Una delle caratteristiche della nostra epoca è, da un lato, l’individualismo del credere e, dall’altro, l’evidente difficoltà delle grandi religioni di proporre messaggi in grado di interpellare le coscienze contemporanee; infatti, in tanti preferiscono definirsi “persone spirituali” piuttosto che “persone religiose”, intendendo con ciò il desiderio di coltivare in autonomia la loro interiorità, scollegata dal rapporto con una religione organizzata. Al riguardo, a proposito della realtà italiana, il sociologo delle religioni Franco Garelli ha scritto: «Nella società plurale la ricerca spirituale non è più percepita come una risorsa esclusiva dei credenti e delle chiese, ma può coinvolgere – pur in forme diverse – anche quanti non si identificano in una visione religiosa e trascendente del mondo» (F. Garelli, Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, Bologna 2020).
In questo contesto in cui sembra affermarsi un’idea di spiritualità di impronta più etica che religiosa, qual è il rapporto degli italiani con papa Francesco?
Nella memoria di tanti è ancora impresso il ricordo delle scorse celebrazioni pasquali svolte “in solitudine” dal Papa durante il lockdown dovuto alla pandemia da coronavirus; tale immagine ha colpito sia quelli che sostengono che l’attuale Pontefice stia lasciando una innovativa impronta sulla cattolicità, sia quanti lo accusano di aver reso più incerta la sua chiesa. I critici dell’operato di papa Francesco evidenziano, per usare le parole di Garelli, «la difficoltà del pontefice di venire a capo dei nodi e degli scandali che da tempo inquinano la vita della chiesa (la pedofilia del clero, il carrierismo negli ambienti religiosi, una curia romana malata di potere, le lobby che dividono la comunità cristiana, ecc.), che richiederebbero interventi più radicali e una capacità di governo più efficace». Invece i sostenitori del Papa enfatizzano i suoi gesti di solidarietà (l’accoglienza dei senza tetto e dei profughi nelle parrocchie, i numerosi viaggi in paesi poveri, ecc.), riconoscendogli così grandi qualità umane prima che religiose; dal che pare emergere il bisogno di un bagno di umanità per rendere più credibile la missione della chiesa nel mondo. Inoltre i fautori di Francesco ne elogiano lo spirito ecumenico.
Dall’indagine quali-quantitativa svolta da Garelli e riassunta in un capitolo del testo citato, emerge il prevalere dei giudizi positivi rispetto a quelli più dubbiosi o problematici; quindi il Papa argentino gode di ampio credito anche – e questo appare un dato sorprendente – da parte della “maggioranza di persone che professano fedi religiose diverse dalla cattolica”, nonché dalla maggior parte dei “non credenti” o dei “senza religione”. In particolare, dalle interviste è emerso un ampio apprezzamento nel Paese riguardo alle aperture compiute da Francesco verso alcune componenti della società (coppie divorziate, omosessuali) da sempre guardate con sospetto dalla chiesa.
In sintesi, conclude Franco Garelli, «Bergoglio è un papa più stimato e apprezzato dall’insieme della popolazione che messo in discussione». Questa considerazione induce ad una riflessione più generale che pare sottesa alle valutazioni di una parte di italiani: non è accettabile chiudere gli occhi davanti ai problemi esistenti e sottrarsi all’inevitabilità di notarli e di confrontarsi con essi; è ragionevole cogliere le opportunità che si presentano, il che costituisce un modo responsabile di agire e di confrontarsi con la realtà.