Ascoltando la voce della gente comune, di quelli fra noi che ascoltano i notiziari, leggono i giornali e si scambiano opinioni, notiamo un denominatore comune nei commenti e cioè che “il mondo è impazzito”. Le crisi di varia natura si susseguono le une alle altre, l’ambiente è sempre più contaminato, l’economia annaspa e un sempre maggior numero di persone stenta ad arrivare alla fine del mese. Poi ci sono le guerre e le minacce di guerre che tormentano tutte le persone provviste di coscienza, per le atrocità e la disumanità che esse comportano. Da anni in Palestina non c’è tregua al massacro reciproco di due popoli che se la contendono. E poi, da più di due anni abbiamo un conflitto devastante nel cuore della stessa Europa, che sta sconvolgendo gli assetti politici di tutto il mondo, insieme all’ascesa sempre più preoccupante di movimenti di estrema destra, di sovranismi e nazionalismi che proiettano un’ombra scura sul nostro futuro. Ma è vero che “il mondo è impazzito”? Forse sì, perché è la prima volta nella storia documentata che siamo in possesso di strumenti di distruzione in grado di eliminare ogni forma di vita dalla terra. A questo si aggiunge una sempre crescente violenza anche fra le persone comuni: stragi familiari, violenze sui minori, sempre maggior disprezzo e sottovalutazione per la vita umana.
Però, a smentire questa conclusione affrettata c’è la storia la quale ci informa che il nostro passato, anche remoto, non è stato da meno del presente. Per quanto riguarda lo stato di belligeranza, niente fino ad ora ha potuto paragonarsi con due conflitti che hanno superato ogni record. Il primo, che vide fronteggiarsi il regno di Francia e quello d’Inghilterra, dal 1337 al 1453 E.V., che, benché fosse durato 116 anni, passò alla storia come “la guerra dei cent’anni”. Il secondo, che durò dal 1618 al 1648 E.V., definito poi “la guerra dei trent’anni”, che dilaniò l’Europa centrale e fu, eccezion fatta per il precedente, una delle guerre più lunghe e distruttive della storia europea, alla quale presero parte la Boemia (oggi Cecoslovacchia), la Svezia, la Norvegia, la Danimarca e la Francia. Bisogna però precisare che, sebbene le più note, esse non furono le sole perché fino 1939-1945 (seconda guerra mondiale) in tutto il continente europeo, sfiorando anche quello del nord America, conflitti di varia durata ed estensione hanno caratterizzato tutta la nostra storia. Come abbiamo visto in un precedente articolo, è del tutto corretto definire la razza umana con l’appropriato appellativo di Homo Bellicus, epiteto oggi più che mai pertinente, perché rispetto a quelle esclusivamente europee, da qualche tempo a questa parte le guerre si sono estese anche a Oriente, coinvolgendo l’enorme subcontinente russo e le nazioni del blocco islamico che rappresentano un pericolo per la pace mondiale, in quanto oltre alle motivazioni politico-economiche, il movente principale per la loro partecipazione è quello religioso.
“Non v’è (alcun) dio all’infuori di Dio, Maometto è l’inviato di Dio”. Ne abbiamo avuto la dimostrazione nel recente caso della giornalista Cecilia Sala che, per motivazioni di geopolitica, è stata privata della libertà ufficialmente per una non meglio specificata violazione delle leggi islamiche (vedi coraniche). Ma anche sotto questo aspetto troviamo delle assonanze. Difatti la guerra dei trent’anni, per esempio, scaturì dallo scontro tra cattolici e protestanti, quindi la religione vi svolse un ruolo cruciale. Oggi, il conflitto che vede alla ribalta un mondo del tutto in opposizione al mondo occidentale, il mondo islamico, di cui il rappresentante più pericoloso e guerrafondaio è l’Iran, è un conflitto oltre che geopolitico anche culturale, che non consente di prevedere un punto d’incontro tra i due blocchi opposti. Se volessimo però sintetizzarlo, potremmo dire che se associamo l’Occidente al mondo della Bibbia e l’Oriente a quello del Corano (i loro rispettivi libri sacri), potremmo esser grati che l’Occidente nel suo complesso abbia relegato il suo libro sacro ai teologi, agli studiosi e a qualche gruppetto di fanatici estremisti che talvolta possono definirsi sette, mentre i suoi popoli spesso non hanno la benché minima idea dei suoi contenuti e dei suoi precetti. L’Oriente, invece, con un arretramento di circa cinque secoli, considera ancora il suo libro dei libri come fonte di ogni norma di comportamento in ogni aspetto della vita civile. È una vera e propria fortuna che le cose stiano così, perché se anche noi occidentali dovessimo considerare la Bibbia fonte normativa e anche giurisprudenziale vigente nella vita quotidiana e nelle aule dei tribunali, ci renderemmo facilmente conto che fra i due sistemi le differenze sarebbero davvero insignificanti. A mo’ d’esempio citiamo l’argomento dell’omosessualità e dell’orientamento sessuale dei singoli in generale come è visto nell’Iran degli Ayatollah e nella Bibbia. In Iran i gay sono condannati perché in esso l’omosessualità è illegale: le pene vanno dalla fustigazione alla pena di morte. E dove non arrivano i tribunali arriva la società. Racconta Mohsen, un venticinquenne iraniano studente di ingegneria a Milano: «Ho vissuto a Bushehr (cittadina di 200 mila abitanti affacciata sul Golfo Persico) e non ho mai, dico mai, conosciuto una persona dichiaratamente gay. Lì non puoi fare coming out. È come se dicessi che sei un criminale. Tanti finiscono per sposarsi e avere figli, pur di non passare guai. Chi è anche solo sospettato di avere atteggiamenti femminei, viene bullizzato a scuola, mobbizzato sul lavoro, quando non torturato o ucciso dai suoi stessi famigliari, che spesso restano impuniti. Due mesi fa c’è stato l’ennesimo episodio: un padre ha ammazzato il figlio, poi si è autodenunciato alla Polizia dicendo che doveva farlo perché ne andava del suo onore. Prenderà due anni di condanna, sconterà qualche mese e uscirà per buona condotta». Questo in Iran in base ai precetti del Corano; e la Bibbia, cosa dice al riguardo? “Con un uomo non giacerai come si giace con una donna: è un abominio”. “Una donna non porterà indumenti da uomo, né un uomo indosserà una veste da donna, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore tuo Dio”. “Quando un uomo verrà colto in fallo con una donna maritata, tutti e due dovranno morire”. (Si vedano i libri biblici del Pentateuco). Questo per quanto riguarda il Vecchio Testamento. E che dire dell’Islam in merito alla condizione della donna? La legge della Sharia, vigente in Iran, considera la donna una sottospecie umana. Le donne, in quella nazione, possono indossare gonne a condizione che arrivino alle caviglie, non hanno diritto di cantare, non possono ballare e non possono fare viaggi all’estero se non dietro consenso scritto del marito. Una donna può essere fermata dalla polizia se non indossa correttamente il velo, non può partecipare a tornei sportivi femminili, non può iscriversi a giurisprudenza e mille altri divieti.
Passando adesso al Nuovo Testamento (non dimentichiamolo, entrambi sono Parola di Dio con pari autorità), ecco come esso si esprime al riguardo: “Come in tutte le chiese dei santi, le donne nelle assemblee tacciano; non si permetta loro di parlare, ma stiano sottomesse, come dice anche la legge … È disdicevole per una donna parlare in assemblea”. “Per questo la donna deve portare un segno di dipendenza sul capo … è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto?” “La donna impari in silenzio, con perfetta sottomissione. Non permetto alla donna d’insegnare, né di dominare sull’uomo, ma voglio che stia in silenzio”. Abbiamo espunto questi precetti, solo alcuni in realtà, dalle parole e dagli insegnamenti del vero fondatore del cristianesimo, Saulo di Tarso, detto Paolo, che in quanto a misoginia è imbattibile. Qualcuno potrebbe obiettare che con la venuta di Cristo, tutte queste arcaiche legislazioni vetero e neotestamentarie abbiano perso ogni valore. Ma è esattamente il contrario. Fu infatti lo stesso Gesù che in Matteo 5:17 affermò: “Non pensiate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; non sono venuto ad abrogare, ma a compiere. In verità vi dico: finché non passino il cielo e la terra, non uno iota, non un apice cadrà dalla legge, prima che tutto accada”. Parole raccolte pienamente e perfino ampliate da Paolo, che così scrisse: “Ogni Scrittura, infatti, è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia ben formato, perfettamente attrezzato per ogni opera buona” — 2 Timoteo 3:16, 17. A meno di fraintendere Gesù, fu egli stesso a confermare la validità delle leggi del Vecchio Testamento, leggi che contemplavano la lapidazione degli adulteri, degli omosessuali, e la donna come strumento per procreare e servire il marito. Parole confermate dall’“apostolo delle genti”, che pone il sigillo su quelle antiche norme definendole “ispirate da Dio”. Abbiamo accennato in precedenza al fatto che siamo fortunati, noi occidentali, ad aver cambiato registro in quanto al condizionare la vita dei popoli privilegiandone l’assoluta laicità, e questo non impedendo al singolo individuo, se lo vuole, di continuare a conformarsi a precetti arcaici, ma facendo sì che quelle leggi disumane e anacronistiche non entrassero a far parte delle legislazioni dei vari paesi e prevedendo pene durissime per i violatori. Cosa che, invece, caratterizza diversi stati islamici, Iran in primis, e che quindi pone una barriera invalicabile fra l’Oriente e l’Occidente. E questa barriera è un bene finché quei popoli della Sharia non colmeranno il divario secolare che esiste fra loro e il resto del mondo, e non consentiranno più che la vita di uomini del XXI secolo sia condizionata in ogni suo minuto aspetto da un fanatismo religioso nato quindici secoli fa, come la nostra non lo è, e non deve esserlo, da un libro scritto da mani antiche di millenni, leggi che non andavano bene nemmeno al tempo in cui furono redatte e tanto meno ora. E teniamo presente che quasi tutte le guerre, fino alla soglia del XIX secolo, sono state combattute nel nome della religione o di Dio, che si chiami Jahveh o Allah non ha importanza. Ciò che conta adesso è che teniamo conto delle condizioni difficili che il mondo sta vivendo, prevedibilmente destinate a peggiorare con l’insediamento ufficiale di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, il quale già minaccia guerre per appropriarsi di territori non suoi e sanzioni di ogni tipo verso chi non obbedirà ai suoi diktat. Teniamo quindi gli occhi bene aperti, releghiamo i “libri sacri” nel posto che spetta loro e non facciamo scelte importanti per la nostra vita sotto la dettatura dei proprietari dei cosiddetti “social”, che stanno inquinando le menti dell’umanità.