Italia: una e indivisibile?

tempo di lettura: 6 minuti

“Produsse il Signore Dio dalla terra ogni albero bello a vedersi e buono a mangiarsi; inoltre l’albero della vita nel mezzo del paradiso, e l’albero della scienza del bene e del male … Ma dell’albero della scienza del bene e del male, non mangiare, perché in qualsiasi giorno tu ne avrai mangiato, di morte morrai … Ecco, Adamo è divenuto quasi uno di noi, e conosce il bene e il male” — Genesi, cap. 3.

Sono trascorsi millenni dalla stesura di questo racconto mitologico, e il loro scorrere ci ha dato la conferma definitiva di un fatto innegabile, cioè che l’uomo, una volta acquisita la facoltà di distinguere il bene dal male, non ha mai saputo — o voluto — farne buon uso. Non è compito di questo breve articolo entrare nel merito del perché di un comportamento così privo di discernimento da parte di un Dio che sapeva benissimo come sarebbe andata a finire, e anche di trarne una morale, perché stiamo parlando di un episodio mai accaduto; ci vogliamo, però, porre la domanda sul perché, acquisita questa facoltà, il genere umano nella sua totalità e nel corso della sua intera storia abbia abbondantemente fatto uso quasi esclusivamente di una delle due conoscenze acquisite, ovvero di quella di fare il male. Ma, a ben guardare, nemmeno di quella, in quanto per gli esseri umani appare tuttora evidente che non sanno distinguere l’una dall’altra. Come si spiegherebbe, allora, che una determinata cosa è nello stesso tempo bene per alcuni e male per altri? Ed è proprio per questa incapacità di discernimento che il genere umano non ha mai conosciuto vera pace e armonia. Lo esprime in maniera chiara e incisiva uno degli scrittori del Nuovo Testamento, Giacomo, che nel quarto capitolo della sua lettera scrive: “Donde vengono le guerre e le liti tra di voi? Non forse dalle vostre passioni, che si combattono nelle vostre membra? Bramate e non avete, uccidete, siete invidiosi eppure non potete ottenere; combattete e guerreggiate. Non avete perché non chiedete; chiedete e non ricevete perché chiedete male, cioè per scialare dietro le vostre passioni” — Lettera di Giacomo 4:1-3. Le parole del discepolo sollevano il velo su ciò che accadeva nella primitiva congregazione cristiana, dove avrebbe dovuto prevalere la pace e l’amore e invece vigeva tutto il contrario. Se, quindi, la facoltà di conoscere il bene e non farlo, e di conoscere il male e farlo, lacerava perfino le comunità cristiane primitive, come possiamo pensare che oggi, a venti secoli di distanza, le cose possano andare diversamente? La natura umana non è cambiata con il trascorrere dei secoli.

È il caso, adesso, di tradurre questa sorta di prefazione in termini concreti che riguardano la vita dei popoli e delle nazioni del nostro tempo, in particolare dell’Italia, la nostra patria. Non si può, e non si deve, nascondere che il mondo in cui viviamo sta vivendo una crisi epocale, nella quale confluiscono molte paure, paure spesso alimentate ad arte perché “la paura fa spettacolo”. Molte di esse sono motivate: il cambiamento climatico con le conseguenze esiziali che esso comporta; la crisi economico-finanziaria che sta portando alle stelle il debito pubblico di molte nazioni; le guerre, che ormai spuntano come i funghi in ogni parte del pianeta e che non vedono una soluzione a breve né a lungo termine. Lo stato di paura che incombe su tutti noi non può che portare a conseguenze disastrose nella gestione delle politiche nazionali e internazionali, spingendo gli elettorati o a un’apatia e una sfiducia sempre crescenti nei confronti dei vari governanti e degli apparati statali, o a un voto di “rivolta” che non produce e non può produrre che risultati disastrosi.

Da molto tempo, ormai, nelle nazioni occidentali nelle quali è prevalente l’ordinamento democratico, e fra di esse l’Italia, la politica è divisa fondamentalmente, e lo diciamo per semplificazione, in due schieramenti primari: la destra e la sinistra. Ma, a prescindere dalle ideologie che animano, o dovrebbero animare, questa contrapposizione, il fatto che gli opposti schieramenti danno vita alle due istituzioni di base, il governo e l’opposizione, non dovrebbe causare incertezze nel ritenere che, sebbene ideologicamente distanti, entrambi gli schieramenti dovrebbero avere come obiettivo primario il bene del Paese; essere uniti nel perseguirlo, anche se ciascuno ritiene che la formula più adatta sia la loro piuttosto che quella dell’altro. Invece non è, purtroppo, così.

Potremmo fare un banale esempio con la famiglia. Padri e madri amano i loro figli e desiderano sopra ogni cosa il loro bene e la loro felicità, però può darsi che entrambi coltivino idee diverse sul come conseguire questo risultato. La conciliazione delle diverse soluzioni dovrebbe essere la loro bussola perché altrimenti si otterrebbe il risultato opposto. Facendo una digressione ancora una volta espunta da un antico testo “sacro”, possiamo condividerne l’ammonizione in esso contenuta: “Se una casa è divisa in sé stessa, quella casa non potrà sussistere” — Marco 3:25. Quindi, così come i due genitori dovrebbero essere uniti nell’ottenimento del risultato finale, cioè il bene dei propri figli, passando sopra alle loro divergenze di opinione sul come riuscirci, altrimenti la famiglia si disintegra, così è per lo Stato: uno stato in cui “destra” e “sinistra” dovrebbero guardare al bene dei cittadini, che è il loro compito primario, e non badare a conseguire potere su di loro. Tristemente, invece, non è così. Abbiamo parlato di destra e sinistra, anche se ormai queste sembrano categorie obsolete, stante la pletorica proliferazione di decine di altri movimenti che, pur avendo come riferimento queste due categorie politiche, sono ferocemente opposti gli uni agli altri con il risultato che la “casa”, la nazione, è divisa, lacerata, spaccata in mille rivoli, con la conseguenza che questa nostra “casa comune” non può sussistere.

Ma è veramente così? È vero che i partiti che si contendono il potere hanno come obiettivo finale il bene pubblico? La risposta è certamente un sonoro “no”! e non è difficile capire il perché, un perché che si basa su un odio profondo e insanabile fra gli schieramenti, che ricorrono ad ogni bassezza per far prevalere il loro schieramento e i loro interessi. Ma, prima di proseguire vorremmo rispondere alla domanda: perché si chiamano destra e sinistra? Questa distinzione fa riferimento all’affiliazione politica originata nel primo periodo della rivoluzione francese e corrispondeva alla posizione dei seggi nei vari organi legislativi francesi. Nei confronti del presidente, l’aristocrazia sedeva sulla sua destra, mentre i Comuni sulla sua sinistra. Quindi, inizialmente i due termini si riferivano ad una posizione spaziale, ma, ovviamente, oggi non è più così. E allora in cosa consiste la differenza che invece di farne avversari politici ne fa nemici acerrimi, ai quali importa poco il benessere nazionale, ma solo il proprio?

Ancora una volta ci rivolgiamo, perché ci chiarisca le idee, al nostro grande Norberto Bobbio che in un suo libretto (Destra e Sinistra, Editrice Saggine, 1994) magistralmente ci aiuta a far luce. Ecco le sue parole: “Se mi si concede che il criterio per distinguere la destra dalla sinistra è il diverso apprezzamento rispetto all’idea dell’eguaglianza, e che il criterio per distinguere l’ala moderata da quella estremista, tanto nella destra quanto nella sinistra, è il diverso atteggiamento rispetto alla libertà, si può ripartire schematicamente lo spettro in cui si collocano dottrine e movimenti politici: A) al centro sinistra (è così che si possono definire i partiti d’opposizione fai quali il Partito Democratico, i cinque stelle, i Verdi e +Europa) appartengono dottrine e movimenti insieme libertari e inegualitari, per i quali potremmo usare oggi l’espressione «socialismo liberale», per comprendervi tutti i partiti, pur nelle loro diverse classi politiche; B) dottrine e movimenti entro cui rientrano i partiti conservatori, che si distinguono dalle destre reazionarie per la loro fedeltà al metodo democratico, ma, rispetto all’ideale dell’eguaglianza si attestano e si arrestano sull’eguaglianza di fronte alla legge, che implica unicamente il dovere da parte del giudice di applicare imparzialmente le leggi e sull’egual libertà, che caratterizza quello che ho chiamato l’egualitarismo minimo; C) all’estrema destra appartengono dottrine e movimenti antiliberali e antiegualitari, di cui credo sia superfluo indicare esempi storici ben noti come il fascismo e il nazismo”. Quella di Bobbio è la teoria che, in alcuni casi, abbiamo tristemente visto all’opera come nel caso del terzo criterio che lui ha efficacemente illustrato. Purtroppo nella congerie di movimenti e di divisioni politiche di oggi corriamo il rischio di perdere di vista quella che dovrebbe essere la stella polare della politica, esemplificata nell’art. 5 della nostra Costituzione, che statuisce: “La Repubblica è una e indivisibile”, e alla quale compete il compito essenziale, esemplificato al suo art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non sembra che le politiche attuali del nostro Governo, tese più a scardinarne l’attuale assetto democratico che impegnate nella sua attuazione, possano essere considerate politiche che non tengono conto di razza e di lingua, come sa benissimo chi ha seguito con un certo interesse il modo di agire del nostro vicepremier e Ministro dei trasporti, che si colloca all’esatto opposto della Stella polare.

Se qualcuno, oggi, avesse ancora delle incertezze su cos’è realmente la destra e la sinistra, basta che faccia un piccolo sforzo di memoria e ricordi chi, nel secolo scorso, ha precipitato l’Italia e l’Europa nel più sanguinoso conflitto di tutti i tempi. Certamente non è stata la Sinistra, ma la Destra di Hitler e Mussolini; destra che oggi con Marine Le Pen in Francia, Giorgia Meloni in Italia, Viktor Orbàn in Ungheria, l’AfD in Germania, la futura presidenza americana con Elon Musk (e, insieme a lui, Donald Trump) schierato a tutto campo con i neonazisti tedeschi. In quanto al comunismo, che ha spesso rappresentato il fantasma agitato dalle destre per impaurire gli elettori, vogliamo ricordare che Stalin e chi lo seguì non era un comunista, ma era semplicemente un dittatore totalitario estraneo alla nostra sinistra egualitaria. Se, quindi, vogliamo che la nostra Repubblica rimanga una e indivisibile, cerchiamo di imprimere bene nella nostra mente chi è che sta operando perché questa situazione rimanga salda e chi, invece, sta operando, per esempio, per il suo frazionamento con proposte di legge volte a frantumarla, come con l’autonomia differenziata, che rappresenterebbe una grande iattura per il nostro Paese, o la separazione delle carriere in magistratura che porrebbe il sistema giudiziario sotto il controllo del potere politico, minacciandone l’indipendenza. Ma sull’argomento avremo molto altro da dire.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Torna in alto