Partiamo da un presupposto, prima di aggrapparci a posizioni ideologiche o politiche: la canapa è sempre stata una pianta medicinale importantissima. Questa pianta ha una storia millenaria, conosciuta sia in Oriente che in Occidente. I Fenici usavano vele di canapa per le loro imbarcazioni nel Mediterraneo, in Cina era il prodotto preferito per i tessuti, mentre negli USA veniva utilizzata per i fogli di carta, prima di iniziare “saggiamente” a disboscare interi boschi per favorire il mercato del legno. I primi a parlare di marijuana furono personaggi di un certo lustro: Marco Polo, Erodoto, Plinio; e giusto per aggiungere una chicca: la prima Bibbia di Gutenberg, parliamo del primo libro stampato in Europa nel 1453, fu stampata su carta di canapa, tra l’altro importata dall’Italia. Agli inizi del ‘900 infatti l’Italia era tra i primi produttori al mondo di canapa. Basti pensare che nel 1940 dedicavamo alla coltura della canapa 90.000 ettari di terra. Incredibile ma vero, producevamo più canapa di quanta se ne produce nel mondo oggi. Cos’è cambiato? Nel 1937 il Marijuana Tax Act diede il colpo di grazia ai coltivatori di canapa. Iniziò una propaganda fatta di menzogne e false teorie scientifiche secondo la quale la marijuana faceva diventare le persone violente o addirittura le faceva impazzire. Di riflesso nel resto del mondo la canapa scompariva e veniva messa al bando dagli Stati. Il proibizionismo becero e bigotto aveva vinto, aiutando il nuovo e fruttuoso business della malavita.
Il dibattito sulle proprietà benefiche di questa pianta è dunque fermo a teorie medievali senza alcuna comprovata analisi scientifica. Oggi il tema della legalizzazione delle droghe leggere è un dibattito complicato nel Bel Paese. Molto spesso le opinioni si dividono in due schieramenti: c’è chi crede sia un atto irresponsabile, che possa portare milioni di giovani all’assuefazione di droghe che, seppur leggere, restano pericolose, e chi invece crede che la legalizzazione sia un tema poco importante dove è inutile spendere soldi ed energie. Ma banalizzare un tema attorno al quale girano fior fior di miliardi sarebbe un grande errore. Questa volta la miccia è stata accesa non da “semplici” cittadini, bensì da 26 parlamentari (la maggioranza appartenenti al M5S, tra tutti Giuseppe Brescia, Elio Lannutti e Barbara Lezzi) che il 25 giugno scorso si sono dati appuntamento sotto Montecitorio insieme ad esponenti di tantissime associazioni, tra cui la più nota “Io Coltivo”, che da mesi si batte per riportare il tema al cento dell’agenda politica. Gli antiproibizionisti si sono radunati davanti al “palazzo del potere” muniti di piantine di marijuana per “auto-denunciarsi”. Un atto che è stato definito “l’inizio di una battaglia di disobbedienza civile”. Attualmente il mercato della malavita per gli stupefacenti in Italia vale 30 miliardi l’anno. La domanda che purtroppo resta senza una riposta è: perché lo Stato non chiude il più grande introito mafioso? A questi 30 Mld si aggiungono purtroppo altri 8,5 miliardi l’anno, fondi stanziati per arrestare non i boss della mafia bensì per portare a processo ragazzetti rei di aver infranto la legge per la coltivazione in casa di 4,5 piantine. Insomma guardiamo il dito dimenticandoci di osservare la luna. Legalizzare un mercato illegale potrebbe seriamente comportare entrate fiscali e nuovi posti di lavoro. Per quanto questa affermazione possa far storcere il naso ai più, la cannabis potrebbe rappresentare una fonte di lucro in termini economici, in uno scenario economicamente preoccupante quale stiamo vivendo dopo l’esperienza Covid-19. Facendo un salto dall’altra parte dell’oceano scopriamo che prima in Uruguay poi in Canada e infine in alcuni stati degli USA dopo la legalizzazione della cannabis sono diminuiti gli arresti e la violenza in generale ha subito un calo notevole. In Colorado, ad esempio, uno stato che conta 5 milioni di abitanti, l’entrata economica in due anni è stata di 1 miliardo di dollari. Ma va sottolineato come il Colorado abbia preso il controllo del mercato della cannabis, introducendo un sistema molto serrato di licenze e tassazione. Secondo il centro studi New Frontier Partners with ArcView Market Research, nel 2016 sempre negli USA il nuovo mercato verde ha portato nelle casse dello stato 998 milioni di dollari di fatturato. Mentre nel 2019 le entrate sono state di 20,1 miliardi di dollari. Ritornando al Vecchio Continente, Francia e Italia sono i paesi che in Europa consumano più marijuana rispetto agli altri. La domanda dunque non dovrebbe essere legalizzare o meno, piuttosto quando legalizzarla e come. Il report europeo sulla cannabis stima che l’apertura dei mercati europei al business della cannabis potrebbe portare nei prossimi dieci anni ad un ricavato di 123 miliardi, di cui 58 spesi nel settore medico-farmaceutico e gli altri 65 ricavati dall’uso ludico. Il mercato attuale in Europa si è aperto esclusivamente al CBD ovvero la cannabis senza principio attivo (thc), esclusivamente utilizzata sotto forma di olii, creme o fiori. Ad oggi il CBD viene utilizzato con prescrizioni mediche come antinfiammatorio, anticonvulsivo, antiemetico, come ansiolitico e antiepilettico. Insomma se la medicina tradizionale si è aperta all’utilizzo della cannabis a scopo medico-curativo forse in un futuro non troppo lontano si potrà passare anche all’uso a scopo ricreativo. Fatto sta che ad oggi il mercato europeo del CBD ha un valore di 2 miliardi di euro. Non ci resta che aspettare la “fumata bianca” delle istituzioni.