Dissonanza cognitiva

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Fonte: pixabay.com/it/

Leggendo l’ultimo libro di Giampaolo Pansa, mi ha colpito il suo riferimento a un commento di Matteo Salvini, fatto dopo alcuni viaggi in Corea del Nord e in Russia. Del primo il “dittatore”, come lo definisce Pansa, disse che: “Lì non c’è immigrazione, e di conseguenza non c’è criminalità, né degrado. Si va in giro anche in piena notte e non c’è nulla da temere. Mi ha colpito vedere i bambini che giocano per strada. Non corrono pericoli, non ci sono malintenzionati. Ho visto uno splendido senso di comunità”. E lo stesso personaggio, un paio di mesi dopo, resocontando un suo viaggio a Mosca, riferiva che: “No clandestini, no lavavetri, no campi Rom. Ragazze in metropolitana alle due di notte, senza paura. Lì non c’è Mare Nostrum”. È lo stesso Salvini, (innamorato di una delle più illiberali democrazie della storia e del suo modello ideale di democrazia autoritaria, Putin), che qualche anno prima, a Palazzo Marino, si era rifiutato di stringere la mano a quel galantuomo di Carlo Azeglio Ciampi, figura luminosa della nostra storia, dicendogli: “No, grazie dottore. Lei non mi rappresenta!” Evidentemente il Nostro si sente più rappresentato dal dittatore Kim Jong-un, le cui mani egli stringe volentieri, piuttosto che quelle di un uomo come Ciampi, integerrimo e specchiato.

Ai meridionali invaghiti di Salvini, mi piacerebbe ricordare che, quando ancora non gli servivano i loro voti, a Pontida e con una birra in mano cantava: “Senti che puzza! Scappano anche i cani. Sono arrivati i napoletani”. Alla luce di quanto sopra, una domanda da rivolgere ai milioni di italiani che lo osannano e lo votano – fra i quali una nutrita schiera di “meridionali puzzolenti” – sarebbe: come è possibile che, prestandogli devoto ossequio, abbiano potuto dimenticare che politico è, in realtà, colui al quale vogliono affidare i destini del Paese; un uomo che ha dichiarato, col presepe in mano, d’essere “apostolo del popolo cristiano dell’occidente”, e nello stesso tempo estimatore di un individuo che, in Corea del Nord, i cristiani li perseguita.

La risposta è che nonostante queste vistose contraddizioni, nonostante l’evidente inconsistenza delle sue esternazioni di cristianesimo e di voler combattere per “la libertà” degli italiani, i suoi numerosi seguaci lo voteranno lo stesso. La risposta a questa, a prima vista incomprensibile, aporia, si può trovare nel campo della psicologia sociale, della quale ha di recente parlato Achille Aveta nel suo articolo sulla Manipolazione in agguato, nel quale si fa riferimento a un maestro di questa disciplina: Leon Festinger, autore di due importanti testi sul tema, il più noto dei quali è la Teoria della dissonanza cognitiva; ed è questa la chiave di lettura che spiega come, nonostante l’evidenza di fallimenti, incoerenze, menzogne, gruppi di persone rimangano tenacemente attaccate a chi ha dimostrato di non essere chi egli, o loro, asserisce d’essere.

Un esempio eclatante di questo fenomeno ci è offerto da alcuni gruppi religiosi molto noti e ben radicati nel contesto sociale. Chi ha una certa familiarità con questo argomento non potrà non ricordarne almeno due: gli Avventisti e i Testimoni di Geova. Entrambi, fondati verso la metà del XIX secolo, avevano come “ragione sociale” l’annuncio dell’imminente fine del mondo e, quindi, il cogente invito a ravvedersi per non incorrere nell’ira di Dio. I primi avevano indicato la metà degli anni ’40 dell’800 per l’evento; i secondi, diverse date, fra cui le più importanti erano il 1914, il 1925 e il 1975. Com’è pacifico, niente avvenne e noi siamo qui a scriverne. Ciò nonostante i due movimenti sono cresciuti e contano milioni di adepti. Come è possibile sopravvivere a una così plateale e inoppugnabile sconfessione, fallimento, naufragio, delle promesse granitiche sulle quali i due movimenti erano nati? Abbiamo già indicato nella “dissonanza cognitiva” una delle ragioni principali di questo, altrimenti inspiegabile, comportamento. La “dissonanza”, cioè il conflitto fra la realtà e ciò che si crede tenacemente, tanto da averne fatto la propria ragione di vita, è dolorosa: è doloroso ammettere i fallimenti, veder crollare i propri idoli, i propri ideali; è anche umiliante, perché ci pone l’obbligo di ammettere che ci si è sbagliati o ci si è fatti ingannare. E allora si è costretti a tentare di ridurla, di attenuarla, o se è possibile, di rimuoverla, benché si sappia – e in ciò entra l’aggettivo “cognitiva” – che essa è lì: inamovibile. La soluzione sta nel numero di individui coinvolti, nell’entità della dissonanza. Solo quando un numero di persone abbastanza ampio è coinvolto nella stessa dissonanza, che non può essere risolta se non creandosi un reciproco sostegno (vedi le folle osannanti), essi possono riuscire a sostenere l’opinione che quel che accade sotto i loro occhi semplicemente non è vero: se tutti ne sono convinti, ciò che è non vero diviene adesso vero. La profezia della “fine” non si è avverata? Avevano frainteso: non era stato detto che sarebbe finito il mondo, ma che “probabilmente” sarebbe accaduto (sebbene, nero su bianco, gli scritti rimangano a testimonianza del contrario!); accadrà comunque, dobbiamo solo rivedere i nostri calcoli. Milioni di persone si sono convertite ai Testimoni di Geova che quotidianamente continuano ad annunciare che “la fine è vicina”; ma quanti di loro ci credono veramente? Eppure nessuno lo ammetterà mai, nemmeno a se stesso; e poi il fatto che insieme a loro ci credono così tanti altri è la prova che, nonostante i fallimenti del passato, ciò in cui credono accadrà.

Lo stesso accade in politica. La “flat tax” non ha mai visto la luce, le tasse non sono state ridotte, il PIL continua a calare, la criminalità organizzata continua a imperversare, la ricostruzione post terremoto è ferma al palo, i poveri sono sempre lì? È vero, lo avevamo promesso, ma ci serviva più tempo e, poi, c’è chi rema contro: i “poteri forti”, la finanza internazionale, la Massoneria, la sinistra … Ma, abbiate fiducia, non appena ritornerò al governo manterrò tutte le promesse, anzi, per sconfiggere l’antisemitismo cacceremo tutti i musulmani d’Italia, perché è loro la colpa (non della destra estrema). Fatevi coraggio, il regno (di Salvini) è vicino.

Un altro esempio sotto gli occhi di tutti è Berlusconi. I suoi vent’anni al potere hanno impoverito l’Italia, l’hanno fatta regredire culturalmente, non ha portato a compimento nessuna delle “profezie” contenute nel suo “contratto con gli italiani”, firmato davanti a Vespa e a milioni di telespettatori, eppure continua spavaldamente a promettere che con lui al governo tutto cambierà. Vuole convincere gli altri per convincere se stesso e ridurre la dissonanza. Lo stesso vale per Salvini e tutti gli altri imbonitori. Egli sa di non poter fare ciò che promette, e proprio per questo lo promette a voce sempre più alta, cosicché, aumentando il numero di persone che crede in lui, riduce la sua dissonanza e, specialmente, quella dei suoi seguaci. E riguardo a questi ultimi, spiace di dover ripetere sempre lo stesso refrain: la colpa non è dei capi delle sette o della politica, ma di chi crede in loro e poi vi rimane intrappolato. Ci fa piacere ricordare, a questo punto, le parole di un grande italiano purtroppo dimenticato: Ferruccio Parri. Nel corso di un’intervista di Corrado Stajano gli fu chiesto quale fosse stata la sua più profonda delusione; rispose: “Mah, il popolo italiano, ecco. È la cosa che mi pesa di più. Man mano che mi sono fatto una conoscenza più profonda del popolo italiano, ho toccato i suoi aspetti di scarsa educazione civile e politica”. E non c’è dubbio che un popolo così, o almeno la sua parte prevalente, preferisca rimuovere la dissonanza anziché confrontarvisi e dire a se stesso, una buona volta, la verità.

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