In linea di massima, la possibilità di prendere una decisione in qualunque campo e di risolvere un qualsiasi conflitto dipende dalla capacità di escludere, innanzitutto, quelle soluzioni che, con ogni evidenza, non sono in armonia con la nostra scala di valori e con la nostra personalità. Quando, dopo questa selezione, restano praticabili solo poche soluzioni, scegliere quella giusta diventa un problema alquanto semplice. Comunque, meno scelte si devono fare, più facilmente si prova una sensazione di benessere e di soddisfazione. Quanto minore è la capacità di una persona di risolvere i propri conflitti interiori, o quelli che si determinano tra i suoi desideri e le esigenze poste dall’ambiente sociale, tanto più egli è esposto al rischio di coinvolgimento in un sistema sociale settario in cui avrà la sensazione di trovare facilmente la risposta a qualsiasi nuovo problema gli si pari davanti.
Chi vive in un sistema sociale settario arriva al punto di farsi guidare dalle regole del movimento nella maggior parte delle proprie azioni: egli si affiderà ai “consigli” offerti dal gruppo nel decidere, per esempio, come soddisfare i propri desideri sessuali, quindi neppure la sua vita sessuale riuscirà a dargli la sensazione di essere veramente un individuo. L’aspetto più preoccupante di un sistema sociale settario risiede nel fatto che gli adepti non reagiscono più in modo spontaneo e autonomo alle vicende della loro vita, ma sono pronte ad accettare senza critiche le soluzioni proposte da altri. Il sistema sociale settario, come tutti i sistemi sociali, ha specifiche funzioni capaci di proteggerne l’integrità e di realizzarne gli obiettivi; esse sono: la trasformazione, il controllo, la retroazione e il controllo del confine.
Il processo di accettazione acritica, cui abbiamo fatto cenno, comincia di solito con le cose esteriori, ma spesso non si ferma qui, dato che la vita esteriore e quella interiore sono strettamente connesse; così, quando l’adepto comincia a fare affidamento sugli altri per prendere decisioni che riguardano la sua vita esteriore, ben presto adotterà lo stesso atteggiamento anche nei confronti dei propri conflitti interiori. Quando si afferma un siffatto stato di disintegrazione, non vi sono altri freni capaci di rallentare una rapida trasformazione.
La trasformazione è la funzione che consente al gruppo di perseguire il suo obiettivo primario, cioè la definizione della propria identità. È per questa identità che gli adepti si dedicano all’attività di proselitismo: essi stessi sono motivati solo dal bisogno impellente di impegnarsi nel movimento; di loro iniziativa non tenderebbero ad andare in giro a fare proseliti a favore del gruppo, ma come parti del sistema si conformano ad agire in funzione degli obiettivi del gruppo. L’impegno al proselitismo garantisce più consistenza e più forza al gruppo e conferisce pure legittimità all’ideologia propria del movimento, rafforzando quindi l’impegno degli affiliati veterani. In altri termini, ogni nuova conversione può essere vista da parte del singolo propagandista non tanto e non solo come un successo personale, quanto piuttosto come conferma della validità del messaggio che egli va portando in giro “nel mondo”; così come può essere interpretata dal gruppo di appartenenza in termini di benefici collettivi: più crescono i membri, maggiore sarà la quantità di energie e di tempo disponibile per incrementare il numero dei proseliti e allargare il campo di diffusione del gruppo. Non a caso certi movimenti sono molto attenti nello stilare statistiche che documentano la loro crescita nel mondo.
Da una parte il gruppo è fortemente seducente nel suo tentativo di attirare nuovi adepti, dall’altra esso chiede la rottura dei precedenti legami sociali e una modificazione nella visione del mondo, propria del convertito. Così, quando tutte le risorse del gruppo si concentrano sull’individuo, è notevole il potenziale per lacerare il tessuto della sua stabilità psicologica: potrebbero derivarne sintomi di disagio psichico in persone con nessun precedente di disturbi mentali o d’instabilità psichica. Questi sintomi potrebbero scaturire più dal conflitto fra bisogni del convertito e richieste del gruppo che non da una latente compromissione psicologica dell’adepto: dissociazioni psichiche, reazioni patologiche di adattamento, gravi disturbi depressivi, brevi psicosi reattive e disturbi paranoici di natura psicotica possono essere prodotti dal gruppo mentre le sue forze si mobilitano per realizzare la funzione di trasformazione. Ogni seguace incontrato da chi sta per convertirsi contribuisce alla indiscutibile affermazione della giustezza della posizione del gruppo, accrescendone quindi la capacità di trasformare il simpatizzante.
* Tratto da S. Pollina – A. Aveta, Movimenti religiosi alternativi, LEV – Città del Vaticano 1998