L’antipatia al potere

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Alle volte ci si chiede se l’aspetto fisico di un leader politico, il suo modo di porgersi, il suo atteggiamento possano influire sul consenso popolare che si raccoglie intorno alla sua figura e ciò a prescindere dalla linea politica o dall’ideologia cui si ispira. La risposta non può che essere affermativa. Come poteva non piacere alla maggioranza degli americani nei primi anni ‘60 J.F. Kennedy col suo piglio schietto e positivo e con la giovane età che lo distingueva da tutti i candidati alla Casa Bianca che lo avevano preceduto? Come dimenticare il sentimento di fiducia e la voglia di pacificazione che accompagnarono la vita politica di Enrico Berlinguer?

Ma è purtroppo vero anche il caso opposto. Senza voler scomodare la fisiognomica, pseudoscienza secondo cui sarebbe possibile dedurre il carattere di un individuo dai tratti del volto e dalla forma del cranio, dottrina oggi giustamente ridimensionata dopo le colossali sviste di cui si è resa responsabile, non ci si spiega perché personaggi difficilmente ascrivibili alla schiera dei politici “simpatici”, come Mussolini e Hitler, abbiano raggiunto il potere nei rispettivi paesi tramite un ampio consenso popolare. Certo, negli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso i mezzi di comunicazione avevano una portata molto limitata. Pochi potevano sapere come il labbro sprezzante e la mascella volitiva dell’amatissimo duce fossero il frutto di una deliberata scelta mimica. Né i tedeschi avevano modo di cogliere la torva freddezza dello sguardo del fuhrer. Così come i russi non potevano leggere negli occhi di Stalin il velo dell’ipocondria.

Nel corso dei decenni postbellici però l’esposizione dei politici ai media ed in particolare alla televisione si è andata progressivamente ampliando fino a rendere percettibile ogni loro atteggiamento ed ogni reazione emotiva. Anche le notizie e le indiscrezioni sulla vita privata dei politici trovavano nei media sempre maggiore spazio. Cresceva anche il grado di istruzione degli elettori, tanto da far supporre che la maggioranza di loro fosse finalmente entrata in possesso degli strumenti critici per giudicare i politici non solo dai loro comportamenti ma anche dai programmi che proponevano di realizzare.

Non è stato così. I milioni di americani che proclamarono presidente negli U.S.A. George Walker Bush non potevano essersi fatta di lui un’idea diversa da quella di un figlio di papà un po’ gigione e intellettualmente non raffinato. Il tempo ha poi dimostrato come la sua inconsistenza politica abbia permesso ai più bassi interessi militaristi di innescare una spirale bellica e terroristica tuttora in corso. La cosa più simpatica che si può ricordare di Bush è il sorriso infantile esibito durante il rapido balzo laterale fatto per sottrarsi allo scarpone lanciatogli durante una conferenza.

Oggi ci tocca osservare come le scelte degli elettori si siano orientate in maniera non dissimile dal passato: le preferenze, in tutto il mondo, vanno a personaggi antipatici, arroganti e spesso addirittura sprezzanti, Orban in Ungheria, Morawiecki in Polonia, Erdogan, Putin e poi The Donald! Agli americani non è bastato sapere delle accuse di frode fiscale rivolte a Trump (in America, dove lo stesso reato portò all’arresto di Al Capone), né che da imprenditore egli fosse vicino al fallimento, né che, come si dibatte ancora, abbia vinto le elezioni grazie alla disinformazione. Ma soprattutto non è bastato vederlo nei suoi atteggiamenti boriosi. Se il suo consenso oggi vacilla è per la colpevole sottovalutazione del Covid-19 e per l‘assurdo silenzio sui comportamenti criminali di non pochi poliziotti razzisti. L’atteggiamento di incredulità difronte alla pandemia sarà probabilmente il motivo per il quale anche Bolsonaro, ultimo arrivato nella galleria dei politici autoreferenziali, non vincerà le prossime elezioni, sempre che ci siano perché in Sud America non di rado saltano.

Sta di fatto che gli atteggiamenti autoreferenziali, antipatici, coincidono quasi sempre con comportamenti intransigenti che prima o poi danno luogo a regimi illiberali. È ciò che sta avvenendo in Turchia, in Ungheria e in Russia, paesi dove la democrazia non si è mai affermata compiutamente e comunque molto meno di quanto sia avvenuto in occidente, dove pure lascia spesso a desiderare.  

Qui da noi ci sono voluti vent’anni per ricondurre Berlusconi alla dimensione di imprenditore megalomane, con discussi contatti con ambienti mafiosi, indotto a scendere in politica anche per sostenere le sue aziende. Non so quanti oggi siano disposti a dire che Berlusconi è simpatico: forse lo era quando raccontava barzellette, alcune delle quali non erano niente male. D’altra parte il protettore politico di Berlusconi fu un certo Craxi che non irradiava simpatia: non ebbe consensi plebiscitari ma dominò ugualmente la politica italiana negli anni Ottanta. E pure, dopo la rivelazione farlocca di un vulnus deliberatamente inflitto a Berlusconi con una ingiusta condanna, qualcuno ne propone, a titolo di “doveroso” risarcimento, la nomina a senatore a vita, la massima onorificenza prevista dal nostro ordinamento.

Negli ultimi tempi gli elettori italiani hanno premiato Salvini che, insieme a Renzi, detiene il record quanto a simpatia spontanea e immediata. Entrambi hanno suscitato grande consenso nella massa degli elettori. Entrambi hanno occupato gli schermi televisivi fino alla nausea. Di entrambi si conoscevano i tentativi adolescenziali e giovanili di raggiungere il successo attraverso la partecipazione a famosi giochi a premi televisivi (Ruota della Fortuna e quant’altro). Entrambi evidentemente pervasi da un’ambizione sconfinata. Un elettore attento anche al linguaggio del corpo avrebbe mai dato il voto a personaggi che esibivano una così sfacciata disinvoltura o faccia tosta che dir si voglia? E invece per un bel po’ di italiani va bene lo stesso. Anzi hanno visto in loro (ma l’illusione per Renzi è già finita ed anche per Salvini dà segni di cedimento) “l’uomo solo al comando”, di cui sentono la mancanza da decenni.   A questi dominatori, stranieri e italiani, delle rispettive scene politiche privi di cordialità occorrerà ricordare che tutti i loro predecessori, senza alcuna eccezione, sono poi usciti di scena in maniera ingloriosa quando non addirittura tragica: prima o poi verrà anche il loro turno.

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