Una controversia che ha già abbondantemente superato il secolo di vita e che si presume continuerà ad andare avanti nel tempo ancora per molto, è quella fra i creazionisti e gli evoluzionisti. I primi — anche definiti fondamentalisti — ritengono, con le certezze assolute che spesso animano gli uomini che coltivano un certo tipo di fede, che la storia della creazione contenuta nel primo libro della Bibbia, la Genesi, con il racconto relativo alla nascita di Adamo ed Eva, non sia né un mito, né un’invenzione umana, ma semplicemente la pura e veritiera esposizione di fatti avvenuti circa 6.000 anni fa in un luogo indeterminato del Medio Oriente antico. I secondi, invece, di pari passo con l’avanzare delle varie discipline che si occupano dell’argomento, hanno abbandonato — a cominciare da Charles Darwin a metà del XIX secolo — le credenze mitologiche relative alla creazione dell’universo, e della terra in particolare, da parte di un Ente soprannaturale, per spostare molto all’indietro l’orologio della storia biblica fondamentalista, che vorrebbe l’atto creativo risalente a quattro millenni a.E.V., retrocedendolo di più di tre milioni e mezzo di anni, come nel caso della più illustre dei nostri antenati, la cosiddetta Lucy (Australopithecus afarensis), o al minimo di 300.000 anni, se facciamo riferimento all’ormai famoso Uomo di Neanderthal che, secondo gli autori di un testo molto interessante, “l’uomo di Neanderthal non è mai scomparso: vive in noi” (Mio caro Neanderthal, di Silvana Condemi e François Savatier. Bollati Boringhieri, 2018). Come è facile dedurne, si tratta di una controversia che non avrà fine, perché questo è ciò che sempre accade quando l’argomento disputato confonde due domini cognitivi differenti: la fede e la scienza.
Stephen Greenblatt, autore di un interessante volume dal titolo Ascesa e caduta di Adamo ed Eva (Rizzoli, 2017), inizialmente si pone una domanda circa la verità letterale del racconto: «Come fa qualcosa di inventato a diventare così reale e convincente? È un racconto che potrebbe colpire l’immaginazione di un bambino impressionabile, ma gli adulti, di ieri come di oggi, dovrebbero facilmente accorgersi che è il prodotto di una fantasia molto fertile, fantasia nella sua veste più fantastica, una storia di pura finzione. Eppure milioni di persone, comprese alcune delle menti più brillanti mai esistite, hanno accettato il racconto biblico come la verità assoluta. Nonostante la miriade di prove accumulate dalla geologia, dalla paleontologia, dall’antropologia e dalla biologia evolutiva, moltissimi uomini oggi lo considerano tuttora un resoconto storicamente accurato delle origini dell’universo e si reputano i veri discendenti dei primi esseri umani nel giardino dell’Eden. Nella storia del mondo, pochi racconti si sono dimostrati così tenaci, così diffusi e così insistentemente e ossessivamente reali … L’essere umano, plasmato nell’argilla diventò una creatura vivente, si legge nella Bibbia, quando gli soffiarono l’alito della vita nelle narici. In questa scena mitica è codificata una poderosa verità. A dare la vita a Adamo in un determinato momento di un lontanissimo passato fu un respiro, quello di un narratore».
Vogliamo, adesso, rivolgere qualche semplice domanda ai fedeli seguaci del creazionismo, ma soltanto allo scopo di suscitare in loro qualche riflessione, senza alcuna pretesa di entrare nel merito delle loro credenze religiose o di intaccarne la fede. La prima potrebbe essere quella del titolo di quest’articolo: quale lingua parlavano fra di loro i nostri supposti progenitori? Certamente non l’ebraico, o l’aramaico, o il babilonese o l’ittita, e così via, perché queste civiltà furono posteriori ad essi, e di alcuni millenni. Se ne deduce che invece di un lunghissimo periodo durante il quale gli organi della fonazione presero pian piano forma negli ominidi precedenti il Neanderthalensis o il Sapiens, esisteva un linguaggio che nessuno ha mai conosciuto e mai conoscerà. Era, pertanto, una lingua che conoscevano soltanto Dio e loro due, ma che dovette per un certo tempo essere conosciuta anche da Caino e Abele e dai loro stretti consanguinei, ma che poi scomparve.
Ritornando nel “Giardino”, il racconto prosegue dicendo che uno degli animali che lo popolavano, creati per essere di compagnia ad Adamo prima che gli venisse estratta una costola e creata Eva, si avvicinò alla donna e le pose una domanda, la cui risposta avrebbe cambiato le sorti del mondo. Quell’animale, un serpente che camminava su quattro zampe dato che solo dopo la maledizione di Dio cominciò a strisciare come fanno tutti i serpenti della storia e del mondo, pose in dubbio la veridicità delle parole del Creatore, convincendo Eva a dargli ascolto. La domanda (la nostra, non quella del serpente) è: in che lingua parlò il serpente a Eva? Era la stessa con la quale Dio parlava a lei e al marito? Certo, dovrebbe far riflettere i sinceri credenti che Dio potesse consentire ad un infimo animale di parlare con lo stesso linguaggio di Elohim (Dio) e ne avesse la facoltà, dato che nessun serpente conosciuto può farlo. Ma i devoti sostenitori della realtà dell’evento asseriscono che in realtà non fosse il serpente a parlare, ma fungesse solo da ventriloquio (in realtà era il diavolo: un altro fallimento di Dio!), facendo credere a Eva di trovarsi di fronte un animale parlante; era inoltre facile da ingannarla in quanto era Adamo che aveva dato il nome a tutti gli animali della terra e ne conosceva bene le caratteristiche, e non lei. Fra parentesi ci domandiamo: come mai, secondo Genesi 2:19, 20, «Allora il Signore Dio modellò dal terreno tutte le fiere della steppa e tutti i volatili del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato gli esseri viventi, quello doveva essere il loro nome. E così l’uomo impose dei nomi a tutto il bestiame, a tutti i volatili del cielo e a tutte le fiere della steppa». Ma, c’è un ma: e i pesci? Le miriadi di creature acquatiche, «i grande cetacei e tutti gli esseri guizzanti di cui bulicano le acque» di Genesi 1:20-22 non ebbero alcun nome? Eppure nel versetto menzionato si fa riferimento ai “cetacei”; chi li aveva chiamati così? Altra domanda: dopo essere stati scoperti dall’aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza, ed essendo divenuti consapevoli della loro nudità, il racconto continua: “Si aprirono allora gli occhi di ambedue e conobbero che erano nudi; perciò cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture” (Gen. 3:7). Ecco che qui notiamo un’altra cosa che ci sembra strana: per cucire le cinture erano necessari ago e filo, ma dove li avevano presi, se erano stati creati da poche ore soltanto; possiamo ben dire allora che, oltre ad essere le prime creature umane, furono anche i primi sarti della storia. Una volta coperte le pudende, il racconto prosegue dicendoci che “udirono il rumore dei passi del Signore Dio, allorché passeggiava nel giardino alla brezza del giorno”, il quale Dio chiamò Adamo e gli chiese cosa aveva combinato. Adamo gli rispose di aver “udito il tuo rumore nel giardino e ho avuto paura”. Certo, un dio che passeggia, pone un piede avanti all’altro e fa pure rumore schiacciando erbe e ramoscelli sembra leggermente fuori luogo con una descrizione così palesemente antropomorfica, se si pensa che secoli dopo a Mosè disse; “Il giorno in cui vedrai il mio volto morirai (Esodo 10:28), perché “L’uomo non può vedermi e vivere” (Esodo 33:20). È evidente che per l’uomo Adamo fu fatta un’eccezione. Essendo il primo essere vivente da lui creato è comprensibile che — nonostante tutto — Dio avesse un debole per Adamo e la moglie, in quanto, rendendosi conto che una semplice cintura di foglie di fico sarebbe stata insufficiente per farli stare al caldo e ben riparati, provvide all’uopo, sicché come ci dice Genesi 3:21: “E il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie delle tuniche di pelli e li vestì”. Non è difficile capire che, per avere delle pelli, bisogna uccidere un animale, scuoiarlo, conciarne la pelle e poi farne un abito. Quindi qui abbiamo anche un dio conciatore e sarto, nonché uccisore di un innocente animale. Rimettiamo i piedi in terra, adesso, e facciamo riferimento alle parole con le quali Greenblatt ci spiega cosa avvenne in realtà: “Abbiamo tutte le ragioni per pensare che la particolare versione della Genesi — il racconto dell’uomo e della donna nudi, del serpente parlante e degli alberi magici — sia una di queste storie popolari, orali, diffusasi molto prima di comparire in forma scritta nella Bibbia e scaturita dal lontano passato, un’epoca ammantata dalla nebbia dei tempi”. In realtà non c’è nessuno studioso che non ritenga che la storia appena narrata sia stata fatta circolare oralmente per secoli e che soltanto nel VI secolo a.E.V. essa prese la forma definitiva e scritta che oggi noi conosciamo. Si tratta del periodo della cosiddetta “cattività babilonese” durante la quale gli ebrei sconfitti da Nabucodonosor dovettero vivere un lungo periodo di prigionia presso un popolo che aveva una lunga scia di tradizioni religiose, dei templi magnifici e delle funzioni liturgiche affascinanti. Così, alcuni degli eruditi ebrei prigionieri, “invidiosi”, per così dire, delle tradizioni babilonesi, in primis l’Enûma Eliš, il grande testo sacro babilonese, decisero di compilare una storia del loro popolo, per distinguerlo ancor di più da quello che li ospitava in cattività e del quale dopo decenni molti israeliti cominciavano a condividere credenze e storia. Il sogno di un testo consolidato, della verità spogliata di ogni impurità, fu parte di uno sforzo collettivo volto a resistere alla cultura del popolo a fianco del quale vivevano, a rifiutare le sue divinità prepotenti, abiurare le loro forme di venerazione e respingere le loro cosmogonie. Anche loro, gli ebrei, adesso, sarebbero stati in possesso di un libro sacro: non un trattato esoterico legato alle sorti di una determinata città, dei suoi sacerdoti e del suo re, come a Babilonia, bensì un tesoro collettivo che avrebbe documentate le gesta di Jahvè, il Creatore onnipotente, per l’intero genere umano. Sarebbero diventati quello che in ebraico si chiama Am HaSefer, il Popolo del libro. Ed è in quel libro, scaturito da una scrematura e raccolta di tradizioni di popoli più antichi di quello ebraico, che nacque la Bibbia, con la sua storia infantile di Adamo ed Eva, alla quale ancor oggi milioni di persone credono senza batter ciglio!