La coesione di gruppo come fattore condizionante *

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Le forze psicologiche che modellano i movimenti religiosi alternativi dovrebbero essere compre-se a partire dalla prospettiva del gruppo nel suo insieme; queste forze includono: la coesione di gruppo, la fede condivisa e la coscienza alterata.

Con l’espressione “coesione di gruppo” si definisce il risultato di tutte le forze che agiscono sugli adepti per mantenerli impegnati nel movimento; questa forza psicologica ricopre un importante ruolo nella formazione dei sentimenti, degli atteggiamenti e dei comportamenti individuali: i componenti di un movimento religioso alternativo possono essere molto dipendenti l’uno dall’altro e contare eccessivamente sugli altri associati per un supporto emozionale e decisionale. Per certi gruppi la realtà diventa meno importante della preservazione dei reciproci legami.

I seguaci di gruppi di religiosità alternativa si caratterizzano, di solito, per alcuni tratti psicologici comuni: oltre ad avere un sistema comune di fede, attribuiscono un potere carismatico – a volte divino – alla dirigenza del gruppo; manifestano un elevato livello di coesione sociale; sono fortemente influenzati dalle norme di comportamento del gruppo.

Mentre il sistema comune di fede è alla base del conformismo evidente anche all’osservatore esterno, le riunioni – periodiche e meticolosamente organizzate – fungono da perno per le funzioni del gruppo e ne evidenziano la coesione sociale; infatti lo stato emozionale di un adepto potrebbe essere molto vulnerabile all’interruzione della routinizzazione delle riunioni, sicché l’assenza a un incontro programmato riesce a provocare angoscia. L’atmosfera alle riunioni è molto coesiva, l’osservatore esterno – anche quello più superficiale – noterà forti sentimenti di cameratismo e una coscienza di fede comune quando gli adepti discutono tra loro; un responsabile del gruppo sarà sempre pronto ad ascoltare le espressioni di angoscia di un affiliato, dando implicitamente un aiuto con la sua presenza e con il suo contegno si mostrerà empatico, perfino affettuoso accennando – di norma – a problemi analoghi che altri fedeli sperimentano di tanto in tanto. Il “consulente spirituale” valuterà la situazione dal punto di vista dell’ideologia del gruppo e non minimizzerà mai il bisogno di un adeguato impegno personale nelle attività pretese dai vertici del movimento, inoltre disporrà sempre di esempi per indicare all’adepto come superare problemi simili ai suoi salvaguardando la piena devozione al leader o all’organizzazione.

Nelle sedi dei movimenti religiosi alternativi sollecitudine e intimità, riflessi della coesione del gruppo, sembrano placare ogni espressione di animosità: l’occasionale visitatore viene “bombardato” da parole gentili, manifestazioni di interesse e calorosi sorrisi da parte di persone che non ha mai visto; le sue domande ricevono risposte immediate; ha la sensazione di entrare in un involucro rassicurante, di essere protetto dalle difficoltà delle relazioni col mondo esterno, come traspare dalle testimonianze di chi ha provato gli effetti di queste forze psicologiche. Infatti, sempre più frequenti sono esperienze come la seguente: «Ho conosciuto il movimento quando avevo l’età di dieci anni. Mio padre, dopo un breve periodo di studio personale entrò a far parte in maniera convinta del movimento e, come spesso accade, pian piano tutta la mia famiglia cominciò ad aderirvi. Sono cresciuto all’interno del gruppo essendone completamente assorbito. Era la mia famiglia, erano gli unici miei amici, era l’ideale della mia vita e sarebbe stato anche il principio della mia vita sentimentale. Conobbi quella che poi sarebbe diventata mia moglie all’interno del movimento. Nel 1985 mi sposai secondo il rito del gruppo. La mia esistenza era contrassegnata da una sensazione di tranquillità spirituale. Ero sicuro dell’esistenza di Dio, ne conoscevo il pensiero, i suoi piani divini, conoscevo la storia dell’umanità, le sue origini e soprattutto ne conoscevo il futuro. Sapevo che tra non molto il mondo intero sarebbe stato distrutto, ed io e la mia famiglia avremmo avuto il grandissimo privilegio di sopravvivere a questa catastrofe, per poi vivere in eterno in un mondo completamente rinnovato». In un certo senso, questi movimenti religiosi alternativi esercitano anche sulle persone affette da turbe psichiche un’influenza che la psichiatria ufficiale non riesce ad avere; creando un rapporto di vicinanza e di sostegno, il movimento religioso alternativo cambia totalmente il pensiero e il comportamento degli adepti. Una decisione assunta in gruppo impegna all’azione più di una decisione individuale; come fanno rilevare D. Anzieu, psicanalista francese, e J.Y. Martin, neuropsichiatra e psicosociologo: «i membri di un gruppo sono pronti ad aderire a nuove norme se il gruppo vi aderisce». Infatti è più facile cambiare degli individui uniti in un gruppo che cambiare ognuno di loro separatamente. Pertanto le norme di comportamento di un gruppo religioso alternativo svolgono un ruolo eccezionale nella determinazione della condotta degli affiliati: i fedeli si rifanno alle norme del gruppo perfino quando si trovano ad affrontare situazioni nuove, possono agire in modo pressoché uguale di fronte a estranei ritenuti “pericolosi”; spesso questo tipo di comportamento in una situazione imprevista viene scelto con implicita consapevolezza giacché si basa su un precedente insegnamento del gruppo. Infatti, come ha osservato G.H. Mead, l’immagine che gli altri si fanno di noi contribuisce a plasmare la nostra immagine di noi stessi.

* Estratto da S. Pollina – A. Aveta, Movimenti religiosi alternativi, LEV – Città del Vaticano 1998

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