Il vaccino anti-Covid continua ad occupare le nostre conversazioni familiari, sia in presenza che da remoto. Si discute soprattutto l’approccio alla vaccinazione di politici e sanitari. Quanto ai primi, quasi tutti dichiarano che si sottoporranno alla vaccinazione per dare un esempio di convivenza civile. Alcuni ne faranno addirittura un rito immolandosi pubblicamente in diretta televisiva secondo il copione dettato dai colleghi anglo-americani. Salvini e Meloni si atterranno invece nientemeno che al parere del loro medico. Di quale medico, poi? Del medico di base o del loro medico personale? Si tratta in ogni caso, quanto è ingiusta la vita, di persone che devono evidentemente saperne molto di più delle falangi di esperti di fama mondiale e nazionale che si sono pronunciati in proposito. Ma questi espedienti da quattro soldi, volti esclusivamente a trattenere le simpatie dei negazionisti che infestano i due partiti della destra estrema, non scandalizzeranno più di tanto il loro elettorato, che continuerà supinamente a tributare loro un consenso vicino al 40%.
Per quanto invece riguarda il personale sanitario, medici e infermieri, si discute nelle sedi istituzionali ed in seno alle loro rappresentanze di categoria sull’opportunità di rendere la vaccinazione obbligatoria. Porre un obbligo di legge sembra a molti improponibile in un Paese che rispetta le libertà individuali fino al punto di tollerare anche la libertà di evadere il fisco. Se è ammessa l’obiezione di coscienza per i ginecologi che si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza provocando i disagi di cui sappiamo, come si può imporre di vaccinarsi a un medico che sosterrà, tra l’altro, di essere ben in grado di proteggere i suoi pazienti e i suoi assistiti? Argomentazione valida per i medici, ma poco tranquillizzante per i pazienti i quali potrebbero legittimamente pretendere di sapere se il loro medico si è vaccinato o meno, un po’ per farsi visitare in sicurezza e un po’ per essere orientati a loro volta nella scelta immunitaria. E quindi non sarebbe errato, lasciando loro la massima libertà, stabilire che i medici vaccinati esibissero un segno distintivo leggibile che potesse rassicurare i pazienti più timorosi sottraendoli all’imbarazzo di doverglielo chiedere. La segnalazione, ben visibile, dovrebbe precisare la data di vaccinazione ed il vaccino utilizzato, giusto per consentire al paziente di controllare se il medico sia prossimo alla scadenza vaccinatoria o addirittura sia già scaduta.
Per fortuna non mancano notizie di cronaca capaci di spezzare la monotonia che comincia a toccare anche l’argomento vaccinazione in attesa di sorprese quali, ad esempio, possibili assalti della criminalità ai TIR che trasportano il prezioso salvavita, per trafugarlo e venderlo al mercato nero. In attesa di simili eventi, al momento solo ipotizzabili ma verosimili, ci siamo divertiti non poco con la notizia più sorprendente della settimana. La prima sorpresa è che De Luca abbia deciso di far dono di presepi napoletani “alla maniera del ‘700” a tutti i suoi colleghi presidenti di regioni e di province autonome. De Luca che regala presepi è già di per sé una sorpresa visto che abitualmente elargisce ben altro. Quello inviato al presidente Attilio Fontana, assorto generalmente in problemi esistenziali da cui l’espressione spiritata cui ci ha abituati, è stato da lui inoltrato, per competenza, alla sua assessora al Turismo, Marketing e Moda, Lara Magoni. E qui ecco la seconda sorpresa. Non se ne conoscono i motivi, ma la Magoni ha rifiutato la donazione commettendo in tal modo uno sgarbo che, possiamo esserne certi, il sarcastico donatore non mancherà di commentare. Forse l’assessora ha trovato sconveniente dover esporre al pubblico un’opera estranea alla più pura tradizione artigianale brianzola e quindi sostanzialmente “immigrata”. O forse ha provato lo stesso inquieto stupore che provarono i troiani alla vista del cavallone di legno. Un dono di De Luca non promette niente di buono e potrebbe nascondere una trappola: pastori infettati per accrescere i contagi in Lombardia e potersi poi vantare di aver fatto meglio o chissà quale altra diavoleria. Fatto sta che il presepe è stato poi proposto da De Luca al sindaco di Bergamo, Giorgio Gori che l’ha accolto con entusiasmo, così come già avvenuto per i presidenti, tutti di parte avversa, del Piemonte, del Veneto e della Sicilia. Vedremo come si comporteranno la Sicilia e le altre regioni governate dal centrodestra, ma è ormai chiaro che la Giunta leghista della Lombardia, dopo il fallimento totale nella lotta al virus, dovrebbe tornarsene buona buona sul suo presepe, lì nel ricco varesotto, regalando al Paese il suo “splendido isolamento”.