«Natale, la festa della nascita di Gesù, è una sorta di porta d’ingresso al mondo cristiano. È un portale bello e ricco, quasi una porta magica. Dietro questa porta c’è del misterioso, qualcosa delle fiabe delle Mille e una notte. Anche in questo caso il tutto si svolge in Oriente, tra re orientali, carovane con cammelli, una stella sconosciuta e la fragranza delle spezie di paesi lontani. A prescindere da queste immagini auree da sogno di un giorno lontano misteriosamente radioso, Natale offre all’uomo d’oggi un incanto molto concreto: un mondo illuminato dallo sfavillio di tante luci, con l’odore di abeti e canti natalizi; e così copre per una sera o per alcuni giorni le innumerevoli miserie esteriori e interiori dell’uomo con lo splendore di angeli. E questi angeli annunziano una grande gioia.» Così scriveva la teologa Uta Ranke-Heinemann in un suo libro di qualche anno fa, Così non sia. Introduzione al dubbio di fede, edito in Italia da Rizzoli. Un testo che, come viene scritto nella presentazione del volume, rappresenta un’“appassionante e provocatoria analisi condotta dall’autrice sugli scottanti problemi teologici che hanno dilaniato e continuano a dilaniare le coscienze dei cristiani”.
È un racconto, quello della nascita di Gesù, che nel tempo ha assunto una notevole importanza per lo sviluppo della devozione cristiana e del conseguente calendario celebrativo. Intorno alla data del 25 dicembre è stato costruito un intero apparato liturgico. Basta ricordare la data del 25 marzo, in cui ricorre la festa dell’Annunciazione, preceduta dalle quatto settimane dell’Avvento e che viene fatta coincidere esattamente nove mesi prima del Natale, nel ricordo del concepimento di Gesù. Seguono, ad esempio, il primo gennaio, Capodanno, che ci ricorda la Circoncisione del Messia o il 6 gennaio, giorno dell’Epifania.
È questo anche il periodo in cui tutta una serie di “esperti del settore” ritornano a ribadire, attraverso i media o in private discussioni, l’origine leggendaria del Natale, crogiolandosi nel citare i problemi storici che ci vengono posti dai Vangeli. Viene, a tal proposito, spesso riproposta l’argomentazione secondo la quale Gesù non sarebbe altro che una rielaborazione degli uomini-dei del paganesimo. Paralleli fantastici su profezie messianiche, immacolate concezioni, madre vergini, pastori e re magi, spuntano un po’ dovunque.
Caso emblematico è la teoria secondo la quale la biografia del Cristo nascerebbe da una sorta di assortimento di speculazioni astrologiche e mitologiche riconducibili ad un culto misterico pagano, basato soprattutto sull’antica religione del mitraismo. Il dio persiano Mitra, viene affermato frequentemente con assoluta certezza, sarebbe nato esattamente il 25 dicembre, anch’egli da una vergine.
Il problema sarebbe tranquillamente risolvibile nel momento in cui dovessimo chiedere al nostro interlocutore la fonte di tali informazioni. Bart D. Ehrman, che dirige il Dipartimento di studi religiosi dell’Università del North Carolina, autorevole studioso del Nuovo Testamento e della Chiesa delle origini, afferma nel suo libro, Gesù è davvero esistito? Un’inchiesta storica: «Gli studiosi dei misteri mitraici non hanno difficoltà ad ammettere che, come per la maggior parte delle religioni misteriche, non sappiamo molto del mitraismo… I mitraisti non hanno lasciato libri per spiegare quali fossero i loro riti e le loro credenze. Quasi tutte le testimonianze in nostro possesso sono prove archeologiche… Purtroppo non abbiamo testi mitraici che ne diano una spiegazione, e tanto meno testimonianze secondo cui il dio Mitra sarebbe nato da una vergine il 25 dicembre e sarebbe morto per espiare i peccati, per poi risorgere di domenica.»
Ehrman elenca diversi esempi di “asserzioni miticiste” simili a quella appena esposta. Tra le tante quella che, scrive, troviamo in un classico del settore, The World’s Sixteen Crucified Saviors: Christianity Before Christ, scritto nel 1875 da Kersey Graves. In questo lavoro si asserisce che aspetti della vita di Krishna, Buddha, Baal della Fenicia, Tammuz della Siria, Mitra della Persia, Cadmo della Grecia, Maometto dell’Arabia, ecc. corrisponderebbero fin nei minimi particolari a quella di Gesù! La conclusione dello studioso è che «l’elemento forse più straordinario di tutti questi stupefacenti paralleli con le asserzioni cristiane su Gesù è il fatto altrettanto stupefacente che Graves non fornisca alcuna documentazione per nessuno di essi… Graves non nomina le fonti da cui ha tratto le sue affermazioni che troviamo in tutti i testi miticisti, compresi quelli di autori contemporanei che scrivono centocinquant’anni dopo. E come nel libro di Graves, le asserzioni sono quasi sempre campate in aria». Inoltre, continua, «sembra che i miticisti non lo sappiano, ma l’opinione un tempo condivisa che gli dei di morte e rinascita fossero diffusi nell’antico mondo pagano è caduta in disgrazia tra gli studiosi. Per la divulgazione di tale idea nessuno fu più determinante di Sir James George Frazer (1854-1941) … Il suo autorevole libro, Il ramo d’oro, ebbe molte edizioni e di volta in volta subì notevoli ampliamenti… Pensava che i cristiani avessero ripreso tali caratterizzazioni tipicamente pagane e le avessero applicate ai loro miti su Gesù. Per anni questa teoria degli dei pagani è stata ampiamente condivisa in certi ambienti, ma verso la fine del XX secolo è andata incontro a una critica corrosiva». Eppure, il testo di Frazer, ancora oggi, è citato da molti testi miticisti come fonte autorevole.
Naturalmente ogni esegeta che si rispetti è ben consapevole che alcuni racconti presenti nel testo biblico menzionano eventi storicamente poco attendibili e motivati da ragioni teologiche, ma tutto questo, insieme ai tentativi deboli e poco pertinenti di voler attribuire all’intero evento storico legato alla figura di Gesù origini di carattere leggendario, non può svuotare il contenuto del messaggio e della festa del Natale.
Hans Küng, uno dei più noti teologi contemporanei, riferendosi a tali argomenti, scrive in un suo famoso saggio, Essere cristiani, che “è evidente che non ci troviamo di fronte a resoconti di carattere storico”, e che ci troviamo di fronte a “racconti concepiti in funzione della professione di fede e dell’annuncio”, ma deve essere chiaro che “in quanto connessi all’annuncio e alla professione di fede, essi vogliono comunicare principalmente non una verità storica, ma una verità salvifica: il messaggio della salvezza degli uomini in Gesù. E questo messaggio assume, espresso in forma di storia natalizia (leggendaria nei particolari) del bambino deposto nella greppia di Betlemme, un’evidenza e quindi un’efficacia ben maggiori di un ineccepibile certificato di nascita specificante data e luogo.”