Le cose non vanno bene, ma è nata la speranza del vaccino anti-covid. La vaccinazione antinfluenzale è invece in corso, anche se in misura ben lontana dalla diffusione generalizzata che ci si augurava. Il mio fruttivendolo di fiducia mi ha chiesto qualche giorno fa, con aria bonariamente provocatoria: “Dutto’, ma che d’è sta campagna vagginale?”. In precedenza già altri miei fornitori, che mi considerano un uomo di spirito, mi avevano interpellato su analoghe questioni sanitarie: “Dutto’, ma cu sti’mmesur’astringenti s’adda sta accuort’ chi è stitico?” Oppure: “Dutto’, ma che s’adda fa dopp’o test antigienico? Che s’adda pulezza’?”. Legittime preoccupazioni, manifestate con allegria tanto per alleggerire il clima, difronte alle quali non posso che invitare i miei interlocutori ad informarsi: ci sono tanti esperti in televisione. Mi obiettano che sono troppi e dicono cose diverse. Allora suggerisco loro di ascoltare quelli che seguo anch’io, il prof. Galli e il prof. Crisanti anche se quest’ultimo scoraggia un po’, perché da Crisanti a crisantemi il passo è breve (1).
Ma tornando al vaccino prossimo venturo non mi abbandona l’idea malsana che sarebbe giusto negarlo ai negazionisti. Anche i pronto soccorso (e non i “pronti soccorso”, “i pronto soccorsi” e “i pronti soccorsi”, plurali scombinati che hanno imperversato sin dall’inizio della pandemia) dovrebbero negarsi ai negazionisti. Proprio il timore di essere respinto dal pronto soccorso di Porto Cervo ha evidentemente indotto il negazionista Briatore a rivolgersi al prof. Zangrillo quando non si è sentito tanto bene. Ma, per una alchimia congiunta della lingua italiana e dell’algebra (due negazioni affermano; il risultato del prodotto di due numeri negativi è positivo, se ben ricordo), i due negazionisti si sono guardati in faccia e hanno dovuto riconoscere l’esistenza del covid. Per nascondere la quale si sono inventata, come tutti ricorderanno, la ridicola scappatoia della prostata.
Intanto, mentre il plurale di pronto soccorso ha finalmente trovato una dignitosa sistemazione, in molti continuano ad infierire sulla lingua italiana senza che nessuno vi si opponga. Il governatore Toti insiste, insieme a molti altri, nell’uso della parola “anedottica”, mentre la parola “prosieguo” non trova uno speaker disposto a scandirla correttamente e quindi vengono fuori un “proseguo” o un “proseguio” insopportabili.
Molti si rifugiano quindi a testa bassa nella lingua inglese che non va tanto per il sottile. E però non è stato facile per mia moglie e per me digerire un medico calabrese che nel corso di un’intervista ha parlato di un “misunderstanding” invece di usare uno dei tanti termini italiani corrispondenti, che vanno dal classicheggiante “qui pro quo” fino al “malinteso” o all’ “equivoco”, tutti più brevi e comprensibili. Cosa dire? Evitate di ammalarvi in Calabria: potreste incappare in qualche “mistake”.
- Questa è di mia figlia, autentico genio dei “calembours” che poi altro non sono che i nostri “giochi di parole”; l’uso di una lingua straniera in questo caso è, però, più che giustificato: il francese è sempre elegante e non esiste in italiano altra traduzione che quella, piuttosto lunga, qui adottata.
Uno humor sempre misurato ma efficace, che ci aiuta a ritrovare il sorriso in questi momenti bui.