Avanti Cristo e dopo Cristo: qual è la differenza?

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Gesù Cristo è cattolico o protestante? o forse Presbiteriano, Battista, Luterano o Anglicano. E poi, è democratico o repubblicano? Qual è il suo punto di vista sull’aborto, sulla maternità surrogata, sui gay, sul transgender, sulle guerre combattute nel suo nome, quindi necessariamente “giuste”? Se c’è una cosa sulla quale nessuno può dissentire è che questo galileo di venti secoli fa, sebbene abbia svolto un ministero molto breve di circa solo tre anni per concluderlo con una morte atroce e ignominiosa, non abbia lasciato una traccia profonda nella storia, insieme a letteralmente una miriade di formazioni religiose che si rifanno al suo nome e al suo insegnamento, mentre nel frattempo si odiavano e si scannavano reciprocamente. Una per tutte la strage della notte di San Bartolomeo del 1572, nella quale i cattolici di Parigi sterminarono in un bagno di sangue gli ugonotti (o calvinisti) anch’essi cristiani, seguaci dello stesso Cristo dei loro massacratori. E, se vogliamo leggere imparzialmente la storia, dalla morte del fondatore, nel mondo non è cambiato nulla, le guerre — questa volta fra appartenenti alla stessa fede — hanno continuato a piagare l’umanità, esattamente come prima della sua nascita e del suo cosiddetto “avvento”, e gli esseri umani, cattolici o protestanti, hanno continuato a comportarsi esattamente come prima. Violenze, stragi, omicidi, stupri, stermini, ruberie, disonestà e tutto il dizionario delle atrocità non hanno registrato un sostanziale cambiamento con la nascita e la diffusione del cristianesimo. Anzi. E rinviare tutto ad un mondo di là da venire per vedere la realizzazione di promesse di un nuovo Eden (tenendo presente che del primo si dubita da più parti) è veramente una giustificazione inconsistente, dato che quell’uomo venne e predicò a uomini di carne e ossa, con speranze, bisogni, necessità, esigenze puramente terreni, e che è durante il corso della loro vita (e della nostra) che era indispensabile il loro concretizzarsi e non in un indeterminato (e immaginario) futuro.

La realtà, se non vogliamo chiudere ostinatamente gli occhi davanti ad essa, è che la religione in generale e il cristianesimo in particolare hanno svolto e continuano a svolgere nella storia un ruolo tutt’altro che “religioso”, ma fortemente politico, e sono state come una sorta di “pannicello caldo” per coprire le magagne umane. Parlando di religione faremo adesso riferimento a quella cattolica che, tra le confessioni cristiane, è quella con il maggior numero di credenti ed anche la più ricca e potente, avendo determinato negli scorsi due millenni il destino delle nazioni e dei loro governanti ad esse preposti, indirizzandone le scelte allo scopo di ottenere sempre maggior potere, prestigio e autorità. D’altra parte, quando si pretende che uomini come tutti gli altri, ad esempio il Papa cattolico, siano i rappresentanti in terra della massima autorità dell’universo, e che agiscano nel suo nome e sotto le sue direttive — fatto che in un qualunque tribunale non reggerebbe un istante, privo com’è della minima prova —, aiuta a farci comprendere ciò che è accaduto nel corso dei secoli sotto la protettiva copertura di un dio cattolico che assiste e protegge i suoi, considerando tutti gli altri carne da macello, e basta leggere il libro di Giosuè nelle Scritture Ebraiche per averne conferma.

Una prova significativa l’abbiamo avuta di recente, quando un uomo ex presbiteriano, ma adesso “cristiano rinato”, ma moralmente discutibile, ha dichiarato, con calorosi consensi e il plauso dei suoi fan, di essersi salvato grazie a un “intervento divino”. E non solo i fan: politici, influencer e leader religiosi hanno sostenuto e sostengono che a sventare l’attentato contro il candidato repubblicano sia stato nientemeno che Dio. Il senatore repubblicano Jim Scott, salito sul palco durante una convention a Milwaukee, dopo aver dichiarato di credere ai miracoli, ha aggiunto: “Grazie a Dio onnipotente. Il nostro Dio salva ancora, libera ancora, affranca ancora. Perché sabato il diavolo è sceso in Pennsylvania imbracciando un fucile. Ma un leone americano si è rimesso in piedi e ha ruggito”. E non parliamo soltanto di fan ignoranti e fanatici, ma anche di uomini di governo ai quali fa comodo che il loro capo sia “l’Unto del Signore” (ci ricorda qualcuno?), se l’ex consigliere di Trump Steve Bannon lo ha detto senza tanti giri di parole: “Trump indossa l’armatura di Dio”, mentre alcuni cristiani evangelici bianchi sostengono da tempo che Trump sia stato scelto da Dio per guidare l’America. Negli ultimi tempi, affermazioni come questa hanno dato vita a un nuovo filone politico: il nazionalismo cristiano bianco, che vede gli Stati Uniti come la terra promessa da Dio per i cristiani di origine europea. Al coro di questi discutibili personaggi si è aggiunto anche quello di alcuni ecclesiastici; per esempio, il pastore Jentezen Franklin, nella sua congregazione in Georgia, ha detto rivolgendosi a Dio: “Hai preservato la vita [di Trump] e non preservi nulla per cui tu non abbia uno scopo”. E, in un intervento a Fox News a qualche ora dalla sparatoria, il pastore Robert Jefferies di Dallas ha detto invece che l’attentato “è una prova del male nel mondo. Ringraziamo Dio per aver protetto la vita di questo leader coraggioso, di questo guerriero della verità e di questo amico dei cristiani di tutto il mondo”.

Chiudiamo questa parentesi, che dimostra ancora una volta di più, se necessario, come gli Stati Uniti abbiano definitivamente perso il ruolo di “più grande democrazia” che le attribuì secoli fa Alexis De Tocqueville, e rimettiamo i piedi per terra. E questo comporta il prestare attenzione ai vari interventi sull’argomento del noto matematico e saggista Piergiorgio Odifreddi, secondo il quale “il Cristianesimo è indegno della razionalità e dell’intelligenza dell’uomo, la cui storia è una storia maleodorante del sangue e delle vittime delle crociate e dei fumi dei roghi dell’Inquisizione” – Piergiorgio Odifreddi, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi 2007. Odifreddi non avoca a sé il privilegio d’essere stato il primo a capirlo, anzi, nel suo libro chiama in causa alcuni insigni predecessori, fra i quali il più illustre è Bertrand Russell in Perché non sono cristiano, e Søren Kierkegaard in Non possiamo essere cristiani.

Nel rimettere i piedi per terra non possiamo ignorare che la religione più influente del mondo cristiano è, come abbiamo già detto, la religione cattolica, unica religione cristiana che abbia a capo un “discendente diretto” del capo degli apostoli, San Pietro, al quale Gesù avrebbe conferito personalmente tale incarico nel corso di un incontro con i discepoli a Cesarea di Filippo durante il quale avrebbe pronunciato la celebre frase: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia chiesa”, che nel corso del tempo lo avrebbe consacrato papa insieme ai suoi successori, anche se Gesù non menzionò una successione in quell’incarico, conferito direttamente a Pietro. Ma, trascurando per il momento la dibattuta questione teologica, che nessuna confessione cristiana accetta se non quella romana, non è irrispettoso, ritengo, seguire l’esempio di Odifreddi che in un suo altro libro, Caro Papa ti scrivo (Mondadori, 2011), scrisse direttamente al Papa per porgergli alcune domande (allora era papa Ratzinger, raffinato teologo e autore di testi importanti). Ma, prima di Odifreddi, dovremmo essere noi a rivolgerci qualche domanda. Per esempio, se si facesse un paragone fra la vita di Gesù, il suo comportamento, la sua modestia, le sue parole, che parallelo potremmo mai riscontrare con la figura del Capo della chiesa romana? Gesù visse mai in edifici monumentali, con una corte di servitori, come e molto di più di un capo di stato, addirittura come un monarca assoluto di uno Stato, lo stato della Città del Vaticano, il cui appellativo è di chiara origine pagana? Se ci riferiamo a ciò che disse, per esempio in Matteo 8:20, “Le volpi hanno tane e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove reclinare il capo”. Il Figlio dell’uomo certamente non ha dove farlo, ma il suo “successore” certamente sì! E che luoghi dove “reclinare il capo”, regge principesche!

Odifreddi aggiunge poi alcune altre pertinenti domande a Ratzinger. Per esempio, “I titoli, le vesti, i paramenti e i riti del clero non solo sembrano, ma sono retaggi anacronistici di altri tempi e luoghi. Per rimanere a lei, il titolo di «sommo pontefice», di cui si fregia, anticamente indicava semplicemente il «capo pontiere»; cioè il sovraintendente ai ponti di Roma. In seguito, a causa del ruolo di collegamento dei punti fra le due sponde, passò a indicare metaforicamente il «grande ermeneuta». E infine se ne fregiarono gli imperatori romani, compresi Giulio Cesare e Cesare Augusto, in quanto massime autorità religiose … La veste bianca che lei indossa richiama anch’essa il paludamento dei pontefici latini, benché in realtà abbia un’origine diversa. Fino al 1566 i suoi predecessori vestivano infatti di rosso, come tutti i cardinali … Non così è stato quando nel dicembre 2005 lei ha riesumato dal dimenticatoio, nel quale era stato discretamente riposto dai suoi predecessori il camauro: un vezzoso copricapo medioevale di velluto rosso bordato d’ermellino (la pelliccia dei re, degli imperatori e dei personaggi di altissimo prestigio) … A onor del vero, anche gli altri paramenti e vestiti che lei indossa, così come i riti che lei celebra, non sono meno anacronistici. Ad esempio, l’ostensorio nel quale viene esibita l’ostia consacrata rappresenta un Sole irradiante raggi dorati. E, benché introdotto nella liturgia cristiana da Bernardino da Siena nel XV secolo, era già d’uso comune nella liturgia egizia per il culto di Aton, il dio unico Akhenaton rappresentato dal disco solare”. Potremmo continuare ancora a lungo, ma credo che sia sufficiente per dimostrare l’assunto secondo il quale fra il personaggio Gesù e quello del Papa ci siano anni luce. Se li vedessimo camminare insieme avremmo veramente una grande difficoltà a vedere nei due uno l’umile fondatore del cristianesimo e l’altro come il suo opulento successore. Ma nonostante questo, come scrive un altro autore sulla scia di Odifreddi, e cioè, Sam Harris, in Lettera a una nazione cristiana, a compendio del suo saggio, “I messaggi più ostili in assoluto mi sono giunti da fedeli cristiani. È una cosa ironica visto che, in generale, i cristiani pensano che nessuna fede meglio della loro trasmetta le virtù dell’amore e del perdono. La verità è che molti di coloro che sostengono di essere stati ‘trasformati’ dall’amore di Cristo sono profondamente — se non spaventosamente — intolleranti alle critiche. Pur ammettendo che ciò si possa ascrivere alla natura umana, è chiaro che quest’odio trova una buona dose di giustificazione nella Bibbia. Come faccio a saperlo? I più infervorati tra i miei corrispondenti non facevano altro che citare capitoli e versetti”. Rispondiamo quindi adesso alla domanda del titolo asserendo senza esitazione alcuna: “NESSUNA!”

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