Strumentalizzazione politica della religione

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Elaborazione grafica di N. Neiviller

Il 14 maggio si è celebrata una giornata dedicata alla preghiera e al digiuno per il bene dell’umanità affinché finisca la pandemia del nuovo coronavirus, l’invito è stato rivolto dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana ai fedeli di ogni credo.

La religione cristiana, come ben sappiamo, non è la prima né l’unica religione ad appartenere alla cultura mondiale. In tutti questi secoli abbiamo potuto osservare l’evolversi, il modificarsi e lo scindersi di molte religioni e abbiamo iniziato a conoscere le differenze culturali che ci circondano. Grazie alla Storia possiamo rivedere gli errori del passato nel quale ideologie ed estremismi hanno portato ad ogni sorta di terrorismo come, ad esempio, i secoli del medioevo, dove la religione faceva parte delle regole di spartizione del potere e dove il profano era intrinsecamente legato e sottoposto al sacro. Nel ventunesimo secolo immaginiamo che la libertà di culto sia una un principio acquisito e condiviso, per lo meno nelle democrazie occidentali, relegando il fanatismo religioso agli altri mondi, additati come luoghi dove la religione si arroga il diritto supremo di decidere della sfera etica e morale sia della comunità che del singolo individuo.

Quello a cui assistiamo oggi smentisce l’immagine di un occidente maturo e plurale, immunizzato da uno uso strumentale della religione. Alcuni politici in Europa come già negli Stati Uniti tentano di utilizzare il nome di Dio per giustificare le loro politiche: utilizzano i simboli della fede cristiana con una propaganda che mira a ipostatizzare un’identità che necessariamente conduce all’esclusione dell’altro ostacolando messaggi universali di pace.

Questo tentativo di svuotare in qualche modo la religione cristiana del proprio spirito per trasformarla in un «marchio identitario» non fa che contribuire alla separazione tra fede e cultura che spinge la pratica religiosa ai margini delle nostre società”, è quanto afferma Oliver Roy, politologo francese, orientalista e islamista tra i più prestigiosi, autore di libri di successo e insegnante all’Istituto universitario europeo di Firenze. Il confronto tra religioni, a parere dello studioso, non può mai realizzarsi sul piano dogmatico e teologico ma su quale debba essere la sfera religiosa.

Gli estremismi di ogni genere sono dannosi a qualsiasi equilibrio socio-psico-politico e quello religioso è il più temibile, poiché interpretare le parole del proprio Dio come le uniche vere e giuste rende intransigenti, fanatici e inquisitori giustizieri. Il perseguimento di una supremazia e di un’egemonia religiosa è foriero di lacerazioni poiché non è la ricerca della verità assoluta sull’esistenza di Dio e sui suoi attributi che muove il credente ma è la ricerca di vicinanza e comunanza anche nelle diversità culturali di cui le religioni sono un’espressione.

Il motivo per cui i musulmani vengono visti come minaccia in Europa è scaturito dalla storia del terrorismo a cui vengono accostati, ma la fonte di questi atti estremi non è l’appartenenza ad un determinato credo ma paradossalmente è il risultato di una radicalizzazione psicologica che si sostanzia nel sentirsi qualcuno rinchiudendosi in piccole cerchie ristrette dove l’accoglienza e il riconoscimento dell’importanza del proprio ruolo fa da contraltare al sentirsi esclusi dal mondo. Secondo Roy la causa è il crescente nichilismo intrinseco alla società, poiché questi giovani pronti agli estremismi sono comuni ragazzi, magari nati e cresciuti in Europa, ma che non riescono a trovare saldi valori ai quali aggrapparsi, credendo di non avere alcun posto in questa società. Questi sono spinti da un senso di disperazione e vuoto interiore che i valori occidentali non riescono a colmare e che probabilmente del loro credo conoscono veramente poco.

Il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb (è il titolo più prestigioso del mondo islamico sunnita e la più importante carica ufficiale religiosa dell’Egitto sunnita, ed è considerata da gran parte dei musulmani del mondo come la suprema espressione vivente del pensiero teologico e giuridico islamico sunnita ), ha sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale sforzandosi di ricollocare l’azione religiosa in una sfera più spirituale lanciando messaggi di pace e comunione: “Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”. Un documento inizialmente osteggiato e poco discusso portato poi all’attenzione anche dei non credenti proprio il 14 maggio, giornata di raccoglimento e preghiera di tutti credenti del mondo. Non è più la discriminazione che dovrebbe appartenere al mondo di oggi ma la coscienza che viviamo in un mondo variopinto di culture e che, se queste mirano all’odio, la responsabilità può essere solo di quei pochi che ancora non hanno compreso i messaggi universali religiosi.

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