente questa vittoria non può che portare sviluppo e benessere.