Era andato avanti così per quarant’anni, provando a dilatare quel tempo che invece sembrava contrarsi per il puro gusto di fargli un dispetto.
Una sensazione irrazionale, se ci ragionava a mente fredda, ma che si riproponeva con cadenza regolare, costringendolo ad interrogarsi su ciò di cui ormai era convinto.
E sì che ne aveva avuto di tempo a disposizione per riflettere!
La questione si protraeva sin da quando era poco più di un ragazzo e, terminati gli studi, aveva iniziato a lavorare.
I primi tempi, preso dall’euforia di quell’impiego che gli avrebbe dato la possibilità di pianificare il suo futuro, neanche sembrava farci caso e viveva quel lasso di tempo riempiendolo di contenuti che assorbivano quella che col tempo avrebbe considerato una condizione dell’anima.
All’inizio ci furono gli spettacoli teatrali, i film appena usciti e le cene con gli amici; poi fu la volta delle gite fuori porta o delle puntate improvvise nelle città d’arte per la partecipazione a questo o a quell’evento culturale che faceva tanto tendenza.
Ma quello spazio temporale che tanto lo gratificava, col passare degli anni aveva cominciato a restringersi; o almeno era quella la sua impressione.
Le nascite dei figli avevano scandito i momenti precisi in cui quelle ore, nella sua percezione, avevano cominciato a scorrere più rapidamente.
A una tale conclusione, però, era giunto solo col passare degli anni, perché dapprincipio neanche era riuscito a fare mente locale sullo scorrere del tempo, tanto era preso dalle incombenze di puericultore che gli assorbivano ogni istante libero dal lavoro d’ufficio.
Quel prendersi cura dei bambini, fargli fare la pappa e, perché no, anche cambiargli i pannolini, lo gratificava, collocando quei momenti in una dimensione dello spirito, puramente affettiva, fuori dal tempo e dallo spazio; il che finiva col distrarlo dall’incombente contrazione di quelle ore che, negli anni a venire, avrebbe percepito con sofferenza.
Ogni qual volta si avvicinavano quei momenti del mese, sapeva che avrebbe dovuto condurre un corpo a corpo per riuscire a spuntarla.
Approcciava a quei giorni con le migliori intenzioni, deciso ad assaporare ogni attimo e a non lasciarsi sopraffare dallo scorrere delle ore.
Alla fine era comunque costretto ad alzare bandiera bianca e ad arrendersi alla ineluttabilità di un nuovo inizio, sempre più contiguo a quella fine che era appena giunta.
A distanza di quarant’anni, però, questa volta non gliela avrebbe data vinta.
Quel venerdì sarebbe stato il suo ultimo giorno lavorativo; poi, dal lunedì successivo, sarebbe andato in pensione.
Ragion per cui, da quel momento, i weekend avrebbero finito di scorrere più rapidamente degli altri giorni, togliendogli quel tempo che con gli anni era diventato necessario per riprendere fiato fra una settimana lavorativa e l’altra.