Europa, se ci sei batti un colpo!

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«La via da percorrere non è facile né sicura, ma dev’essere percorsa e lo sarà». Così si concludeva il manifesto di Ventotene, che allora sembrava poco più di un illusorio disegno per un’«Europa unita e libera», vagheggiata da un ex comunista, da un socialista e da un liberale al confino, negli anni bui della dittatura fascista. Siamo nell’inverno del 1941 e il mondo, in piena seconda guerra mondiale, sembrava davvero andare da un’altra parte. Da un continente lacerato e in fiamme, il Manifesto, scritto su cartine di sigarette arrotolate in comunissime scatole di fiammiferi, però parlava al futuro. Evocava un’Europa dei Lumi, in cui gli Stati nazionali non erano più portatori di guerra ma di pace. Non erano più sovrani assoluti ma democratici, capaci di convivere in una federazione europea in cui giustizia sociale e libertà individuale sarebbero state la grammatica comune per tutti i cittadini europei. Utopia? Certo, in quel momento lo era e, a ben guardare, lo è ancora. L’Europa, «tradita» da una lunga e inarrestabile deriva tecnocratica, sembra oggi aver smarrito la grande spinta ideale che ha alimentato per quasi otto decenni il «sogno europeo». I nazionalismi, retaggio di una storia che sembrava definitivamente chiusa, riprendono vita e coltivano l’ambizione di mettere fine all’utopia europea. Come nel lontano 1941, la strada verso un’unione politica appare di nuovo sbarrata da alti muri che una prepotente retorica nazionalista sta erigendo intorno alle nostre democrazie. Il nostro mondo sembra andare, ancora una volta, dall’altra parte. Ma siamo davvero ai titoli di coda del progetto europeo, così come lo avevano immaginato Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni? Scrive Nadia Urbinati in Utopia Europa: «Il progetto più utopistico è anche quello più realistico. Il Manifesto di Ventotene è più realistico oggi di quanto non lo fosse nel 1940, e soprattutto più pragmatico di quello che ha governato fino ad ora l’Unione».

Queste parole, redatte sei anni fa, non potevano tener conto né prevedere ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, ovvero il totale rovesciamento di equilibri che avevano consentito al nostro continente di rappresentare una guida e un faro di speranza in un mondo confuso e disorientato. Soprattutto, non potevano prevedere l’imprevedibile. Intanto era pura follia il solo pensare che nel cuore dell’Europa, dopo sette decenni di pace, si sarebbe scatenata una guerra che ormai da tre anni sta insanguinando e scompaginando l’assetto di ciò che sembrava essere immutabile. E, poi, nessuno al mondo avrebbe potuto pensare alla profonda trasformazione che avrebbe subito la nazione più potente del mondo, la nostra alleata storica, quell’America che con il suo apporto consentì agli europei di sconfiggere il mostro fascista e nazista e con i suoi aiuti consentì ad un continente in macerie di risorgere e progredire e, con il tempo, di far nascere in concreto quell’Unione Europea vagheggiata dai tre personaggi prima menzionati e da tanti cittadini del vecchio continente che si rendevano conto che solo dando vita agli «Stati Uniti d’Europa» avremmo potuto riconquistare il posto che spettava all’Europa.

Chi poteva prevedere, per esempio, che nel Paese più ricco e potente d’Europa, come anche nell’Italia degli ultimi anni avrebbe nuovamente fatto capolino ciò che ritenevamo sconfitto per sempre? Eppure è così. Nelle recenti elezioni tedesche, per fortuna vinte da forze democratico liberali, si è fatto prepotentemente strada un movimento, l’AFD (Alternative für Deutschland), che si dichiara apertamente nazista; un partito politico tedesco di estrema destra. Attualmente, l’AfD è considerato un partito nazionalista tedesco, nazional-conservatore, euroscettico e anti-immigrazione. Dal 2017, l’AfD si è mostrato sempre più disponibile a lavorare con gruppi di estrema destra come Pegida, il cosiddetto gruppo dei “patrioti” europei, una formazione populista, xenofoba e razzista. E adesso con il suo 20% di consensi renderà difficile governare al futuro nuovo cancelliere tedesco.

Non v’è dubbio che quello che stiamo attraversando sia un momento critico, per l’Europa e il Mondo. E ovviamente anche per noi. Per l’Italia, che non è lontana dai luoghi della crisi, in particolare dall’Ucraina, dove l’invasione e la pressione russa si sono amplificate, dopo la rielezione di Donald Trump alla presidenza. I fatti parlano da sé, come si è evidenziato di recente, quando il Presidente Usa ha attribuito all’Ucraina la responsabilità della guerra, e in particolare al presidente Zelensky, definito da lui e da Putin un dittatore senza legittimazione popolare. Si tratta, com’è ovvio e solare, di affermazioni del tutto infondate che, tuttavia, hanno reso evidente il mutamento del clima politico internazionale e in Europa. Per questo motivo sarebbe importante un’azione più decisa dell’Ue, che, invece, appare ai margini, nell’ombra. D’altra parte è noto come la «costruzione europea» costituisca un’impresa importante, ma incompiuta; e questo perché, pur chiamandosi Ue, dove la “U” sta per “Unione”, continua a essere una «Unione poco unita», perché «lo stato dell’Unione» è condizionato dalle scelte degli Stati che ne fanno parte. A maggior ragione dopo che si è allargata a Est, oltre il muro, dove, non a caso, la Russia continua a esercitare un’influenza determinante, alla quale non intende rinunciare.

Si sta verificando, poi, un fenomeno che avrebbe avuto dell’irreale se solo lo si fosse ipotizzato qualche mese fa. Noi europei abbiamo avuto sempre le spalle coperte dai nostri amici d’oltre Atlantico, dalla grande America, il Grande Fratello nel senso buono di un’entità protettrice della Vecchia, cara Europa, dei cui discendenti è fatta l’America. A est, invece, c’era la minaccia dell’orso russo, con le sue mire espansionistiche a ovest che però non temevamo più di tanto, per la copertura americana e della Nato. Ebbene, adesso non è più così. Per quanto strano possa sembrare, in questo momento il rosso chiomato Donald e il presidente Putin sembrano diventati grandi amici, vogliono spartirsi l’Europa e le sue risorse — segnatamente le enormi quantità di terre rare dell’Ucraina dal valore di 15.000 miliardi di dollari — senza consentire all’Europa di metter lingua. Come ha detto l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan: “Oggi gli Usa stanno con la Russia. Spero che ci sia del metodo in questa follia”. Secondo Trump il vero nemico degli Stati Uniti è l’Europa, non la Russia. Oltre a gettare nella più incredibile confusione, questo stravolgimento delle alleanze internazionali, e forse è meglio dire capovolgimento, sta creando, anzi ha creato un certo allontanamento del nostro Paese dall’idea di Europa: la Ue è sempre più lontana dal cuore degli italiani, il sentimento europeista si è affievolito maggiormente fra gli elettori del centrodestra, soprattutto fra le forze leghiste, il cui capo è un putiniano di ferro, che cederebbe volentieri la nostra sovranità allo Zar ex sovietico. Fortunatamente il maggior grado di adesione al progetto di aumentare i poteri dell’Ue — come da un’indagine di Ilvo Diamanti — si rileva fra i più giovani sotto i 30 anni e tra gli adulti oltre i 55 anni. Inoltre, fra le persone con livello di istruzione medio-alto. Per quel che riguarda gli adulti e gli anziani, conta sicuramente aver vissuto l’epoca della costruzione europea, fino all’adozione della moneta unica, nel 1999. Mentre fra i più giovani il sentimento europeista rispecchia «l’esperienza», in quanto hanno sperimentato l’Europa e il mondo molto di più delle generazioni precedenti. Il dato che più ci affligge e ci rende non molto fiduciosi per il futuro è che gli Stati membri, i 27, sembra che non riescano a trovare una direzione comune, assecondando così le mire spartitorie di Trump e Putin, che trarrebbero enormi vantaggi da un’Europa divisa, dovendo trattare non più con un gigante politico, ma con staterelli singoli ognuno con esigenze diverse. È quindi difficile delineare un quadro omogeneo e coerente segnato da convergenze chiare. E ciò conferma, se ce ne fosse bisogno, quanto il progetto di un’Europa più forte e unita non sia ancora abbastanza forte e condiviso. Sicuramente non adeguato, comunque, a evitare di venire costretti e schiacciati fra la Russia di Putin e l’America di Trump. Com’è capitato all’Ucraina di Zelensky. Quel Trump che vede gli organismi sovranazionali come un impiccio da rimuovere: Nato, Onu, Ue, Usaid sono tutte strutture che gli impediscono di esercitare un potere senza controllo, tanto è vero che minaccia di uscirsene, e con l’Usaid l’ha già fatto. È un altro fatto incontrovertibile che l’attuale crisi mondiale abbia posto le condizioni per la nascita di formazioni politiche nemiche dell’idea di un’Europa unita e forte in campo internazionale. Revanscismo, populismi, nazionalismi, fondamentalismi stanno proliferando in ogni angolo del continente, cercando di annullare la grande, grandissima conquista preconizzata dai sognatori di Ventotene. Ma intanto l’Europa è andata avanti lo stesso. Come dice la Urbinati, “l’Europa è entrata nelle nostre vite, e le ha cambiate profondamente, fino a creare una vera e propria «condizione e coscienza europea». L’Europa è diventata a poco a poco un’identità plurale e aperta a cui molti guardano non più solo come cittadini italiani, tedeschi o francesi, ma come «cittadini europei» a cominciare dai nostri giovani che viaggiamo in questo spazio aperto, e si sentono a lor agio in un’identità europea. Siamo sicuri di voler tornare indietro?”

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