Una volta tracciato, come abbiamo fatto per sommi capi nella scorsa puntata, il percorso compiuto dalla musica nell’arco dei due secoli e mezzo che vanno dall’inizio del ‘700 alla metà del ‘900, dobbiamo chiederci quale sia, se c’è, il denominatore comune, l’essenza profonda e immutabile della musica classica. Ebbene questa costante è il cambiamento, il divenire mutevole di un tema o di una melodia che nasce dal pensiero musicale di chi sa immaginare che quel tema, quella melodia possono diventare un racconto, con un inizio, uno svolgimento ed una fine, nel quale può trasfondere le proprie emozioni e, in definitiva, la propria personalità. Dove la musica si ripete uguale a se stessa, magari con la sola differenza dell’entrata di un nuovo strumento o di una voce o ancora di un cambiamento del ritmo, siamo fermi a una musica che si giustifica solo come funzione rituale, simbolica, liturgica e quindi popolare. Una musica che voglia esprimere qualcosa di più non può che farlo ricorrendo a modifiche che consentano di distinguere una ripetizione da quella che le fa seguito. Da questa esigenza parte l’evoluzione che ci porta, passo dopo passo, alle forme musicali più complesse ma proprio per questo più ricche di significato. Personalmente non ho piena padronanza delle nozioni di tecnica musicale così da spiegare quanto appena illustrato, perché sono semplicemente un cultore di musica classica (e non solo) da una sessantina d’anni, ma credo che il lettore si sia fatta un’idea di quel che intendo dire. E quindi il senso della musica è tutto nelle modifiche di uno o più temi, di una o più melodie? No, perché alla base esiste sempre, con assoluto diritto di priorità, l’invenzione, la scintilla che accende l’emozione e che nasce in maniera misteriosa.
Di temi musicali indimenticabili ce ne sono dappertutto, nella musica classica come nella leggera o nel pop, nel folk come nel blues: sono e rimarranno il punto di partenza di ogni composizione ma, mentre nella musica leggera i temi sono spesso fini a se stessi, in quella classica diventano il punto di partenza di un discorso più articolato e più profondo perché frutto di un pensiero musicale che ne concepisce lo sviluppo. Ed in ogni caso non dimentichiamo che E.T. Hoffmann (1776-1822), poeta e musicista romantico tedesco, autore dei celeberrimi “Racconti”, diceva che “La musica inizia dove finiscono le parole”, volendo con ciò significare che la bellezza della musica è indescrivibile e forse inesplicabile. Infatti noi spesso non sappiamo dire perché ci piace un certo brano musicale o una canzone: con le parole riusciamo a spiegarne alcuni aspetti tecnici, oggettivi, ma non il mistero per cui ci affascina.
Quindi la nostra proposta rimane quella di continuare ad affiancare l’ascolto dei brani più famosi, anche se semplici, a quelli via via più complessi. Per il momento proponiamo però l’ascolto di tre temi con variazioni, ribadendo l’invito a memorizzare il tema per afferrare con facilità il senso delle variazioni che lo seguono. Iniziamo dunque con la Sonata per violino Opera 5, numero 12 “La Folìa” di Arcangelo Corelli (1653-1713), che è costituita da variazioni su un tema spagnolo preesistente, che stimolò nel Settecento la fantasia di molti musicisti tra i quali Vivaldi e Geminiani. Avvertiamo che la versione proposta è eseguita con strumenti e tecniche risalenti all’epoca in cui il brano fu composto e quindi potrà sembrare vagamente stridula: è un piccolo sacrificio sull’altare della prassi filologica, ormai consolidata, che cerca di ricostruire un “suono” quanto più vicino possibile a quello che arrivava all’orecchio dell’ascoltatore di circa tre secoli fa.
Seguono poi le Variazioni K265 sul tema “Ah vous dirai-je maman” di Mozart (la lettera “K”, che precede la numerazione delle opere di Mozart, corrisponde all’iniziale di Kochel, il curatore più accreditato del catalogo cronologico delle sue composizioni). Ed infine proponiamo l’”Andante ma moderato” dal Sestetto no. 1 op. 18 di Brahms il cui tema richiama quello del brano di Corelli proposto innanzi: d’altra parte “La Folia” sedusse nel corso dei secoli molti grandi autori, come Liszt e Rachmaninov.