Famiglie divise*

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Foto di Alberto Casetta per https://unsplash.com/

Anche chi non è un maniaco del piccolo schermo, è sicuramente al corrente della pletora di maghi, pranoterapeuti, parapsicologi e varia umanità che pubblicizza una merce sempre molto richiesta: la felicità. Tutti costoro offrono a modico prezzo il segreto della felicità, il segreto della ricchezza, il segreto dell’amore, insomma tutta la varia mercanzia che la credulità umana è sempre disposta ad acquistare. Certi gruppi settari non sono da meno. I loro esponenti sanno bene che di tale richiesta non vi sarà mai penuria, pertanto se ne fanno pingui distributori.

Ma chiediamoci: cosa accade in una famiglia, in cui tutti i membri apparten­gono ad uno stesso gruppo settario, quando uno dei componenti decide di abbandonare il movimento in seguito a un’attenta riflessione critica sull’ideologia, che lo porta a dissentire profondamente dalla scelta di fede fatta in precedenza? La situazione varia a seconda del movimento cui appar­tiene la famiglia in questione: vi sono infatti gruppi per i quali la frizione, conseguente all’abbandono di un fa­miliare, tra chi è ancora fedele al movimento e chi lo abbandona è limitata e non comporta una crisi familiare di particolare ri­lievo, mentre nel caso di altri movimenti scoppiano autentiche trage­die quando in una famiglia di adepti qualcuno abiura.

Certi gruppi settari ritengono che gli adepti farebbero progressi più rapidi se i coniugi fedeli fossero separati dagli “increduli”; il che comporterebbe ovviamente una maggiore dipendenza degli affiliati dal gruppo. Quindi ci chiediamo: come può sopravvivere l’armonia familiare, quando viene meno il cemento dell’unità spirituale (quindi morale e ideale) tra i mem­bri di una famiglia religiosamente divisa? I mariti o le mogli affiliati a un movimento forse continuano a vivere in casa, ma smettono di fidarsi del partner “incredulo” o di esaminare seriamente le questioni importanti con lui; talvolta perdono ogni interesse a comportarsi come una coppia vera: i loro pensieri sono tutti concentrati sulla nuova “verità” e quasi tutto il tempo libero è dedicato alle attività del movimento o ad altri adepti, i quali – secondo loro – “capiscono veramente” in una maniera che il partner “incredulo” non riesce a fare. Il risvolto della medaglia è che proprio il partner “incredulo” o “apostata” è il più angosciato per il fatto che spesso non ha nessuno con cui parlare della nuova situazione creatasi in seguito all’affiliazione settaria del coniuge!

Né si possono trascura altri due particolari tipi di sofferenza: quella subìta dai fanciulli che vivono in famiglie dove i genitori sono religiosamente divisi, e quella sofferta dai ragazzi che non condividono le scelte religiose dei genitori affi­liati a gruppi settari.

Nel primo caso, cioè quando in una famiglia uno solo dei co­niugi aderisce a un gruppo settario, il figlio tende a non schierarsi, di solito, a favore di uno dei due geni­tori, anzi spera ardentemente che i genitori tornino a essere uniti in materia religiosa. Tale neutralità dura fino a quando il genitore affiliato al movimento, spesso su sollecitazione esplicita delle nuove guide religiose, inizia un “gioco” distruttivo dell’immagine dell’altro coniuge agli occhi del figlio ignaro, il quale viene così istigato a parteggiare per il genitore settario apren­dosi in tal modo anche all’influenza del movimento. In questi casi il rischio è che esplodano reazioni incontrollate da parte del fan­ciullo così condizionato,

Nel secondo caso, quando cioè un figlio non condivide la scelta dei genitori di aderire a un gruppo settario, può accadere che un ragazzo maturi il desiderio di lasciare addirittura la propria casa. In certi casi la soffe­renza di ragazzi del genere è tale da mettere in discussione una serena sopravvivenza nel contesto familiare, a quel punto espri­mere la volontà di lasciare la famiglia è un pensiero sano e sin­tomo di maturità. Ma, si badi bene, se un tale tipo di ragazzo at­tuasse questo proposito, cioè quello di “farsi giustizia da sé”, ciò costituirebbe una grande ingiustizia: se un adolescente ha pro­blemi gravi e irrecuperabili con la propria famiglia, è necessario che gli si trovi un’altra sistemazione; ci vogliono anni di delusioni e sofferenze per convincere un ragazzo a prendere in se­ria considerazione l’opportunità di staccarsi dai genitori. Pur­troppo questa evenienza non è rara nel mondo dei gruppi settari; come ha scritto Ludwig Börne, “perdere un’illusione rende più saggi che trovare una verità”.

* Tratto da S. Pollina – A. Aveta, Movimenti religiosi alternativi, LEV – Città del Vaticano 1998

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