Diario di un “sorvegliato speciale”: 22 dicembre

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Si avvicina pericolosamente il Natale. Cedendo alle istanze del cuore, trascorreremo la vigilia in cinque adulti più due bambini. Pensiamo con disappunto a chi, avendo sconsideratamente messo al mondo cinque o più rampolli, sarà costretto per stare con i nonni a fare sei viaggi in auto, tre all’andata e tre al ritorno: ci sarà una mezz’ora nella quale abbuffarsi e poi via con il primo viaggio di ritorno.

Ma anche per chi, come nella nostra famiglia, ha proliferato in maniera contenuta, bisognerà fare presto per rientrare nel limite orario delle 22. Era quindi forte la tentazione di organizzare più che il tradizionale cenone, una cena senza troppe pretese, praticamente uno spuntino in modo da chiudere la pratica in pochi minuti e lasciare il tempo residuo all’apertura dei doni che, ahimè, è ormai l’unico, vero scopo del Natale. Babbo Natale infatti l’ha avuta vinta su Gesù Bambino: fa più impressione il papà che bussa alla porta sotto le mentite spoglie di Babbo Natale che porta i doni, piuttosto che un papà che bussa alla porta travestito da Gesù che porta in dono la salvezza del mondo.

Ma alla fine abbiamo deciso di cedere anche alle istanze della gola e della tradizione ed avremo quindi un cenone di compromesso. Escluse le vongole perché acquistarle nella calca che si forma intorno ai pescivendoli la mattina del 24 è troppo rischioso, ci accontenteremo di simulare la loro presenza servendo spaghetti (meglio vermicelli) aglio, olio e peperoncino che non a caso venivano definiti, in un passato non troppo lontano, da chi non poteva permettersi i costosi molluschi, “vermicelli con le vongole scappate”. Assente per le stesse ragioni anche il capitone che, tanto per restare alle rievocazioni, le famiglie snob degli anni ‘50 chiamavano “comacchio” dal nome della località emiliana in cui viene tuttora allevato. Restano nel menù il baccalà (fritto e in bianco) e l’insalata di rinforzo che, quanto ad effluvi maleodoranti, bastano e avanzano anche senza quelli del capitone fritto. Seguono poi fichi secchi e “ciociole” o “ciuciunarìe” (cioè castagne del prete e semi vari, come noci, nocciole, mandorle che ben si prestavano un tempo ad essere consumati nel corso delle conversazioni conviviali, da cui il nome dialettale). Ed infine roccocò e mustacciuoli, nonché il panettone (rigorosamente completo di canditi e uvetta), immigrato ormai da decenni e quindi napoletano “naturalizzato”. Spietatamente banditi pandoro e panettone senza canditi.

Ci sarà ovviamente l’impaccio della mascherina, sull’uso più appropriato della quale si è aperta una discussione tra chi propone di toglierla durante la cena e chi invece sostiene di tenersela abbassandola solo per consentire l’ingestione del cibo e la pulizia delle labbra. Ha vinto la prima opzione perché con la seconda si sarebbero consumate decine e decine di mascherine fra quelle imbrattate per caso e quelle distrattamente usate al posto dei tovaglioli.

Questo, grossomodo, il programma. Se riusciamo a finire la cena in tempi ristretti, si potrà azzardare anche una “tombolella” avendo però cura di disinfettare, ad ogni cambio di mano, sia il “panariello” che i numeretti (solo quelli già estratti, per fortuna) e ovviamente le monete per l’acquisto delle cartelle. Naturalmente senza eccedere in facezie: l’allegria è contagiosa per definizione. Chiusura della serata non oltre le nove e mezza dopo una rapida apertura dei regali senza neppure controllare se la misura delle pantofole e la taglia del pigiama sono giuste. Attenderemo poi da soli la mezzanotte e forse ritroveremo quel senso di raccoglimento che ti fa rivivere, per un attimo, l’incanto col quale da bambino deponevi allo scoccare dell’orologio il Bambino Gesù nella mangiatoia.  

2 commenti su “Diario di un “sorvegliato speciale”: 22 dicembre”

  1. Molto gustosa la descrizione del cenone ai tempi del Covid immaginata da Elio. Speriamo di riuscire a trovare tutti il giusto equilibrio tra le misure di sicurezza, che vanno assolutamente rispettate, e la gestione degli affetti che sono poi la cosa più importante della vita, particolarmente in queste occasioni. Augurando tre semplici cose: responsabilità, normalità e serenità … Buon Natale a tutti!

  2. elio mottola

    Speriamo soprattutto di sentire il sapore di ciò che mangeremo che mi sembra la cosa più importante.e

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