Sempre più spesso balzano agli onori della cronaca vicende connesse alla manipolazione di individui da parte di guru, “maestri spirituali”, santoni, maghi ecc. Come mai un siffatto fenomeno, da tempo oggetto di studio (si veda, ad esempio, Leon Festinger, Teoria della dissonanza cognitiva), continua a causare danni, talvolta irreversibili, nella vita di tanti giovani e adulti?
È un fatto che nella complessa società contemporanea vi sono personalità che, non riuscendo a vivere il presente elaborandolo adeguatamente, reagiscono con una difesa che, a prima vista, possiamo definire una formazione reattiva, cioè un impulso al cambiamento radicale, che costituisce la reale natura di quell’atteggiamento che caratterizza l’adesione alle offerte di presunto miglioramento della qualità della vita, non solo di natura religiosa, proposte da soggetti spesso privi di ogni scrupolo morale.
Su questa base reattiva si realizzano modelli differenti, dovuti alla diversità dei leader e all’intreccio tra circostanze storico-ambientali e aggregazioni di personalità che, per quanto riguarda l’aspetto religioso, recuperano spesso una lettura fondamentalista e grezza di testi “sacri”, cui si aggiungono le “rivelazioni” o messaggi dei leader. Questi “maestri”, con la loro pretesa di piena autorità e del possesso della conoscenza della realtà profonda, diventano gli organizzatori della ristrutturazione dell’identità degli adepti, che non di rado subiscono prevaricazioni e mortificazioni della dignità dell’individuo. Questo tipo di atteggiamento rende disponibili, perfino recettivi, alla dipendenza emotivo-affettiva da altre persone, costruendo quel composito intreccio di soggezione, passività, perdita di autonomia che viene spesso citato dagli esperti come configurazione ricorrente nelle personalità inviluppate nei gruppi sociali “chiusi”.
La supina adesione all’autorità della “guida” di turno, che spesso promuove un modello di “comunità” a proprio uso e consumo, può costituire per l’adepto un meccanismo di difesa di fronte alla paura di perdere la propria soggettività, di non avere spazi relazionali in cui esprimerla, di essere sempre più posto in un ruolo marginale. Infatti, i gruppi che si formano intorno a questi leader spesso sono caratterizzati da legami di intimità, da un codice linguistico comune che diviene quasi “iniziatico”. La soggettività degli adepti viene confermata nell’edificazione di una “cultura” basata su valori alternativi rispetto a quelli della società tecnologica contemporanea. Il principale meccanismo di controllo attuato è quello della separazione-rifiuto: l’adepto è indotto a rifiutare l’ambiente relazionale precedente e a distaccarsene, intrecciando nuovi tipi di rapporti, prevalentemente se non esclusivamente con altri adepti, che sente personali anche se malamente manipolati e asserviti ai fini della “guida”. La posizione di chi cerca ingenuamente negli insegnamenti di questi manipolatori stimoli di interiorità e di identità, che non è riuscito a trovare nelle normali strutture sociali (ecclesiali e non), è comunque indicatore di un disagio reale con riferimento ai veloci processi di cambiamento sociale in cui siamo immersi, che implicano la loro messa in sintonia con le esigenze della crescita individuale. Forse la comprensione dei rischi impliciti nella supina adesione alle “originali” proposte di questi imbonitori può costituire un valido e pressante monito a rendere più “confortevoli” i rispettivi gruppi sociali (a cominciare dalle famiglie), al fine di prevenire nocive tentazioni di “conversioni”, foriere di molti guasti.