Non è riuscito ad assistere al plebiscito per cambiare la Costituzione del suo Paese: il Cile. Ottobre, mese in cui nel Paese latino-americano si terranno le votazioni per cambiare la Costituzione, è stato troppo lontano per la sua battaglia contro il covid-19. Una Costituzione, quella cilena, che risale alla dittatura di Pinochet, contro cui lo scrittore si è strenuamente battuto durante la sua vita e la sua militanza politica.
Forse ricorderemo tutti l’artista, la sua penna in grado di creare racconti scorrevoli, coinvolgenti, senza fronzoli. Il suo celebre romanzo “La gabbianella ed il gatto che le insegnò a volare”, con la favola agrodolce, è diventata famosa in tutto il mondo, trasformato poi nel film d’animazione “La gabbianella e il gatto” da Enzo D’Alò. Ma Luis Sepúlveda è stato anche un attivista politico, un ambientalista, un viaggiatore, un fiero antifascista. Un esule indissolubilmente legato alla sua terra e al suo Cile, dal quale si era dovuto allontanare per ragioni politiche, trasferendosi prima in Germania e poi dal 1997 nella tranquilla regione spagnola delle Asturie, dove viveva con la sua compagna di vita, la poetessa Carmen Yáñez.
Rendiamo dunque omaggio allo scrittore ma soprattutto all’uomo. Cresciuto con suo nonno, un anarchico andaluso, Gerardo Sepúlveda Tapia, costretto a fuggire in Sud America per scappare da una condanna a morte, e con suo zio Pepe, anch’egli anarachico, Luis Sepúlveda Calfucura è stato a contatto con la politica fin da bambino. Come testimonia il suo secondo cognome, Calfucura, sua madre Irma era di origine mapuche, il popolo indigeno che vive tra Cile ed Argentina e che, dall’epoca dei conquistadores spagnoli, ha da sempre subìto soprusi e pressioni: le loro terre ancestrali infatti sono da secoli oggetto di appropriazione ed occupazione da parte del governo cileno, a partire dalla famosa “occupazione dell’Araucania” a fine Ottocento.
Luis iniziò a militare fin da ragazzo, iscrivendosi a quindici anni alla Gioventù comunista. In seguito all’uscita del suo primo libro di racconti, Crónicas de Pedro Nadie, vinse una borsa di studio in drammaturgia in Russia, all’Università Lomonosov di Mosca, da cui fu espulso dopo soli quattro mesi a causa di una presunta relazione con una professoressa di letteratura. Tornato in Cile, fu allontanato dalla Gioventù comunista e decise dunque di unirsi, come guerrigliero e militante, all’Esercito di Liberazione Nazionale in Bolivia.
Si iscrisse in seguito al Partito socialista e da attivista diventò poi guardia personale nella scorta del presidente cileno Salvador Allende. Ma nel 1973, con l’instaurarsi della dittatura di Augusto Pinochet, Sepúlveda, che all’epoca aveva solo 24 anni, fu imprigionato e torturato dai militari cileni. Fu prigioniero per sette mesi nella caserma di Tucapel, in una cella così angusta che era impossibile restare sdraiati. Grazie alle pressioni e a ben due interventi di Amnesty International, fu poi scarcerato e la sua condanna a morte fu tramutata in otto anni di esilio. L’asilo politico gli fu offerto dalla Svezia, dove avrebbe dovuto recarsi con la possibilità di insegnare letteratura spagnola, ma al primo scalo a Buenos Aires fuggì, scappando prima in Brasile, poi in Paraguay, quindi nella capitale ecuadoriana Quito. In questi anni, oltre a dedicarsi a scrivere opere teatrali, partecipò ad una spedizione dell’UNESCO per studiare l’impatto della civiltà sugli indios Shuar: visse dunque per sette mesi nella Foresta amazzonica, imparando una nuova lingua e soprattutto il legame con la “madre terra” che, forse anche per le sue origini mapuche, ha sempre avuto una grande importanza per lui. La causa ambientalista lo ha portato infatti, dal 1982 al 1986, a collaborare attivamente con Greenpeace nelle spedizioni ambientaliste, in particolare contro le baleniere giapponesi. Solo tre anni fa, nel 2017, aveva riottenuto la cittadinanza cilena. Ma in Cile, purtroppo, non ha fatto ritorno.
Luis Sepúlveda resterà un esempio di lotta, di libertà di pensiero a qualsiasi costo e nonostante tutto e di coerenza morale. La sua cifra distintiva è stata quella di difendere l’importanza del vivere sociale, delle lotte collettive, dell’anti-individualismo. Un impegno etico e morale che ritroviamo tra le sue righe, intrise di fiaba e di poesia.
Lucho, come lo chiamavano gli amici più intimi, si è battuto strenuamente per difendere i diritti, a partire dalla sacralità del diritto alla vita e alla libertà personale, che ha sperimentato sulla propria pelle. Si è battuto strenuamente anche nelle cause ambientaliste, lui che nel suo “Patagonia express” ci ha portati a viaggiare nel Sud del mondo, e nel cuore di quella terra dove la moglie Carmen riporterà le sue ceneri per spargerle nel gelido oceano della Patagonia cilena.
Torna alla sua terra, alla “madre terra”, lui che ci ha lasciati su questa con il sogno di volare. E come diceva “Vola solo chi osa farlo”.